Il nostro è un basket che piace solo alle tre scimmiette

fred fli

Nessuno vi vuole stupire con effetti speciali, però è arrivato il momento che la finiamo tutti di raccontarci la storia della rava e della fava e cominciamo piuttosto a buttare un cicinin di cacchetta nel ventilatore. Come dice un amico del quale è meglio che non faccia il nome. Cinque nostre squadre erano impegnate mercoledì nell’ultimo turno della Last 32 di Eurocup dopo che il club campione d’Italia e la Milano di Re Giorgio erano state a suo tempo sbattute fuori dalla Top 16 d’Eurolega a pedate sul sedere. Ebbene tutte e cinque sono state ieri sera prese a sberle e nel migliore dei casi Venezia ha perso in casa di dieci punti. E le altre? L’Armani a Salonicco di 15 e la Grissin Bon a Smirne di 43. D’accordo, il povero Gelsomino Repesa ha dovuto rinunciare al deus ex machina Mantas Kalnietis, senza dimenticare Alex Gentile, e lo sfortunato Max Chef Menetti addirittura a Lavrinovic, Kaukenas, Stefano Gentile e Aradori in un colpo solo. Però è qui che afferro uno qualsiasi di voi e lo trascino fuori dal cortile della nostra pallacanestro prima d’essere travolti insieme da un mare di lacrime e da una valanga d’alibi oltre che da una montagna d’insulti. Chiudo il cancello a chiave e, al di qua della rete, lo invito serenamente a guardare quello che è sotto gli occhi di tutti e soprattutto a sentire cosa dicono di noi. Da fuori vedono un villaggio di ciechi e un orticello di zucche vuote che si tappano le orecchie. Esagero? Non credo. E allora cominciamo da Trento. Che è di tutte la migliore. Con il coltello tra i denti inguaia otto giorni fa Reggio Emilia e in pratica la elimina dall’Eurocup. Per la serie: facciamoci pure del male tra noi. Salvo una settimana dopo tra le sue montagne calare le braghe davanti al Trabzonspor che non è il Cska Mosca, né il Real Madrid e men che meno il Fenerbahce di Obradovic e Datome. Così come è bene ricordare a Milano che quest’anno è stata esclusa dall’Eurolega non solamente dall’Olympiacos di Spanoulis e Hackett, e lo potrei anche capire, ma pure da Malaga e dal Cedevita che, se non sono ultime nel girone del Top 16, è perché esiste anche il Darussafaka. Ovvero la squadra turca che, vincendo a Sassari, è costata la panchina a MaraMeo Sacchetti. Il quale a sua volta sarà anche il miglior allenatore del Bel Paese, santo beato e martire, ma in Eurolega ha vinto una sola partita su sedici in due anni con il modesto Zalgiris. Devo spegnere il ventilatore? No, vado avanti. Dato che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Sono stato al Taliercio e me ne sono andato a metà dell’ultimo quarto perché di brutte cose ne avevo già viste a sufficienza. O kappa, la Reyer senza Green e Peric non è gran roba, però ugualmente non può perdere 22-50 il duello ai rimbalzi con una volonterosa formazione polacca. In più è sparito Bramos e non da ieri sera. Viggiano è un fantasma da un pezzo. Tonut ha lasciato l’anima a Trieste e si è smarrito tra le nebbie della laguna. E non salvo nemmeno Reggio Emilia perché quando costruisci una giovane squadra intorno a Kaukenas (39 anni tra due mesi) e Lavrinovic (36), già acciaccati per conto loro, non puoi sperare che, strada facendo, poi non si rompano e sul più bello della stagione non ti lascino a piedi. Basta così? Non ancora. Nell’orticello della nostra pallacanestro vedi anche quelli che voglio spegnere l’incendio con il secchiello e il bagnafiori. E quelli che vogliono vincere le Olimpiadi e s’indignano perché l’Italia di Pianigiani è stata sconfitta all’overtime dalla Lituania di Kalnietis che non ho ancora ben capito se sia un fenomeno con la maglia dell’Armani, che a Sanremo veste anche Madalina Ghenea, o piuttosto uno come altri mille playmaker quando gioca con la sua nazionale. Decidetevi, per favore. Mentre non voglio nemmeno pensare che a Gallinari possa venire quest’estate un raffreddore: nel qual caso, tocco ferro, Ettore Messia sarebbe più nei guai di Max Sarri se perdesse Higuain sabato contro la Juve. Come le tre scimmiette invece non vedo, non sento e non parlo oggi della serie A del ciapa no e della partita di martedì che in poltrona e in streaming, ringraziando Tele San Marino, ho potuto seguire da Bologna. Mi azzardo solo a dire, e magari se ne ridiscute un altro giorno, che la Virtus di Giorgio Valli difende come il Bedrock di Fred Flintstones e che Pesaro è proprio fritta se Austin Daye è questo. “Wilma, dammi la clava“.