29 gennaio, mercoledì Erano giorni che girava questa voce sotto i portici di Bologna, la Chiacchierona. Dove se ne dicono tante. Anche troppe. Soprattutto spettegolando di pallacanestro. Divisa com’è la città delle due torri, la Garisenda e degli Asinelli, tra virtussini e fortitudini. O viceversa. Per non fare un torto a nessuno. Così che non sai mai a chi credere. Com’era Firenze ai tempi del Sommo Poeta scissi tra guelfi e ghibellini. O peggio ancora. Visto che i guelfi erano a loro volta o bianchi o neri. E almeno non impasticciati come l’ultima Juventus che è sempre a righe bianche e nere, ma una cosa era la Signora degli Agnelli e un’altra è questa, anzi quella, come dicono i granata, di Elkann, Giuntoli e Motta(rello), le tre meraviglie. E comunque ve lo dico subito: stasera non vedrò in televisione alle 21 su qualche canale satellitare la squadra del presidente Gianluca Ferrero e dell’amministratore delegato Maurizio Scan(n)avino, di cui pochi a Torino conoscono la faccia e la fama, impegnata in quello schifo di Champions che è diventata l’incomprensibile prima fase a 36 squadre. E perché non a 48? Almeno sarebbe un bel casotto.
Contro il Benfica, se non sbaglio. Con Vlahovic e Douglas Luis, Savona e McKennie terzino: di male in peggio. Ma andrò fuori porta. Per dirla come i trevis(an)i con la puzza sotto al naso. In verità all’ombra della chiesa di Trivignano, ruspante borgo di periferia. Tra campi di radicchio (rosso) e cavoli (vostri). Al PalaVega, 500 posti a sedere. Dove però si sta molto meglio che al Taliercio l’incasso tutto da girare al sindaco di Venezia. Dove s’affronteranno il Basket Mestre, sponsorizzato Gemini, che è la mia squadra del cuore e lo era anche di Napoleone Brugnaro e di Federico Casarin prima che s’innamorassero della Reyer, e l’Alberto&Santi Fiorenzuola, Cenerentola col peggior attacco di tutta la serie B e reduce da ben cinque ko di fila. Insomma, per farla breve, con la qual cosa sono sempre in guerra (aperta), due punti da prendere senza tanti discorsi se la squadra di Mattia Ferrari vuole ancora sperare nei playoff da cui per il momento è esclusa.
Dunque dicevo: era da giorni che girava questa voce per le strade della Chiacchierona. Anzi, da mesi. Tanto che ne avevo parlato con i diretti interessati molto prima di Natale. Ma entrambi, Massimo Zanetti e Luca Baraldi, nella foto da destra a sinistra (ndr), seduti sempre uno accanto all’altro in prima fila nel palasport della Fiera, mi avevano convinto che erano tutte frottole virtussine o addirittura maldicenze fortitudine. Bene. Anzi, male. Così oggi vi avrei magari parlato d’altro. Per esempio di Dante Alighieri, perché no?, come Aldo Cazzullo, che scriverebbe anche sui muri della toilette, il quale era guelfo bianco e per questo fu condannato nel 1302 all’inferno dell’esilio. Assieme a Virgilio? Questo dovete chiederlo al tuttologo Cazzullo. O di Gianluca Ferrero e Maurizio Scan(n)avino che guadagnano 400 e 800 mila all’anno. Non male per quel poco (e male) che fanno. Contro i 458 mila lordi che prese Andrea Agnelli nel 2020-21 rinunciando ai 700 mila previsti perché non aveva vinto il decimo scudetto di fila. Meditate gente, meditate.
Così come avrei potuto raccontarvi come chiamavano nei tribunali di Venezia il ministro della giustizia nel governo neofascista, il collerico e vendicativo Carlo Nordio, che ancora millanta d’essere stato il pm numero uno nel processo Mose, anche a rischio di prendermi una divertente querela. Oppure della Reyer che mi costringe adesso a mollare qui il pezzo sul più bello se non voglio arrivare in ritardo al PalaVega. Perché, mentre scrivevo girando le spalle a Sky e alla partita di EuroCup con gli oro-granata sempre avanti di una decina o più punti (36-50), sono stato costretto a sedermi in poltrona per vedere in tivù se la squadra di Olivetta Spahja sarebbe stata capace di perdere anche ad Ankara buttando via un bel 52-63 all’inizio dell’ultimo quarto dopo la seconda tripla di Davide Casarin (straordinariamente 11 punti) e il quarto fallo di un monumentale Kabengele (20+18 rimbalzi).
