14 giugno, sabato Era quasi sera e si moriva dall’afa. Sul palco presentava il suo ultimo libro Concita De Gregorio. Sudava e tossiva. Scusate, ho ingoiato un moscerino, ha confessato sorridendo. Non fa male, anzi, mi hanno detto. Ma continuava a tossire. Forse, di moschini, ne aveva mangiati più di uno. E stava come un fiore. Nella piazza della torre dell’orologio. Che ha scandito le 19 in punto. Dove una volta c’era anche il cinema Excelsior e ora uno stanzone vuoto, vecchio, polveroso. Del Comune di Luigi Brugnaro. Che aveva promesso tante cose e non ha fatto niente. Nemmeno un rifugio atomico. Coi tempi che corrono. Il titolo d’oggi in prima pagina di Repubblica: Israele-Iran, è guerra. Ha scritto uno bravo davvero, Massimo Giannini. Che mi piace ancor più di Concita De Gregorio. Forse. Come in un tragico puzzle, i pezzi della terza guerra mondiale di cui aveva parlato un Papa come Francesco si stanno ricomponendo. Uno a uno. Pure l’Orso Eleni è un cincinin preoccupato. Abbiamo già vissuto abbastanza, gli ho risposto. E anche molto ma molto bene. In giro per il mondo dello sport. Dovunque. Insieme. Persino in Albania. A metà degli anni ottanta. Con la nazionale di Valerio Bianchini. Quando da Tirana non potevi telefonare. E in pieno centro un bus, il nostro, ha rischiato di prendere sotto un paio di tacchini a spasso. Lo giuro: non mi sto inventando nulla. Vincemmo in rimonta. E poi volammo a prendere il charter. Per dettare i pezzi dall’aeroporto di Roma. No, allora non c’erano ancora i telefonini. Per fortuna. E gli azzurri non li chiamavo ancora fricchettoni. Che sarebbero arrivati dopo. Con gli Europei a Karlsruhe, in Germania, dove è nata mia nonna Nina. E Messina che non era ancora il Messi(n)a.
Quanti di voi hanno letto Di madre in madre, ha chiesto Concita. In pochi abbiamo alzato la mano. Bene, ha detto, così vi racconto il libro. Eppure la piazza Ferretto era piena di gente sentada in carega. Seduta sulle seggiole impagliate. Qualche donna anche col ventaglio. Io in piedi. E’ un buon libro di poche pagine: solo 151. Difatti l’ho bruciato in meno di due giorni: nuovo record personale. Questo, tra tanti, è un mio grave difetto. Ovvero leggo poco. A parte i giornaletti. Come la Gazzetta di Urbano Cairo. Dalla quale però prendo spunti quotidiani per i miei pezzi. Di un libro m’intrigano le prime pagine o lo lascio morire sugli scaffali. Quasi intonso. In più non m’appassionano i gialli o, meglio, i noir come li chiamano adesso. E fa molto figo.
A proposito di cellulari. Pagina 14 di Madre in figlia: Lei, mia nonna, appena siamo arrivate a casa mi ha detto amore, staremo benissimo vedrai. Amore, ha detto, che impressione. Mi ha detto sai cosa facciamo? Facciamo che mi dai il tuo telefonino e io lo metto via in un cassetto, qui non ti serve, vedrai. Ci sono tante cose bellissime qui, il cellulare non ti serve: se vuoi parlare con i tuoi genitori li chiamo io dal telefono di casa, questo vedi. Mi ha mostrato un telefono enorme, grigio, al centro di un tavolino. Ha preso il mio cellulare, non so perché gliel’ho dato, non me lo spiego. Mi ha colta alla sprovvista. E mi ha preso anche il carica-batterie.
E qui ci vorrebbero i tre puntini (…). Qui i tre puntini di sospensione ci andrebbero a pennello. Ma Gianni Mura li detestava al pari del punto esclamativo (!). Così come io non posso vedere le virgolette (“ ”). E allora, rispettando la buonanima, niente tre puntini, niente punto esclamativo e niente virgolette. Che Concita De Gregorio non usa mai. E poi mai. Nemmeno nei botta e risposta. Per questo mi piace, anzi la adoro e per questo ho tentato e provo a scrivere a modo suo. Anche a costo di fare la figura della scimmia. Che scimmiotta. Schernendosi. Scriverò semplice semplice. Senza badare passo passo alle ripetizioni che sono la mia stupida ossessione. E non eccedendo, spero, pure nelle virgole (,). Mentre il punto e virgola non so neanche come si scrive. Eppure ho fatto le elementari, le medie, il ginnasio, il liceo e la maturità classica. E in italiano avevo sei.
