Il Dottor Divago, la bella Maria e l’erba di Wimbledon

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Forse non ve l’ho mai detto, ma vado matto per la bella Maria Sharapova. Che a metà pomeriggio ha battuto Coco Wandeweghe in un match molto divertente sul centrale di Wimbledon. Guadagnando dopo un sacco di tempo la semifinale del torneo più prestigioso al mondo che ha già vinto per la verità undici estati fa. Quando aveva 17 anni e in finale castigò proprio Serena Williams. Non c’è niente di più verde dell’erba di Wimbledon e niente di più gustoso che leggerne le storie raccontate da Gianni Clerici. Al quale ho avuto l’onore di passare gli articoli quando ero ragazzo di bottega e di redazione al Giorno. Ero nel mio giardinetto, ha scritto oggi, a bagnare i fiori e ad immaginare il match (di ieri) tra le sorelle Williams. Ora non so quali siano le ragioni per cui il più grande Scriba di tennis che esiste al mondo non sia andato a Londra, ma non vorrei che Repubblica l’abbia fatto per risparmiare. Nel qual caso m’arrabbierei da morire. Nonni materni tessili, paterni vinai, Gianni vive sul lago di Como e compirà 85 anni a fine mese. Il 24 luglio. Leone come me, ma solo in questo gli assomiglio. “Mi piacque subito il mondo degli inglesi, imparai a bere il tè, a dire ready prima del servizio”. Nella Hall of Fame del tennis di Newport, in California, dal 2006, il secondo italiano dopo Nicola Pietrangeli e il primo giornalista in Europa. Non so se mi spiego. “Nel 1956 nacque il Giorno e ci travasammo tutti lì. Una vita con Brera, Giulio Signori, Mario Fossati, Pilade Del Buono. Eravamo amici, goliardi anche, quasi un club, ma lavoravamo duro. L’ho lasciato quando non ho potuto farne a meno: erano alla frutta, con certe firme…”. So con chi ce l’avesse, giuro non con me, ma non ve lo dico per rispetto ai morti. Rino Tommasi lo chiamava il Dottor Divago e penso che miglior soprannome non gli potesse trovare. “Odio le interviste perché è quell’altro che parla. E non io. E allora divago”. Meraviglioso snob. “Sono un ricco che ha vissuto felicemente giocando a tennis. Anche a Wimbledon e al Roland Garros. E faccio il giornalista non per brama di denaro”. Posso confermarlo: mi raccontava infatti che con i soldi che prendeva dal giornale pagava a mala pena i giardinieri della sua villa. “Sono stato il primo ad andarmene dal calcio per disprezzo”. Pure questo è vero. Ha scritto anche come inviato di ciclismo, sci e basket. E giocava a pallacanestro. Andava alle partite con i tappi nelle orecchie: lo infastidiva il chiasso dei palasport e odiava chi lo faceva. Non ha mai sofferto certo d’autostima. Al calar della sera, dopo oltre due ore di battaglia, l’antipatica Serena ha domato l’Azarenka con le trecce e affronterà giovedì in semifinale la bella Maria. Oggi è San Claudio e così mi sono regalato un pomeriggio d’ottimo tennis in poltrona con l’aria condizionata a tutta manetta. Non so allora dirvi se le lancette dell’orologio della Torre siano sempre ferme da quasi un mese sulle otto e 37. Lo scoprirò domani.