Cosa aspetta Agnelli a licenziare Allegri su due piedi?

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Il titolo non è civetta. E neanche provocatorio. E’ proprio quel che penso. Dopo una partita da incubo e una notte insonne. Agitandomi nel letto e vedendo i fantasmi. Cosa aspettano Andrea Agnelli e Pavel Nedved, di cui ho più fiducia, a licenziare su due piedi Massimiliano Allegri? Che a Livorno tutti chiamano per simpatia Acciuga sin da quando era piccino, esile e pur già spacconcello, mentre io non posso farlo, quanto meno oggi, perché avrebbe il sapore della presa in giro e invece non sono mai stato così serio in vita mia. Una vita che ho sempre visto a colori e pensata in bianco e nero. Con più alti che bassi. E quindi molto fortunata: tre splendidi nipoti e trentatré meravigliosi scudetti. Dei quali tre vinti dal Conte Antonio o forse, di riflesso, anche quattro, ma questo è un discorso che magari potrò anche affrontare volentieri la settimana prossima. Adesso mi preme che Agnelli mi ascolti un solo minuto e non ci pensi due volte: cacci subito Allegri. Ringraziandolo per una finale di Champions persa a Berlino con il Barcellona e conquistata dopo un sorteggio più benevolo dell’altro. Domani potrebbe essere già tardi. Perché sabato pomeriggio c’è il derby con il Torino che Acciuga, pardon Max, è già riuscito a perdere la primavera scorsa dopo un poker di lustri senza smacchi e di gol presi col contagocce dai granata. E comunque l’urgenza e la fretta per un licenziamento su due piedi, senza gli otto giorni, non sono legati alla speranza d’incornare almeno il Toro: la Juve non è riuscita sinora a superare in casa il Frosinone e il Chievo, ed è scivolata alla prima giornata con l’Udinese e ieri sera sotto la pioggia di Reggio Emilia, figuriamoci se non può anche perdere con il Toro di Giampiero Ventura che piace troppo a Ilaria D’Amico per essere la compagna incinta di Gigi Buffon. Il guaio è che il terzo posto in classifica, che dà diritto a partecipare almeno ai preliminari della prossima Champions, è oggi come oggi lontano da Napoli, Fiorentina e Inter ben nove punti. Che potrebbero diventare addirittura una dozzina se i bianconeri dovessero raccogliere sabato la quinta sconfitta in undici turni di campionato. Il record della vergogna, ma soprattutto l’addio, o quasi, ad una sessantina di milioni di euro garantiti che quest’anno sono diventati anche 90 e il prossimo saranno poco meno, diciamo 70-80, se la Roma non dovesse mettere gli ottavi di finale della Champions sotto l’albero di Natale. Non ce l’ho con Max Allegri. Anzi. Quando allenava il Cagliari scrissi che era un predestinato. Ed infatti ha già vinto il doppio degli scudetti conquistati dal grandissimo Righetto Sacchi. Ma il suo esonero in quattro e quattr’otto aiuterebbe Andrea Agnelli, molto sensibile ai generosi profitti che gli arrivano dall’Europa, soprattutto anche a capire se la colpa di questo sciagurato avvio di stagione della Juventus è del tecnico o del duo Marotta-Paratici. Dell’allenatore cioè che sta sbagliando ogni volta la formazione di una squadra che va a venti all’ora, non ha un’idea di gioco, non fa pressing ed è ridicola in zona gol, è isterica e sciocca, fragile e inconcludente, noiosa e presuntuosa? Oppure di una campagna acquisti e vendite che è stata un errore dietro l’altro, l’ultimo dei quali Hernanes, oltre che frutto di valutazioni sbagliate e uno sperpero di soldi gettati dalla finestra soprattutto per comprare Mandzukic (19 milioni) dall’Atletico Madrid e Alex Sandro (26 milioni) dal Porto? Ora sarebbe facile dire che la verità sta nel mezzo, ma non è mio costume. Magari uno dei tre, Tevez più di Pirlo e Vidal, si poteva anche trattenere per un’altra stagione. Perché se Manzutin è la riserva dell’Apache, stiamo freschi: al massimo vale Llorente, ma nemmeno. Però se prima dell’inizio della stagione in molti, e io tra questi, non si chiedevano se la Juve avrebbe vinto il quinto scudetto di fila ma con quanti punti di vantaggio sulla seconda, non credo che improvvisamente siamo diventati tutti dei cretini. Dybala è una Joya vederlo giocare: basterebbe solo farlo giocare. Rugani è un giovane che tutti vorrebbero, per primo Sarri che l’ha avuto a Empoli, ma Allegri, forse gelosamente temendo che glielo portino via, lo tiene sempre accanto a sé seduto in panchina anche quando, come ieri sera, avrebbe potuto benissimo sostituire il folle Chiellini prima del cartellino rosso. O vogliamo parlare di Berardi che la Juve ha per le mani da anni e lo lascia al Sassuolo quando ne avrebbe da tempo bisogno come il pane? Mi spiace, ma ugualmente sono dell’idea che siano maggiori i torti di Allegri rispetto a quelli di Marmotta che, con le riserve e i rifiuti del suo allenatore, può pur sempre schierare questo 3-5-2: Neto; Barzagli, Rugani, Caceres; Lichstneiner (Padoin), Sturaro, Lemina (Hernanes), Asamoah, Alex Sandro; Morata, Zaza. Col quale anche Andrea Stramaccioni o SuperPippa Inzaghi riuscirebbero a far meglio dei due settimi posti ottenuti in passato dai bianconeri di Ciro Ferrara e Gigi Del Neri. Che furono esonerati per molto ma molto meno. Del resto persino Galliani e Berlusconi diedero il ben servito al livornese dopo un’incredibile sconfitta del Milan a Sassuolo. Se invece pensate che Allegri, che ha portato la squadra in ritiro, si ritiri lui per primo, e in buon ordine, siete dei poveri illusi: ha un contratto di tre milioni e mezzo puliti all’anno per questa e la prossima stagione. E comunque gratuitamente gliela do io la formazione per il derby di sabato: Buffon; Barzagli, Rugani, Bonucci; Cuadrado, Khedira, Marchisio, Pogba, Evra; Morata, Dybala. Cosa ci vorrà mai? Il tempo degli esperimenti e delle bischerate è già finito. Peccato solo che la Juve abbia intanto perso il suo 34esimo scudetto. E non è ancora il giorno dei morti.