Proli aveva in mano Singleton e doveva tenerselo stretto

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Quelli della Banda erano ormai disperati e quasi rassegnati. E l’avevano già chiamata “cannibale”. Senza ammirazione e senza sorrisi che sarebbero sembrati falsi e spudorati anche agli occhi dei somari del paese dei creduloni. Del resto, nella loro convention milanese dello scorso settembre, non lontano da dove ha casa in affitto Simone Pianigiani, tutti si erano trovati d’accordo nell’affermare, in chiusura dei lavori, che lo scandalo del nostro basket non era Dimitri Gerasimenko, esule da tempo nell’isola di Cipro, o la nazionale di Giannino Petrucci, che nessuno più vede su Sky, ma l’Armani Exchange di Livio Proli. Il quale non sarebbe stato capace, sentendo i massoni, di costruire in due lustri una squadra vincente in Europa pur con la montagna di soldi che ogni anno gli passa Re Giorgio. In verità, prima di ieri sera in Catalogna, le scarpette rosse dell’Olimpia erano sempre tornate dalle trasferte di campionato e d’EuroLega con la vittoria in saccoccia. Per non parlare della SuperCoppa conquistata nel palasport di Brescia. E quindi del sorprendente avvio di stagione di Milano, per me sopra le righe, nessuno dell’Osiris ha trovato spudoratamente il coraggio stavolta di sputtanare il presidente e il suo allenatore. Però adesso che a Barcellona l’Armani ha perso, e pure di dieci punti, dopo esser stata sotto anche di venti alla fine del terzo periodo, e Mamma Rosa ha titolato esagerando come al solito: “Milano, che stecca”, li rivedrete presto spuntare di nuovo come funghi e, rialzando la testa, sostenere che nemmeno quest’anno Proli ha speso bene i quattrini di Giorgio Armani e che quindi Milano non solo non vincerà l’EuroLega, ma farà pure fatica a riconfermarsi campione d’Italia. Calma e gesso. Infatti le cose non stanno proprio in questi termini. Perché uno la squadra non è più forte e costa meno di Cska, Real Madrid e Fenerbahce, ma neanche di Efes e le due greche. O degli stessi blugrana di Svetislav Pesic, capolisti in Spagna, che hanno allungato le mani su James Singleton (nella foto, ndr) quando Milano si è ritirata dall’asta dicendo all’ex Panathinaikos che costava troppo per le sue tasche e che comunque prima avrebbe dovuto sbolognare, oltre a Jordan Theodore, che ha sempre sul gozzo, anche Mindaugas Kuzminskas che continua ad essere una bella palla al piede. Due, ve lo ripeto (leggasi mio pezzo del 9 novembre): l’Armani sarà già brava ad arrivare ai playoff da settima o ottava. E per ora è quinta in classifica alla pari proprio con il Barcellona. Ma le final four di Vitoria non sono ancora alla sua portata. Tre: non so se sia cannibale o Crudelia De Mon, fatto sta che non avrà problemi a vincere la regular season in Italia e un altro scudetto. Altrimenti mi ritiro in convento e chiudo baracca e burattini. Semmai il Livido Proli, di cui non sono per carità il difensore d’ufficio, ha sbagliato a non prestare ascolto a Simone Pianigiani e a lasciarsi invece lusingare dai ruffiani che ha intorno che gli sussurrano ad un orecchio che l’Armani è bella così com’è e lo consigliano male. Perché se è verissimo che il mio Nazareno ha sempre una lacrima sul viso e che, come tutti i ricchi, piange spesso e volentieri con la croce in spalla, non è che ha poi una squadra così lunga per giocare da protagonista come minimo un’ottantina di partite all’anno o per supportare a cuor leggero le assenze per infortunio di Nedovic e Della Valle con capitan Cinciarini nello stating five del Palau Blaugrana o con Bertans già stanco morto e boccheggiante durante il riscaldamento. Difatti non aveva torto a volere Dominique Johnson o chi per lui  o anche Theodore visto che fa il difficile e continua comunque prendere ogni 27 del mese lo stipendio da Armani. Così come non ci piove che Singleton sarebbe stato molto più utile di Kuzminskas che all’eccellente Brooks non fa tirare neanche il fiato. Senza dimenticare che, quando Simone è sbarcato a Milano al posto di Gelsomino Repesa, ha trovato un mezzo casino con i contratti di Ale Gentile, Zoran Dragic e Mantas Kalnietis ancora in essere, l’irrisolvibile caso Patrick Young e il mistero gaudioso Cory Jefferson, uno più costoso dell’altro. E magari ricordando anche che dove l’Armani in questa magnifica EuroLega è andata a vincere, ovvero a Podgorica e al Pireo, sono cadute nell’ultimo turno le due imbattute capoliste: il Real Madrid con l’Olympiacos di Spanoulis (20 punti, 5/6 da tre) e il Cska con i montenegrini del Buducnost grazie ad un tap-in di Zoran Nikolic a 5’’ dalla sirena sotto al naso di Hines. Succede. Basta non farne ogni volta un dramma come piacerebbe a Ciccioblack e ai suoi bandissimi. Con Bassani (Iena ridens) e Canfora (C10H16O) assieme a Tranquillo sempre sul podio.