Tutti pazzi per MaraMeo, il cittì che suda dagli occhiali

mary

Tempo da lupi: ulula il vento che viene dalla Siberia e si chiama Burian. Precipitiamo sotto zero anche sino a meno 15. E chi si muove più di casa? Tra un’oretta su Sky ci sarebbe Italia-Olanda da gustare in poltrona con la coperta di Linus sulle ginocchia, ma il segnale non mi arriva dalla parabola impaurita dalla morsa del gelo e dovrò probabilmente accontentarmi di vedere Barcellona-Real Madrid sul digitale terrestre. I blau-grana di Sito Alonso erano un mezzo disastro: penultimi in classifica d’EuroLega, allacciati alle scarpette rosse di Milano, e terzi in campionato sotto braccio a Baskonia, Unicaja e Fuenlabrada, ma a dieci punti dai blancos di Pablo Laso. Poi in Catalogna è sbarcato Svetislav Pesic, 68enne serbo di Pirot, cavaliere dell’Ordine al merito di Berlino che tutti credevano ormai in pensione. Veniva in effetti da una stagione a tirare a campare nel Bayern di Monaco e nessuno avrebbe scommesso su di lui un centesimo. E invece il Barcellona con Pesic in sella è tornato a galoppare e a vincere. Prima sotterrando in Acb il Bilbao (90-58) e poi trionfando nelle final eight della Coppa di Spagna con tre brillanti successi di fila a spese di Baskonia, Gran Canaria e Real Madrid, battuto allo sprint (82-80) nell’ultimo duello. E così anche i più giovani adesso scopriranno che Pesic non è proprio un pirla, ma il cittì della Germania che nel 1993, c’ero anch’io, guidò i salsicciotti al primo oro europeo della loro storia. La stessa cosa, più o meno, è accaduta anche da noi alla Fiat che tutti i professori avevano già considerata morta dopo la clamorosa litigata di Luca Banchi coi Do’ Forni, le sue premeditate dimissioni e lo sfortunato interregno di Re Carlo Recalcati che in quella gabbia di matti non ha resistito di stare rinchiuso per più di un mese. In verità Paolo Galbiati, esattamente la metà degli anni di Pesic, che in tre mosse ha dato scacco matto ai campioni d’Italia di Venezia, alla squadra del cittì part-time della nazionale azzurra e in finale ai favoritissimi bresciani di Diana, perdiana e perdindirindina, regalando a Torino la prima Coppa Italia, aveva esordito al PalaRuffini con un terzo quarto da 9-29 e una tosta legnata in testa (73-87) beccata dallo Zenit di San Pietroburgo che nell’occasione fece anche fuori i gialloblù, con l’accento sulla u, dai playoff dell’Eurocup. Di questo, mi pare ovvio, se ne è già dimenticato il mondo intero dei canestri italici che ruota sempre intorno ai vincitori e mai agli sconfitti. A meno che non sia da maltrattare l’Armani di Simone Pianigiani e allora si fanno coraggio un con l’altro per tentare di disarcionare da cavallo il Livi(d)o Proli pur sapendo benissimo di rischiare l’osso del collo e magari anche il posto di lavoro. Un’altra volta mi spiegherò meglio: ve lo prometto. Ma intanto anche vi ricordo che prima del quarto tra la Reyer e l’Auxilium, che nessuno sulla terra si sarebbe mai immaginato che se lo potesse aggiudicare il team dei Do’ Forni, al Nelson Mandela Forum di Firenze è improvvisamente apparso Gianmarco Pozzecco che non credo fosse accorso là da Formentera per salutare i suoi vecchi compagni di Varese, Andrea Meneghin e Alessandro De Pol, che aveva già visto un paio di giorni prima, ma piuttosto per far quattro chiacchiere con il presidente della Fiat (e suo figlio) e capire se fossero davvero interessati a lui. Di nuovo non mi credete? E chi se ne frega? Però, prima di dire che sono sempre uguale, v’invito a dare un colpo di telefono a Ario Wimbledon Costa e chiedergli in confidenza se per caso il Poz non gli avesse risposto: “Mille grazie, ma a Pesaro non vengo perché sembra che mi voglia Torino”. Adesso sono invece tutti pazzi per Al Pacino junior e per MaraMeo Sacchetti, il cittì che suda tantissimo. Anche dagli occhiali. Come per Mary Jensen (Cameron Diaz, nella foto). E io mica vi dico che fate male. Anzi. Però lo sapete come sono fatto: mi tengo sempre molto distante dal gregge di quelli che una volta chiamavo colleghi e ora non più. Perché non sono ArLecchino e quindi servo di nessuno. Ma un pennivendolo di strada che non vende (però) fumo e non racconta storie. Difatti leggo ancora “assenza di segnale” sullo schermo tutto blu di Sky Sport 2 HD e così Italia-Olanda ve la vedrete voi. Io no. Vittima di quel ventaccio freddo e maledetto che viene dalla Siberia e si chiama Burian.