Solo in tre a Siena non presero il nero. E in Italia?

 

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Se le cose non le sai, fai più bella figura a startene zitto e buono in un cantuccio nel sottoscala della Gazzetta assieme al ragionier Filini e al geometra Fantozzi che possono sempre darti carta e penna per buttar giù i tuoi scarabocchi. Se invece le cose te le racconta Giannino Petrucci, fai uno sforzo ancora: cancellale subito dalla memoria e, già che ci sei, non lo badare più quando insistentemente ti telefona e ti convoca in via Vitorchiano. Al 113. Che è l’indirizzo della sede romana della Federbasket. E comunque, per qualsiasi emergenza, può andar bene anche il 112 o il 118: vedrai che ti risponderanno al massimo nel giro di un paio d’ore. Povera Italia. Ma anche povero basket e povera Gazza. Che ha chiuso la sua tivù in dieci mesi e con un rosso spaventoso. Ma ha anche definitivamente abbassato la serranda delle redazioni esterne. Ad eccezione di quella della capitale. Dove per l’appunto lavora Mario Canfora. Ovvero C10H16O, come mi diverte chiamarlo. Al quale devo però di nuovo tirare purtroppo le orecchie e un po’ me ne dispiace perché nemmeno lo conosco. So che non è neanche parente alla lontana del mitico maestro Bruno Canfora. Baffi ed occhiali. Che al pianoforte accompagnava Mina e Rita Pavone, o le gemelle Kessler, a Studio Uno e Canzonissima. E per loro ha composto le musiche di sono come tu mi vuoi, se c’è una cosa che mi fa impazzire, il ballo del mattone, il geghegè, la notte è piccola e innumerevoli altre canzoni diventate degli evergreen di largo e grande successo. So anche che nasce dalle parti di Caserta e per questo, se due più due fa ancora quattro, non mi è difficile metterlo sotto le influenti ali di Virginio Bernardi, l’agente sul Volturno della metà degli allenatori di serie A. In verità a volte 2+2 non fa 4 e difatti Virginio mi ha giurato, e gli credo, di non aver mai mangiato la pizza con la mozzarella di bufala assieme a Mario. Fatte queste dovute premesse, e ricordando che C10H16O è la formula chimica della canfora, dove C sta per carbonio, H per idrogeno e O per ossigeno, vi confesso anche che ho menato il can per l’aia o, se preferite, il torrone da non dire perché m’infastidisce di tornare a parlare, tanto per essere chiari, del nero di Siena. Che per me non è molto diverso dal nero di seppia e dal nero del cavolo, ma sono tra i pochi, purtroppo lo so, a pensarla in questo modo. Se fosse infatti per la maggior parte di voi, e non vi voglio chiamare qualunquisti ad un tanto al chilo perché non mi va assolutamente di offendervi, non togliereste sei scudetti alla Montepaschi per doping amministrativo, ma, già che ci siete, tutti e otto aggiungendoci una bella pietra sopra. Okay. Peccato che la pietra vi rimarrebbe poi in mano. Dal momento che nessuno, ma dovete essere per una volta sinceri, di fronte al dentista che vi ha proposto il nero, si è tenuto il dente e pure il dolore. Ecco, lo immaginavo: ho scatenato un putiferio. E, come avevo suggerito a Canfora, avrei fatto molto meglio a star zitto. Però, a differenza di lui, che scrive le cose che non sono farina del suo sacco, ma figlie del livore che Petrucci nutre da tempo per Simone Pianigiani e per Siena, qualcosina più del gazzettiere credo di saperla in merito a tutta questa vicenda. Per esempio che all’epoca dei fatti incriminati solo tre o al massimo quattro mensanini, tra tecnici e giocatori, non presero una parte dello stipendio sotto banco. Chi te l’ha detto? Siete troppo curiosi, ma per una volta dovete fidarvi di me. E chi sarebbero questi tre o quattro? Uno di sicuro: capitan Tomas Ress. E gli altri? I nomi non li ha fatti neanche Ferdinando Minucci alla Finanza e quindi perché dovrei rivelarveli io? Così come sono strasicuro che nel resto d’Italia questa pratica, immorale o amorale finché volete, era esercitata da almeno una dozzina di società su sedici della massima serie. Alla voce “diritto d’immagine”. O più terra terra e pari pari: “nero”. Di cavolo o di seppia? E quindi, cari Petrucci e Canfora, adesso basta. La Mens Sana del basket non esiste più: è fallita il 4 luglio 2014. E Siena, umiliata e derisa, è dovuta ripartire dalla quarta seria. Non siete ancora soddisfatti? E allora andate pure avanti. Ma stavolta senza fare prigionieri. Neanche tra i giornalisti, qualcuno anche di Sky, che da Minucci ricevettero più di un bel gettone, diciamo, di presenza che, zitti zitti, s’infilarono in tasca e non dissero niente all’ufficio delle imposte. O forse deve essere ancora punito Pianigiani perché non ha vinto l’oro agli Europei? Massì, dopo avergli vergognosamente strappato di mano la nazionale, diamogli una squalifica a vita, o come minimo di un paio di lustri, e togliamogli pure qualche mese di stipendio federale. E poi torturiamolo. Così Giannino sarà finalmente contento. E C10H16O farà una grande carriera. Come Giovanni Bruno o Bruno Giovanni che sono in fondo la stessa persona.