Non può essere solo colpa dei giocatori e mai di Repesa

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Vi verrà il dubbio, almeno solo il dubbio, che Gelsomino Repesa qualche colpa anche ce l’abbia se l’Armata Armani ha perso dieci partite di fila e tredici su diciassette in Eurolega? O a sbagliare sono sempre e soltanto i giocatori che passano secondo voi più tempo all’Hollywood che al Forum, insomma al night più che in palestra, stritolati dalla tentacolare Milano che è la nuova Sodoma e Gomorra del vizio cosmopolita e in particolare delle scarpette rosse? La domanda è principalmente rivolta ai gesuiti di Sky che si fanno il segno della croce appena gli nomini Claudio Pea e poi magari peccano molto più di me che sono nato per peccare. Ipocriti e scaltri come vi definisce lo Zingarelli, ma non poi così furbi come pensate d’essere se ieri sera avete ciaccolato (o ciacolato?) di pallacanestro per oltre cinque ore sino alle ventitré passate e alla fine vi siete convinti, perché è quel che vi fa più comodo, che l’unico che merita d’essere salvato nell’Olimpia, a parte Giorgio Armani, è il Gelsomino piangente Repesa. Mentre fuori imperversava la tempesta di neve e il vento a raffiche piegava in due le antenne sui tetti imbiancati e scuoteva di brutto le parabole. Al punto che il segnale della tivù di Murdoch andava e veniva a scosse. E così ho visto e non visto il calvario dell’Armani a Mosca pensando che a volte è proprio vero che tutti i mali non vengono per nuocere. Una pena infinita. Un supplizio epocale. Una resa senza eguali. In studio Roberto Marchesi. Ma dove salta fuori questo? Con Hugo Sconochini e Bruno Cerella in versione balneare che, prima dello shampoo gelato, diceva: “Si può anche fare”. Cosa? “Anche vincere”. Ma è matto? E dopo lo ritirata dalla Russia con le suole di cartone: “Non c’è niente di rotto nella squadra. Anzi, stiamo bene insieme, lavoriamo”. E qui m’arrabbio perché non è un lavoro giocare a basket ed essere anche profumatamente pagati per farlo. E’ semmai una fortuna. E una gioia. O mi sbaglio? Anche i sette nani di Biancaneve andavano a lavorare. Però in miniera. Con le pale e il piccone. E non prendevano a sassate un canestro. Come Dragic che è il pupillo di Repesa e l’ha portato a Milano. Adesso è lui sul banco degli imputati. Dove prima sedeva Gentile. E poi a turno si sono accomodati Raduljica, Kalnietis, persino Sanders, forse perché è amico di Alessandro, e ora pure Hickman. Che fai fatica per la verità a guardarlo. E prima ancora sono stati messi al muro Langford e Jerrells, che sta facendo molto bene con Pianigiani a Gerusalemme. O Brooks e Kleiza. Assieme a Hackett, Moss, CamoMelli e Luca Banchi. Mai Cerella. E l’anno scorso Barac, Hummel o Jenkins, che è il playmaker della Stella Rossa tutta serba che ha più del doppio dei punti in classifica della Milano di Cinciarini pur costando un decimo della EA7 del Livi(d)o Proli. Sempre più livido. Mai Gelsomino. Al quale la Gazzetta ieri ha dato cinque e non come minimo quattro se sono fioccati come neve i tre a Raduljica, Dragic e Hickman. “E’ stata una vergogna il nostro primo tempo”, ha confessato Repesa. Perché il secondo cosa è stato? Una sconcezza o un’ignominia? E lui non si è vergognato d’allenare una squadra che non ha orgoglio e dignità, né reazioni dopo i suoi melensi time-out? Una porcheria. Come dicono a Padova. L’Armani è andata a picco prima ancora che Itoudis utilizzasse De Colo e Teodosic ancora convalescenti. Poi la bufera mi ha cancellato fette importanti dell’ignominiosa disfatta milanese nella ghiacciaia (-37) di Mosca e mi sono sentito un uomo davvero fortunato. Al calduccio. Mentre finalmente Bruno Cerella diceva una cosa coraggiosa e intelligente: “Non era Alessandro Gentile il problema di Milano. Tolto lui infatti abbiamo giocato ancora peggio”. Sperando che adesso anche non gli appioppino una multa salata. Ma stia tranquillo, gliela pago io. Dal momento che le stesse cose le vado raccontando da un paio di mesi e tutti mi davano addosso. E’ il destino di Don Chisciotte. Che però è ingrassato di qualche chilo, e ne aveva bisogno, vedendo il favoloso primo quarto del figlio di Nando interamente dedicato a Massimo Oriani, il suo grande accusatore, e a Gelsomino Repesa, il suo carnefice: 13 punti dei 21 segnati dal Panathinaikos, una sola tripla forzata e sbagliata, 6/7 al tiro più un paio di rimbalzi con contropiede. E l’Efes battuto dopo un supplementare solo perché anche Xavi Pascual se l’è dimenticato in panchina. Per la serie: sono proprio tutti eguali questi allenatori d’EuroLega. Uno peggio dell’altro.