In verità per tre giorni avevo disturbato al telefono il patron della Segafredo e l’amministratore delegato della Virtus e nessuno dei due per la prima volta mi aveva risposto. Lasciandomi capire – non ci voleva molto – che il rapporto tra i due dopo sedici anni, nove a Bologna, non fosse già alla frutta, ma al buon caffè ovviamente del presidente di Treviso che abita in una splendida villa fuori porta che confina con l’ippodromo di Sant’Artemio. Tanto che persino la Gazzetta, che ormai s’occupa solo d’Inter e Sinner, Toro e Egonu, è arrivata a titolare: “Virtus si cambia: Zanetti-Baraldi è finita un’era”. Peccato. Francamente ci sono rimasto molto male perché pensavo che quell’amicizia non potesse finire. Soprattutto in questo modo. E quindi ho deciso con il consenso dello stesso Focherello Fuochi, che scrive di palla nel cestino meglio di me e sa molto bene tutte le cose che realmente accadono nella city del basket italiano, di copiare e incollare l’articolo sul sito di Repubblica che ha buttato giù a caldo dopo la conferenza-stampa di Massimo Zanetti prima di mezzogiorno e dintorni.
“La Virtus non è fallita e non fallirà. A leggere in giro, qua dentro pare tutta una tragedia e invece io ci sono e andrò avanti, a fare il bene della squadra e della città, con il mio socio e amico Carlo Gherardi. Io resto, il signor Baraldi farà un’altra strada”. Tanto tuonò, e tanto pure piovve, alla conferenza stampa di Massimo Zanetti. Attesissima, rumorosissima. Ex re del caffè non gli piace, ex presidente lo è, in questa mattinata elegante e turbolenta fra le ariose vetrate dell’hotel Savoia. Per scelta propria, e aspettando solo di ridiventarlo. Provvede lui a declassare le clamorose dimissioni da presidente, appena date, da svolta epocale a espediente tattico per sciogliere il Cda, fare libro nuovo e liberarsi del personaggio più inviso stampato sulle vecchie pagine. Con Luca Baraldi suo braccio destro ha condiviso una collaborazione quasi complice per 16 lunghi anni, eppure adesso se ne separa, come una coppia che scoppia, e gli rifila stilettate e sciabolate che imporrebbero un capitolo a parte, sunteggiando la mezz’ora larga di pensieri e parole presidenziali. Stando sulla notizia, il designato nuovo ad della Virtus sarà Marco Comellini, bolognese, uomo di conti e di marketing. Il capo dell’area tecnica sarà Paolo Ronci, che dice che su Holiday deciderà Dusko e solo Dusko, fra oggi e domani. Lo schema della nuova governance, risponde a domanda il patron, è stato “condiviso dal socio Gherardi” che però qui non si fa vedere, assiste da lontano e lo showdown l’avrebbe pure rinviato, o forse fatto silentemente abortire. Sarà portato alla prossima assemblea, “che spero venga fatta al più presto”. Entro una decina di giorni, volontà di Massimo. Parole e musica, adesso.
“Ho voluto fare questa conferenza per buttare un po’ di acqua su questo incendio creato artificialmente già da mesi, per far credere che alla Virtus ci sono un sacco di problemi, mentre in realtà non c’è stato alcun problema. Faremo un’assemblea, si eleggeranno nuovi consiglieri, e probabilmente non ci sarà più il dottor Baraldi, anzi non è dottore, il signor Baraldi”. E una, con ripetuti bis. “Serve una ventata d’aria fresca a questa società. Io col signor Baraldi ho un sodalizio sportivo nato tanti anni fa, e sapete com’è andata. Abbiamo vinto una coppa all’anno, non posso che ringraziarlo. Ma tutto a un certo punto finisce. E vale anche per me. Ho ceduto il 50% della parte industriale di Segafredo? Non sono eterno, far entrare un socio capita in tutte le aziende. C’è tanto provincialismo, becero. Non finirò chissà dove, qui continuerò come prima e ditemi o quante società sportive hanno una proprietà così solida, due soci come Massimo Zanetti e Carlo Gherardi. Sui giornali vorrei leggere di basket e non d’altro. Ma avevate qualcuno… riuscivate a carpire notizie in qualche modo. Solo che spesso si destabilizza. L’ultimo giocatore che stiamo prendendo è già stato distrutto, sembra prendiamo una topa morta”.
