Do anch’io i numeri e un bel calcio sul culo a Paolini

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Ho un diavolo per capello. E per questo un consiglio: giratemi alla larga. Oppure non datemi bada. Guardo il tiggì della sera, quello dell’Uno, e m’inquieto vedendo l’incallito disturbatore televisivo, Gabriele Paolini, che credevo in gabbia, importunare Paola Cervelli, la brava giornalista della Rai, che dal Nazareno sta relazionando i telespettatori sulle ultime del Pd in merito alla crisi di governo. Paolini si fionda alle spalle della giovane inviata e sul collo le alita una frase del tipo: “L’Italia vuole Salvini premier” e non si sposta d’un centimetro. Né nessuno nei paraggi trova il coraggio d’allontanarlo a calci sul sedere. Come fece l’indimenticabile Paolo Frajese in diretta da Marsiglia ai Mondiali di calcio del 1998. La Cervelli se la cava comunque benissimo senza perdere il filo del discorso, però è ora e tempo di finirla con quel cialtrone che non so quanti anni di galera si è preso ed è ancora a spasso. E gli avanza pure di continuare a molestare chi sta facendo semplicemente il suo mestiere davanti ad una telecamera. Passo al satellitare per non saltargli addosso e subito, nel prepartita di Bologna-Spal, Sky mi spara a bruciapelo la notizia del “grave, gravissimo infortunio capitato a Giorgio Chiellini: lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio. Il difensore sarà operato nei prossimi giorni, ma è chiaro che la sua assenza sarà di cinque, sei, forse sette mesi”. Il difensore? Robe da matti: Chiellini è il capitano della Juventus e della nazionale. Non è il Ranocchia che è all’Inter dal gennaio del 2011 e non ha mai vinto nulla. “Quindi la Juve torna sul mercato?” domanda il gelido cronista di Sky a Luca Marchetti che un po’ la faccia da becchino ce l’ha e non la nasconde sotto la barba: “No, non va sul mercato – quasi s’indigna -, ma sicuramente non vende Rugani, né Demiral”. Ci mancherebbe altro. E spero nemmeno Dybala, altrimenti giuro che a Fabio Paratici tiro il collo. E’ tornato Mihajlovic al Dall’Ara e la gente di Bologna l’ha osannato commossa con un urgano d’applausi e uno striscione in curva: “Per Sinisa e per la maglia combattiamo ogni battaglia”. Il berrettino blù a bordi rossi che gli copre la fronte e le orecchie, ancora pallido e tirato, ma molto più in carne rispetto a domenica a Verona, si è battuto con la mano il cuore e ha diretto la sua squadra dalla panchina con la solita grinta. Segna Soriano di crapa al terzo di recupero oltre il novantesimo, Sinisa esulta e se ne torna nello spogliatoio accennando una corsetta: il Bologna è solo in testa alla classifica. Una storia bellissima. Finalmente. Dopo una giornata nella quale non conto le volte nelle quali mi è venuto da prendere a sberle Gigetto Di Maio che non vuol capire che il suo tempo è finito e che si deve togliere di mezzo. Ma quanto parlano tutti e quante ne dicevano gli intertristi sul conto del Conte Antonio e di Beppe Marotta quando erano ancora alla Juve. Do i numeri (nella foto) e da domani poche chiacchiere: un bel voto, da uno a dieci, e una riga, al massimo due, di commento. Cominciando da un tre all’abito indossato dall’ape regina Catherine Deneuve sul red carpet del Festival del cinema di Venezia con quella cappa arancione assai ardita che l’ingolfava di brutto. Mentre se Adriano De Grandis, un critico molto critico, ha premiato con un sette La vérité di Kore-eda Hirokazu con Oui je suis e Juliette Binoche, alzo il voto a otto pur senza aver visto il film e me ne vado a letto più sereno anche pensando a Icardi che ha chiesto un risarcimento d’anni all’Inter di un milione e mezzo di euro. Chapeau e 9 in pagella come il numero di maglia che Lukaku gli ha rubato sotto al naso.