Prima di Dalmasson manderei al diavolo i buoni a niente

dal masson

Da dove riparto? Dal Grande freddo, il meno trentadue di Bologna, come nel marzo di trent’anni fa, ma a squadre invertite, o da Massimo Righi, nuovo probabilissimo presidente di Lega, sempre che Luca Baraldi, ad della Segafreddo, rigidamente con due di, non cambi idea, come di solito fa, dalla mattina alla sera? Oppure da Mario(ne) Ghiacci, presidente di Trieste, tanto per non alzare la temperatura polare di oggi, che si è tenuto stretto il Paisà Dalmasson, nella foto, dimostrando che la riconoscenza è ancora di questo basket nel quale i serpentelli e i vigliacchetti hanno invece purtroppo sempre più spesso partita vinta? Vedendo in tivù la seconda parte di Trieste-Cantù di domenica scorsa, non solo a me è infatti venuto il sospetto che qualche giocatore dell’Allianz abbia remato contro l’allenatore mestrino che un anno e mezzo fa ha riportato l’Alma in serie A e la scorsa primavera l’ha trascinata ai playoff da matricola. E invece anche vi sorprenderò, ma, invitandovi a non pensar male, non riparto dal derby che ha raggelato la tremebonda e vile Fortitudo e nemmeno dall’abominevole Trieste che ieri a Trento ha beccato un’altra brutta batosta, segnando solo tre punti nel primo quarto, ma dalla Sottana che non c’è verso che riesca a togliermi dalla zucca. Almeno da quando, non so come, ho premuto un tasto sbagliato del mio personal(issmo) computer e il pezzo sulla peperina capitana della nazionale azzurra, che era già a un buon punto, mi è andato completamente in fumo volatilizzandosi in meno di un decimo di secondo. Evidentemente con le nuove tecnologiche non ci so fare. Anzi, sono proprio negato e difatti, se potessi, scriverei ancora con la penna, l’inchiostro e il calamaio come facevo sui banchi della scuola elementare De Amicis all’ombra della torre dell’orologio di Mestre. Ma quanto sono vecchio? Parecchio. Anche se ho sempre un anno meno di Massimo Zanetti da Villorba, il paron della Segafredo, e quattro di Giannino Petrucci, il presidentissimo federale. Del resto giusto oggi ho compiuto 25.703 giorni di vita. Che non sono pochi. Ora di quell’articolo, più che della Giorgia, mi ero probabilmente innamorato e comunque solo il fatto di non averlo più potuto acchiappare mi ha mandato prima in bestia e poi in tilt oltre che in totale depressione. I giornalisti lo sanno: non c’è niente di peggio che provare a riscrivere un pezzo con le stesse parole che ti sono sparite sotto al naso. Avevo scritto, se non ricordo male, che la pallacanestro non la guarda più nessuno in televisione a parte qualche fanatico come il sottoscritto che su Eurosport player passa le ore per vedere tutte le partite di campionato e così, come mi è successo a Santo Stefano, primo martire cristiano, ovvero non più tardi di ieri sera, mi sono addormentato di brutto, crollando con la testa sul pc, mentre contavo gli orrori al tiro (14, 0/6 da due e 1/8 da tre) della Allianz nel primo periodo a fronte dell’unico canestro segnato (la tripla di Justice) e mi domandavo se, oltre a Elmore e Jones, non fosse il caso di mandare al diavolo anche il resto del quintetto iniziale, cioè anche Peric e Mitchell, e certe facce-faccine-faccette da buoni a niente. Quindi perché dovrei perdere il mio tempo correndo ancora dietro alla Sottana, nata pure lei a Villorba, alle porte di Trevisum, tre facce e tre piazze (Sant’Andrea, del Duomo e dei Signori), che prima ha tirato il sasso, poi ha nascosto la mano in tasca e infine ha giurato di non essere mai stata nell’orto degli ulivi? Difatti ho deciso che mi tornerò ad occupare delle signore del basket nel 2023. A meno che l’Umana di Giampiero Ticchi non vinca nel frattempo uno scudetto che insegue da più anni dei maschi. Che intanto con Ray-ban De Raffaele ne hanno già vinti due. Se invece l’estrosa guardia del Flammes Carolo, nelle Ardenne, non ce l’aveva con Andrea Capobianco dopo la mortificante battuta d’arresto di Cagliari con la Repubblica Ceca, ma con chissà chi, questo non lo deve spiegare a me, che della cosa non me ne importa un accidente di niente, ma semmai a qualche altro. Magari guardandosi bene intorno e possibilmente non smentendo il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che all’incontro-scontro dell’Acqua Acetosa di metà novembre era presente. Dopo di che aggiungo soltanto che al povero Capobianco manca solo che diano anche da lavare tre volte a settimana le scale del Palazzo romano di via Vitorchiano, al civico 113, e poi Petrucci gli ha dato tutti gli incarichi possibili e immaginari per appena 150 mila euro (lordi) all’anno. Lo sapevo. E come mi conosco. Mi sono perso dietro la Sottana e non ho neanche parlato del derby del Grande freddo o dell’Armani schernita dal grande Danny Boy Hackett (28 punti) o della Carpegna Prosciutto che è sulla buona strada per uguagliare il record dell’Aurora Desio che nella stagione 1989-90 di serie A non vinse nemmeno una partita su trenta di campionato, ma adesso per favore non date la colpa a Ario Costa o a Giancarlo Sacco che non ne hanno mezza. Anzi. Ma non si può neanche tirare troppo la corda sperando ogni anno nel miracolo di San Terenzio, patrono di Pesaro. Perché la corda prima o poi si spezza. Così come anche la mia pazienza (con tanti di voi) ha un limite ed è pronta a scoppiare se non oggi forse anche domani.