“La decisione è stata condivisa con Gherardi? Assolutamente sì, sarei un pazzo se non gli avessi parlato di questo. Lui è nuovo nel settore sportivo, era più moderato e chiedeva un’altra settimana. Ma l’abbiamo condivisa e non è un fulmine a ciel sereno. E’ da mo’ che mi lamento con lui. Cosa mi aspetto? Nulla, abbiamo stabilito i budget e gli aumenti di capitale. Numeri di Baraldi, che il budget l’ha già sbagliato quattro volte. Giugno, settembre, dicembre, l’ultimo l’altro ieri, e gli ultimi due con connessi aumenti di capitale. Sui conti, è stato un dolore chiudere la squadra femminile, per soli 700mila euro, decisione non mia, e intanto la faccia ce l’ho messa io”.
“Con l’Eurolega i rapporti li ha sempre tenuti Ronci, anche perché Baraldi non sa l’inglese… L’Eurolega non ha nessun problema con la Virtus, anzi è onorata e contenta che ci siamo. Non penso ci siano problemi, dobbiamo tenere i conti a posto e far vedere che la società è tranquilla. Il palazzetto? E’ la cosa che mi sta più a cuore. Le prime conferenze le abbiamo fatte nel 2019, siamo nel 2025. Quando dissi che avrei fatto il palazzetto a Castel San Pietro, con Gherardi che mi regalava il terreno, capitò il putiferio. Pensavo di aver smosso qualcosa, invece niente. E’ difficile, ci vuole tanta pazienza. Piano piano le cose vengono fatte, io spero di arrivarci e non morire prima, ma sono convinto che ci arriverò, per me è un punto fermo”.
Tutto chiaro? Chiarissimo. E molto bello sarà anche l’articolo dell’amico Fuochi che potrete leggere domani su Repubblica. Intanto è oramai passata la mezzanotte del 29 gennaio, mercoledì, e per cena ho mangiato solo due banane e una pera Decana. E allora scappo a letto dopo avervi detto che mi sono divertito soprattutto nel primo tempo a Trivignano. Dove davanti ai suoi calorosi tifosi, pochi ma buoni, Mestre ha messo in ginocchio Fiorenzuola 91-80 (56-36). Con un primo quarto da 33 punti, il solito Aromando (21 alla fine), il play Rubbini (22), Contento (14 e 9 assist) e Brambilla (15) in serata di grazia. Poi il buon Mattia Ferrari ha scherzato con il fuoco e la generosa piacentina è arrivata anche a 6 punti, palla in mano, a metà dell’ultimo periodo segnando la bellezza di 80 punti come non ci riusciva dalla seconda guerra punica.
Dimenticavo: la Reyer ha finito per perdere di un punto beccando uno straziante 14-0 e incassando 33 punti come Fiorenzola nel quarto quarto. E stavolta Olivetta non può rovesciare tutte le sue colpe sugli infortunati perché aveva ben 15 giocatori a disposizione. E così anche gli ultras non possono stavolta di nuovo prendersela con Casarin, dimenticato da Spahja nel finale, che ha giocato la miglior partita, anche se forse l’unica, della sua disgraziata stagione. Buonanotte e sogni d’oro. No, domani non scrivo della Juve perché come non era difficile immaginare che al palazzetto di Trivignano mi avrebbero detto il risultato del match con il Benfica e quindi, come sapete, non rivedrò domani la partita in registrata già conoscendo l’esito dell’incontro e invece mi gusterò – spero – Barcellona-Atalanta. Come volevasi dimostrare, la squadra di Panna Montata, al quale soltanto l’inimmaginabile perdente di successo John Elkann, peggio di A, non darà un calcio sul sedere, ha beccato due pere cotte pure dalla squadretta portoghese terminando l’assurda prima fase di Champions addirittura in ventesima posizione. Dove incontrerà nei playin Milan o Psv. E poi nei playoff eventualmente Arsenal o Inter come non le auguro. Fischiatissima dagli stessi bianconeri folli e scemi che nella primavera scorsa hanno fatto la guerra ad Acciuga Allegri. Che qualcuno chiamava Ossimoro. Come il quotidiano la Verità del più antipatico e scorretto dei direttori, Maurizio Belpietro. Incredibile ma vero.