Ogni promessa è un debito. Altrimenti sarei un marinaio. E invece sono nato a Venezia, ma con i piedi ben piantati in terraferma. Anche se i piedi non vanno in paradiso. Bello, o no, l’aforisma? L’ho sentito stamattina al mercato del pesce. Come quest’altro. Che è ancora meglio: ho un’idea del paradiso fatta di tutte quelle cose per cui andrei di sicuro all’inferno. Vi avevo promesso ieri: avrei due cosette anche da dire su Stefano Tonut. E sono di parola prima che mi scappi di zucca e vi racconti che sono saltato in piedi sulla sedia quando Keith Langford ha infilato nel canestro del Fenerbahce la tripla del definitivo allungo e del clamoroso successo (73-81) allo sprint dell’Unics Kazan a Istanbul. Mangiando i risi in testa al frastornato Konstantinos Sloukas. Come si dice dalle mie parti e non so se anche dalle vostre. Forse mangiando la pappa in testa. Beh, insomma, ci siamo capiti. Così come avrete senza dubbio intuito che ho tifato per i russi del Tatarstan, una notte di treno da Mosca, e non perché sono comunista, ma per almeno un paio di altre (buone) ragioni. La prima è che preferisco, se posso, star sempre dalla parte del più debole e non come gli ArLecchini della Gazzetta da quella del padrone del vapore o, peggio, del tiranno di Valmontone. E ridagliela. Ma la satira è anche un tortura e difatti, se ogni giorno non stuzzicassi il mio caro Giannino, non starei bene. E invece scoppio di salute. Vi dispiace? La seconda è che Zelimir Obradovic sarà anche il miglior allenatore del mondo, dopo ovviamente Sacripantibus e Ramagli, ma mi sta terribilmente sui coglioni. O dovevo dire palle? Forse, però sarei stato tartufesco come Leo Turrrini, non mi ricordo mai se con una o due erre o anche con tre, tanto immensa è la sua boria. Volevo prendere la scorciatoia e invece mi sono perso per strada dietro a Langford che a Milano ha vinto con Banchi e Hackett il primo scudetto targato EA7 e ha sfiorato le final four d’Europa, ma non è rimasto all’Olimpia perché volevano ridurgli lo stipendio. Il texano dalla colt facile guadagnava un milione e duecento mila euro a stagione, cioè più o meno come oggi Alessandro Gentile. Troppo? Non credo se Giorgio Armani, come ha dichiarato nei giorni scorsi, vuole vincere prima o poi l’EuroLega. Sì, magari tra una ventina d’anni. Quando ne avrà più di cento. E comunque non prima d’essersi guardato bene intorno ed essersi reso conto di quale razza di squadroni sono il Cska di Teodosic e De Colo, lo stesso Fenerbahce di Dixon e Bogdanovic o il Real Madrid di Llull, Randolph e Carroll. Gelsomino, piangente o non piangente, Repesa ha invece tanti buoni giocatori: Simon, Raduljica e – fidatevi – anche Gentile. Finalmente due playmaker di valore: Hickmann e Kalnietis. Un giovane molto interessante come Abass. Che non è però il diciassettenne Doncic del Real. Ma gli manca il vero fuoriclasse che sposti gli equilibri dalla sua parte. Oltre al coraggio di far giocare di più Pascolo e pure Abass. D’accordo, ma non dovevi raccontarci del mulo di Trieste? Me ne stavo sul serio dimenticando. Scusate. Ma sono talmente tanti gli spunti che offre questo magnifico campionato europeo di Jordi Bertomeu che dovrei lasciare che Bau Bau Mann e i suoi cani continuino pure ad abbaiare alla luna, tenendosi strette le loro Coppa fragola o Champions del nonno, e occuparmi durante la settimana solamente dell’EuroLega. Dove l’Unics Kazan di Lele Molin con la doppia-doppia di Langford (28 punti + 10 rimbalzi) e del centro Parakhouski (20+12), che Gas Gas Trinchieri ripudiò da Cantù, ha ieri messo al tappeto l’imbattuto Fenerbahce di Bobby Dixon (7 su 8 nelle triple) dopo aver perso le prime quattro partite con il Barcellona, il Darussafaka, il Cska e il Bamberg in Baviera. Dove tra non molto scenderà in campo proprio l’Armani in un duello già importante per un posto tra i playoff. Anche se siamo appena alla quinta giornata e ne mancano ancora venticinque. Insomma altro basket, altro spettacolo, altro sport. Meglio della regular season della Nba. Almeno su Fox non c’è Ciccioblack Tranquillo che urla. Okay, ma Stefano Tonut? Vi tengo sulle spine per altre ventiquattr’ore. Perdonatemi. Ma un po’ di suspance non fa male. E poi magari ci si diverte anche di più.