Chiamatelo Steven o Kru il vincitore del Ghiro d’Italia

Steven Kruijswijk

Sarebbe davvero un bel problema per tutti, credo, se il Ghiro d’Italia, un po’ meno poltrone del solito, lo vincesse, come è molto probabile, l’olandese Kruijswijk che non per sua colpa ha questo rocambolesco cognome, ma bisogna aver fatto almeno la terza superiore per scriverlo bene e in più un corso serale per tenerlo appiccicato alla memoria. Già non mi ricordo chi ha trionfato nella passata corsa di Mamma Rosa, figuriamoci se posso sperare di rammentarmi di Kruijswijk tra poco più di un mese quando, il 2 luglio, inizierà da Mont Saint Michel il Tour de France che sinceramente mi dispiace per la Gazzetta ma è tutta un’altra cosa e ha tutta un’altra storia. Con il Mont Ventoux e la chiusura ai Champs Elysees di Parigi. Difatti, se non mi sbaglio, nella Grande Boucle dello scorso anno Vincenzo Nibali non arrivò che quarto a otto minuti è mezzo dal britannico-keniota Christopher Froome, la maglia gialla che portò con sé sul podio Quintana Rojas e Valverde e la solita montagna di polemiche. “Troppo forte per essere pulito?” si domandò Lance Armstrong, uno che forse di doping un cicinin se ne intende. Il ciclismo del sospetto non mi diverte e comunque ha fatto bene la Repubblica a chiamare Kruijswijk, o come cavolo si scrive, semplicemente con il suo nome: Steven. O, meglio ancora, Kru, come sicuramente non piace a Gianni Mura che detesta i diminutivi al pari dei tre puntini e dei punti esclamativi. L’olandese va in salita neanche avesse un motore nella bici. Un’altra provocazione molto gettonata di questi tempi. Ma ha dei grossi limiti in discesa, diceva e sperava lo Squalo dello Stretto prima di perdere quasi altri due minuti sulla salita della Paganella che non è di certo il Mortirolo. Quando il Ghiro d’Italia sconfinerà in Francia, e quella picchiata di 25 chilometri tra due muraglie di neve dal Col de la Bonette avrebbe potuto sabato ridare fiato al povero Nibali che mi ricorda tanto l’irresistibile Gastone Nencini, il mio eroe da ragazzino, magro come un Don Chisciotte, che sfrecciava in discesa come oggi il simpaticissimo Christof Innerhofer con gli sci ai piedi. Per la verità già domani c’è la cima Coppi, lassù ai 2744 metri del Colle dell’Agnello. Scollinando il quale vent’anni fa ad un Tour de France fusi il motore della mia ammiraglia. Ma c’è poco da illudersi. Difficilmente il colombiano Esteban Chaves, un’altra mia simpatia, o lo spagnolo Valverde riusciranno in due giorni a colmare il distacco di tre minuti che ancora hanno da Kruijswijk sfilandogli di dosso la maglia rosa. E allora tanto vale che già cominciate ad abituarvi a chiamare il vincitore del Ghiro o Steven o Kru. Farete prima. E, soprattutto, non impazzirete.