Mi è appena arrivata la chat del buon Paolo Ronci, grazie mille, con due biglietti di parterre ovest fila 1 posti 17 e 18. Io siederò sul 18. E sul 16+1? Può anche darsi che il posto resti vuoto. Per scaramanzia. Troppa grazia Sant’Antonio. Al quale ieri Padova ha fatto festa come tutti i 13 di giugno. Gara 1 è stata bellissima e chi non la pensa come me peste lo colga. E vada a remengo tenendosi ben stretta la sua Nba. A parte gara una di finale tra Oklahoma e Indiana. Vinta da Indiana di un solo punto, quanto basta, dopo essere stata sotto per 43 minuti, 59 secondi e sette decimi. Una libidine. Ma solo perché tifo per i Pacers di Haliburton. I quali stanotte hanno però perso 111-104 in casa, a Indianapolis, e così la serie adesso è due pari. Ma non è ancora finita. Spero. Se invece siete arrabbiati con me perché vi ho rivelato il finale di gara 4, non avete capito un tubo. L’ho fatto apposta e vi ho in fondo risparmiato stasera gli incomprensibili commenti e le sguaiate urla in registrata di Ciccioblack Tranquillo: dovreste così solo dirmi grazie. Prego.
Anche Alessandro Mamoli e Davide Pessina sono andati negli States. Su e giù da Oklahoma City a Indianapolis. Senza aprir bocca. Senza dire una sola parola. Senza fare mezzo commento. Sarebbero stati insomma molto meglio a casa loro. Mentre a Bologna per il girone degli Europei femminili con Serbia, Slovenia e Lituania, pare fortissime, Sky manderà forse solo Geri De Rosa. Anche se in pochi vedono comunque l’Italia in televisione. Specie su Sky. Forse Giannino Petrucci che giovedì è stato brutalmente contestato dalla curva più gentildonna delle vu nere. Mentre l’altra spacca i timpani solo battendo le mani. Sky non sarà mai la mia mamma come era una volta la Rai. Prima che finisse nelle grinfie della Meloni. Mara Venier è invece mia zia. Mestrina e non veneziana. Come Mara si vanta. Anche se ha un figlio che do boto (tra poco) avrà sessant’anni. Il boto del Rio delle Amazzoni in Brasile è invece per tradizione un tritone che seduce e mette incinta le donne. Lo sapevate? Non è importante. Credo. Ma potrei sbagliarmi.
Farà caldo assai stasera alla Segafredo Arena. Dove diranno che Brescia non potrà mai giocare meglio che in gara1. Come del resto Shengelia: 21 punti nel primo tempo, 8 su 8 al tiro e 5 su 5 dalla lunetta, 29 di valutazione. Quindi la Virtus vincerà anche gara due? E’ probabile. Dalla sponda bresciana fanno invece sapere che Brescia non avrebbe perso gara 1 se Ndour non si fosse fatto male nel terzo quarto. E’ possibile. Maurice Ndour è fortissimo e si è procurato una lesione muscolare di primo grado all’adduttore della gamba destra. Dunque, a meno che a Peppe Poeta non riesca un altro miracolo, l’ala-centro senegalese non sarà stasera sul parquet. Quindi la squadra dell’ottimo Dusko Ivanovic, in barba a Luca Banchi, che non piaceva a Massimo Zanetti, andrà sul 2-0 nella serie. Però intanto a Brescia faranno Poeta santo ancora da vivo. A patto che la brava gente si ricordi sempre che al tecnico montenegrino mancherà il preziosissimo Achille Polonara sino al prossimo autunno e forse anche Will Clyburn che non è proprio l’ultimo della pista come pensano in molti all’ombra della torre degli Asinelli. Dove ha casa Renato Villalta. Al quale potrei regalare il mio secondo biglietto se non è riuscito a procurarselo. Ma sarà sicuramente in spiaggia. O forse in Sicilia. Non mi ricordo.
Anche qui non ci starebbero male i tre puntini. Ma non vorrei che Gianni si rivoltasse nella tomba come il caro Alì Babà Celada quando ha saputo che Olivetta Spahija è stato riconfermato alla Reyer da Casarin all’insaputa di Brugnaro. Così si spera. E così dicono. Mentre, pur scrivendo per una volta più veloce della luce grazie alla splendida Concita, ho fatto di nuovo tardi e devo scappare se non voglio arrivare al palazzo come l’altra volta mentre cantano l’inno di Mameli. L’autostrada per Bologna è un inferno. Per non parlare della strade di Bologna incasinate dai lavori per il tram. L’articolo quindi non solo mancherà della foto, visto che il mio blogger è andato al mare di Jesolo Lido, beato lui, ma anche non potrò sviluppare il titolo che avevo preparato: Basta con questa Banda Osiris che sostiene Gherardini. Il Maurizio forlivese che Ciccioblack e Iena Ridens, Andrea Bassani, nonché il Messi(n)a vorrebbero presidente della Lega Basket. Ma mi facciano un piacere. Si sta così bene con Umberto Gandini. E poi, dopo aver vinto l’Eurolega con il Fenerbahce e Nicolò Melli, Gherardini mi ha confessato che vorrebbe andare finalmente in pensione nella sua villa di Treviso. Mi credete? No. E per una volta fate bene. Ma se ne riparla. Promesso. Magari lunedì mattina. Se mi promettete che leggerete Di madre in figlia. E la nonna Marilù che abita in cima a un’isola: sotto c’è il villaggio e in mezzo il bosco. E ha sequestrato il cellulare a Adelaide, che si fa chiamare Adè. E Dio solo sa quanto bene ha fatto. E le ha fatto.