Waterworld: la guerra di Brugnaro ai monopattini

brugni

Venezia e Mestre sono divise da un ponte. Quello della Libertà che fu costruito dal duce, mi raccontava mia nonna, e così da piccolo mi immaginavo Benito Mussolini in canottiera di lana con la cazzuola e la carriola di malta che grondava di sudore sotto il solleone. Come oggi Matteo Salvini in felpa verde, e qualche capello in più, quando arringa il popolo e tutto s’accalora. Il ponte del resto si è chiamato Littorio per tredici anni esatti e non un giorno in più o in meno. Venne infatti inaugurato il 25 aprile, San Marco, del 1933 da Umberto II di Savoia alla presenza del duce medesimo. Non so se accompagnato dalla ventunenne Claretta Petacci, che già era la sua amante, perché questo alla nonna non osai mai chiederlo. Mentre il 25 aprile del 1946, in coincidenza proprio con la prima festa della Liberazione, fu ribattezzato con l’attuale nome. Ora magari vi domanderete il motivo per cui vi spiattello follemente questi segreti con tutto quello che avrei da scrivere di pallacanestro dopo l’indigestione di duelli stellari nelle coppe europee che ho fatto in settimana e tutti i cattivi pensieri che mi sono frullati nella zucca vedendo la Fiat Torino di Larry Brown perdere l’ottava partita in altrettante (spaventose) apparizioni in EuroCup. E la Gazzetta lo continua a chiamare trinità o guru o santone. Ma mi faccia il piacere. Come disse il grande Totò molto tempo prima di Marco Travaglio. Che è il direttore del Fatto Cuotidiano. Non con la q, mi raccomando, così faccio felice Gigetto Di Maio che non sarà più l’unico che prende quattro in italiano e non solo tre in geografia essendo sempre convinto che la Russia s’affacci al Mediterraneo e che Matera sia nelle Puglie. Come no? E magari che sia tutta colpa di Matteo Renzi se è più di mezzo secolo che ogni sindaco che sbarca a Venezia promette lo stadio di calcio a Mestre o dintorni, insomma in terraferma. Mentre l’altra sera anche Vincenzo Marinese, presidente di Confindustria in laguna, ha confessato durante una cena coi soci del Lions: “Mettetevela pure via, secondo me lo stadio a Tessera non si farà in quanto il presidente Joe Tacopina purtroppo non troverà mai gli investitori per realizzare un progetto del genere”. E il nuovo palazzo dello sport? Nemmeno se ne parla. O almeno no di certo nascerà ai Pili di Marghera. Sui terreni in amianto e arsenico di Napoleone Brugnaro. Per almeno un paio di (buone) ragioni: perché è d’obbligo la bonifica di questi da parte del Comune e perché è palese il conflitto d’interessi. O mi sbaglio? Non credo. E intanto forse avete finalmente capito il motivo di questo mio Scacciapensieri. Al di qua e al di là del ponte della Libertà che durante il fascismo si chiamava Littorio e che non crollerà mai volendo credere al nemico gufo che me l’ha garantito. In più sarò anche matto da legare, ma non al punto da buttar giù la prima cosa senza capo né coda che mi passa per la testa. Adesso infatti è saltata fuori pure un’altra vecchia idea che a me pare parecchio ardita e pittoresca oltre che molto spassosa e visionaria. Ovvero quella d’unire l’aeroporto Marco Polo di Tessera con Murano e San Giuliano a Cannaregio con una cabinovia sospesa sopra le acque della laguna. Magari con il porta-sci sul tettuccio delle telecabine per andare d’inverno a fare un po’ di fondo sulla neve artificiale sparata in Piazza San Marco. Qualche anno fa venne anche in mente a qualche geniale politico del posto d’ospitare le Olimpiadi estive quando a Venezia e Mestre non esiste una piscina olimpica, lo stadio è quello di Sant’Elena che a definire fatiscente si è carini e il Taliercio senza aria condizionata diventa durante i playoff di basket una sauna nella quale non si dovrebbe giocare e si potrebbe morire dal caldo. Mentre i tuffi sono proibiti dal ponte di Rialto. Come le corse in monopattino. Delle quali si è occupato proprio il Fatto Quotidiano che non avevo quindi tirato precedentemente in ballo a caso. Il giornale che ammicca a Beppe Grillo e ai suoi seguaci, perdonando a loro qualsiasi manovra, persino la retromarcia a occhi bendati, ha infatti titolato sopra la testata di prima pagina: “Venezia, il sindaco-sceriffo Brugnaro (nella foto durante le riprese di Waterworld con Kevin Costner, ndr) sgomina un altro pericoloso criminale: multato bimbo di cinque anni in skate per eccesso di velocità. Fosse vivo Goldoni…”. E a Travaglio avanza pure di fare il satiro. Tanto più che il mio Napoleone è in Brasile per gli affari suoi e non ne sapeva niente della sanzione di 66 euro e 80 centesimi elevata dai solerti poliziotti di San Marco al papà veneziano perché “non ha impedito al figlio di quattro anni (e dunque non di cinque, ndr) di fare le scorribande con il suo acceleratore di velocità (volgarmente monopattino, ndr) in piazzetta dei Leoncini” creando il panico per calli e campielli. Mentre del primo parco al mondo dedicato all’ecologia e alla storia del nostro pianeta che potrebbe invece nascere nelle campagne del Quadrante di Tessera magari ve ne parlo divertito la prossima volta. Magari assieme alla barzelletta sul fruttivendolo superdotato veneziano che mi ha raccontato tempo fa Toni Cappellari da Treviso (dentro le mura). E a quell’altra del Basket Mestre, la mia squadra del cuore, imbattuta (9/9) in C Gold, che gioca a Trivignano con le galline sul parquet e le anatre nello spogliatoio. O del referendum per dividere Mestre da Venezia che è già stato bocciato quattro volte, ma difficilmente lo sarebbe una quinta. Però qui c’è ben poco da ridere. Perché Luigi Brugnaro l’aveva promesso alla Lega e poi si è tirato indietro. Perché o sei sindaco di Venezia o lo sei di Mestre. O, se vuole, di Spinea. Dove è nata anche Federica Pellegrini. Perché non si può nemmeno volere tutto dalla vita. E intanto la qualità di questa nella provincia di Venezia è precipitata in dodici mesi dal 41esimo al 62esimo posto in Italia. Col Nordest in testa alla classifica per regioni. Meditate,  fradei. Meditate, fratelli. Coi tossici sotto casa e abito in centro a Mestre.