La pallacanestro dei calpesti e derisi, divisi e smemorati

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Alla domenica don Quijote riposa. Posso? No. E allora scrivo. Aspettando Valentino in pole position. Poi potrò scegliere tra Trento-Venezia e Bologna-Torino contemporaneamente in diretta su Sky e la Rai alle 18 e un quarto, ma mi sa tanto che opterò per la seconda partita. Dove ci si gioca la salvezza. Sarà tutto esaurito alla Unipol Arena di Casalecchio: novemila spettatori alla faccia della crisi. Quale crisi? Già il boyscout Matteo Renzi s’impenna. Come una volta faceva il Cainano Silvio. Dicono che i due siano fatti della stessa pasta e non stento a crederlo. Intanto piove, governo ladro. Toghe rosse o Vu nere, ovviamente sto dalla parte di Piercamillo e di Frank, mio concittadino. “I politici sono peggio dei ladri”. “I politici non hanno smesso di rubare, semmai hanno smesso di vergognarsi”. Sottoscrivo in pieno, ma io parlavo della crisi della nostra pallacanestro derisa, calpesta e divisa: cosa avevate capito? Anche il pm antimafia Nino Di Matteo del resto si è schierato oggi con Piercamillo Davigo: “Dai politici impunità ai corrotti”. Mentre nessuno scrive della Virtus che fa fatica a pagare gli stipendi a fine mese e ci si è già scordati di come è stato fatto fuori subdolamente Renato(ne) Villalta a campionato non ancora iniziato. Sempre il presidente dei magistrati: “Gli italiani non hanno mai avuto una grande considerazione di loro. Siamo del resto gli unici a dire di noi stessi cose terribili nell’inno nazionale: calpesti, derisi, divisi”. E aggiungo “smemorati”. Anche se Goffredo Mameli non lo ha precisato. Difatti ci si dimentica in fretta di quel che è successo solo l’altro ieri quando il ricordo è sgradevole. Eppure la cicatrice ancora la si vede. A Natale osai scrivere che se a Bologna non avessero mandato via subito l’allenatore, e consigliai l’uomo Dalmonte, detto anche Charlie Brown, guardatelo bene, è uguale, sarebbero state Valli di lacrime. Mi risposero che era finita la pila senza pensare che un’eventuale discesa nell’infero dell’A2 è un danno economico peggiore della grandinata d’estate sulle vigne. Perché di trentadue club solo uno è promosso in serie A quasi per sbaglio. E comunque non se la prenda nessuno se penso e spero che si salvi Frank Vitucci, veneziano doc, e la sua squadra costruita in un primo tempo male intorno a Ian Miller, detto la Mela marcia. Che se nella notte della Befana non avesse trascinato in una rissa notturna anche il ripescato Jerome Dyson, detto The Sniper, ora Torino lotterebbe magari per i playoff. Altro che per non retrocedere. Sarebbe infatti anche qui il caso di dare una bella lucidatina alla memoria e ricordare che Dyson è stato fuori due mesi e che Miller, meglio tardi che mai, prima di Pasqua è stato spedito a Verona. Sempre Piercamillo, un nome che mi piace più di Piersilvio, ha raccontato al Corrierone della sera una barzelletta inventata sotto il fascismo: “Il prefetto arriva in un paese e lo trova infestato di mosche e zanzare. E se ne lamenta con il podestà: “Qui non si fa la battaglia contro le mosche?”. “L’abbiamo fatta – rispose il podestà -. Solo che hanno vinto le mosche”. Ecco in Italia hanno vinto le mosche. Cioè i corrotti”. E nel basket? Le minacce e quelli che hanno abbaiato più forte nel mulo contro mulo tra Fiba e EuroLega. E chi ha perso? Nessuno. Come nel referendum delle trivelle. Come ha scritto anche Andrea Barocci: “Con le minacce non si governa, si prevarica”. Come diceva Guglielmo Zucconi, grande direttore del Giorno all’inizio degli anni ottanta: “Muoviamoci prima che la tartaruga si svegli e diventi una schiacciasassi”. La tartaruga era il Corrierone che va sempre con i piedi di piombo. Sul quale sono apparse negli ultimi tre giorni due tempestive interviste di Roberto De Ponti(bus). Una a Jordi Bertomeu: voto 7.5. L’altra a Giannino Petrucci: voto 5/6, ma anche 6- se a me il presidente federale non stesse sempre qui. Sui marroni. Il numero 1 di Eurolega: “La Fiba è stata capace solo di mettere paura, ma il basket così crolla anche se la corte di Bruxelles ci darà ragione”. Come ne sono convinto anch’io. E non solo Livi(d)o Proli. Mentre la bugia più piccola che ci ha raccontato Giannino è stata: “Sono venti giorni che manco da San Felice Circeo”. Dove fa il sindaco e lo vedono, quando va bene, due volte all’anno. A Pasqua e neanche a Natale. Perché va a Bormio in vacanza con Alberto Mattioli e gli altri amici federali. Che poi lo rivoteranno anche a febbraio. Scommettiamo? Anche se è un presidente finito e un uomo distrutto da Giò Malagò. Intanto a Jerez de la Frontera il nostro Valentino, mitico eroe dei tempi moderni, se ne va dopo tre giri e va a vincere il Gp di Spagna davanti agli odiosi spagnoli Lorenzo e Marquez. L’Italia del signor Rossi: quella che più ci piace. Forse l’unica.