Viva il basket che non la finisce più di dire sciocchezze

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Non so quanti fossero i tifosi della De’Longhi a Ferentino. Di certo non pochi e comunque nel piccolo palasport si sentivano quasi solo loro. Finalmente so invece dov’è Ferentino: in provincia di Frosinone. Sulla Casilina. Arroccata su di un colle che domina la vallata del fiume Sacco. Un bel posto, immagino, o forse dico una sciocchezza. Cantato anche da Orazio: “Se ti piace la tranquillità sino al levar del sole, se t’infastidiscono la polvere, lo strepitio dei carri e le osterie, ti consiglierei d’andare a Ferentino”. Dove, racconta la leggenda, il dio Saturno, scacciato dall’Olimpo, si fermò per viverci. Magari un giorno o l’altro anche ci faccio un salto. Perché no? Anche se non è proprio dietro l’angolo. E dentro le mura ciclopiche forse troverò pure io riposo per le orecchie dal chiasso di questi playoff che mi stanno frastornando e soprattutto rincoglionendo. Il che, gioco d’anticipo, non mi riesce difficile. Ferentino è famosa oggi per il suo basket alle porte della serie A. Una sorta di Leicester o, meglio, di miracolo sportivo. Perché questa storia del Leicester, se devo essere sincero, mi ha anche stufato. In fondo la città sul fiume Soar è la decima d’Inghilterra e la tredicesima del Regno Unito: ovvero non le mancano i quattrini. Anche per comprare Murillo dall’Inter. La ciociara invece non ha più di 21 mila abitanti. Eppure è 2-2 con Treviso nei quarti di A2 e mercoledì al Palaverde si giocherà la semifinale con la Fortitudo di Matteo Boniciolli, il redivivo. Insomma tra le grandi della nostra pallacanestro già ci sta e non sfigura. Anzi. Se volete che vi dica la mia, in verità Ferentino è anche più forte della De’Longhi. Ed è pure più ricca. Non credo infatti che Gigli, Bulleri e Imbrò costino poco. E men che meno due americani del valore di Bowers e Raymond che troverebbero casa anche nella categoria superiore. Però se mi chiedete un pronostico sulla bella dico ancora Treviso. E per tre valori aggiunti: Pilla Pillastrini, Matteo Fantinelli e il fantastico pubblico del Palaverde. Ieri la ciociara ha vinto largamente con venti punti di Bowers e una difesa che ha intrappolato Powell (solo 10), ma i tiratori della De’Longhi avrebbero fatto cilecca anche se il canestro fosse stata una piscina olimpica. Prova ne sia l’osceno uno su ventuno nelle triple. Vedendo su Sky-TeleGiannina giocare Davide Moretti, ancora tenero tenero ma molto interessante, non mi posso dimenticare la sciocchezza che ha sparato l’illustre padre in quel salotto che deve avere le pulci perché ogni qual volta mi distraggo un po’, e mi scappa di guardarlo, poi mi gratto per l’intera settimana. Paolo il caldo ha infatti disinvoltamente detto che lui ha in tasca la chiave per salvare la nostra pallacanestro dal disastro. Quale? E quale sarebbe la soluzione? Bloccare per due o tre anni in serie A le retrocessioni. Ma è matto? Al contrario a me sembra un’idiozia bella e buona che dalla A2 a trentadue squadre sia promossa una soltanto. E comunque ce lo manderei io Moretti ad allenare in A2 e poi vediamo quanto si diverte a disputare un campionato nel quale, se anche arrivi primo dopo infiniti playoff, ti regalano un generoso “grazie” e vinci al massimo un piattino d’argento. Come la domenica nel golf del circolo. Al contrario dall’ascensore farei scendere le ultime tre di una serie A a diciotto squadre e salire le tre migliori della A2 a ventiquattro. Aumenterebbero pubblico e spettacolo da una parte e dall’altra. O forse dobbiamo salvare ogni anno Caserta dalla retrocessione? Anche se va detto, per non prendervi in giro, che la Virtus sta anche peggio economicamente di Caserta. O pensavate che Joe Tacopina fosse il salvatore della Bologna che, da quando ha tolto il disturbo Renato Villalta, è stata un nastro di pasticci in serie? Il presidente del Venezia Calcio cerca nella città delle due torri degli Asinelli solo di spillare qualche soldino di provvigione. O credevate che avesse le V nere nel cuore? Poveri ciucci. E già che ci siete lo spiegate voi a Pallino Fanelli che ogni partita dei playoff è diversa dall’altra e che, per quanto lui sostenga l’Avellino dell’incompreso Nunnally, sarà comunque la Grissin Bon a giocarsi lo scudetto con l’Armani? O a Sacripantibus che sarebbe tempo e ora che imparasse a perdere disubbidendo al gran capo della Confraternita dell’Osiris che gioca sempre a fare l’antimafiosetto? O a Milano che difende mettendoti le mani addosso quando non usa la clava, come ha scritto anche Max Oriani, e a Gelsomino piangente Repesa al quale ancora avanza di lamentarsi degli arbitri? O vogliamo parlare, incamminandoci verso il Taliercio, di un Jeremy Pargo che indovina una partita su tre e preferibilmente in casa?