Armani in bolletta e così Gentile gli regala i suoi premi

mendicante

Mi ero quasi dimenticato che stasera giocano le scarpette rosse. Contro lo Zalgiris mi pare, ma non è importante. Perdano o vincano: cambia niente. Gelsomino resta. “Perché nessuno mi ha mai mandato via”, racconta. Sperando che almeno non gonfi il petto e non gli salti l’ultimo bottone della giacchetta. Che gli sta stretta. Tanto stretta. Ma Milano è in bolletta. Mi è toccato sentire anche questa. E un completo di una taglia in più, e per giunta firmato Giorgio Armani Privè, costa. Non dico l’occhio della testa, ma almeno quanto la mia pensione. Stasera vado a Treviso. E ci sarei andato lo stesso anche se mi fossi ricordato in tempo della partita d’Eurolega al Forum. Della EA7 si è già scritto tutto. Anche troppo. E non sempre la verità. Per esempio che Giorgio Armani non sarebbe stato d’accordo di dare un bel calcio sul sedere a Alessandro Gentile. “Cosa avrebbe mai fatto di così grave il ragazzo?”. Ha domandato. E gli hanno risposto che una volta non aveva indossato la divisa d’ordinanza, un’altra aveva dato un calcio al cestino dello spogliatoio e una terza aveva fatto un po’ tardi la notte. “Tutto qua?”. Veramente si è messo anche le dita nel naso in televisione. “Come Davide Pessina?”. E si è pure mangiato la caccoletta. “No, questo no: è terribile e imperdonabile”. E difatti l’abbiamo cacciato. “Ma non bastava anche solo multarlo?”. Quello che penso anch’io. Ma quel che penso io non conta. Corro allora a leggere la vostra Bibbia. Cioè la Gazzetta. Sulla quale è da qualche giorno che scrive con una certa continuità Massimo Oriani. Che è il più autorevole di tutti. E non perché è il capo del basket. Con Oriani non sempre sono andato d’accordo. E non potrebbe essere diversamente: lui è rossonero, stravede per la Nba e non gli è mai piaciuto Alessandro. Quindi. Però, a differenza degli ArLecchini che gli stanno intorno, e che gli danno – credo – pure fastidio, va diritto per la sua strada, giusta o sbagliata che sia, e onestamente non regala niente a nessuno. Difatti l’ha già chiamato “un fallimento” il progetto di Proli basato su Repesa e Gentile. Anche se Milano dovesse rivincere SuperCoppa, Coppa Italia e campionato. E pure oggi ha insistito: “Il presidente ha deciso di non decidere: ovvero non esonera l’allenatore, d’accordo, ma almeno si liberi del peso morto Raduljica”. Se Raduljica giocasse a Reggio Emilia, la GrissinBon vincerebbe lo scudetto. Questo non riuscirà mai nessuno a togliermelo dalla zucca. Come del resto a maggior ragione con Gentile e Pascolo dalla parte di Max Chef Menetti. Ma quel che penso io non conta. Lo ripeto. Nemmeno se affermo che il Mago Bargnani è una palla al piede molto più pesante del gigante croato con il barbone e i tatuaggi. E allora passo al Currierùn che, quando il calcio è in vacanza, dedica volentieri anche mezza pagina alla pallacanestro di cui mezza redazione è appassionata e (abbastanza) competente. E comunque sono più in sintonia con Roberto De Ponti che con Max Oriani. De Pontibus poi è pianigiano doc come il vostro scribacchino e la testa di Gelsomino l’ha chiesta da tempo e non oggi. Perché adesso è facile, maremma maiala, dare il Cinghialone in pasto ai porci mentre sino a un mese fa Mamma Rosa era tutta schierata contro Ale e scriveva che era il figlio di Nando la mela marcia nel cestello dell’Orso Yoghi. Santa pazienza. Avrei voluto parlare d’altro. Milano mi ha infatti anche stufato. E al Palaverde mi aspetta una partita sulla carta appetitosa: Treviso contro Piacenza, la seconda contro la terza dell’A2. Ci vado anche perché ho saputo che il Pilla Pillastrini è stato male. Per forza: non aveva mai visto Fantinelli e compagni giocare così da cani come a Udine nell’antivigilia di Natale. Nulla di grave. Solo un mancamento in panchina e allora lo voglio abbracciare. Se ce la faccio. Di cuore. Mentre vi racconto ancora una cosa sulle scarpette rosse: l’ultima, lo giuro, e poi non le tirerò più fuori sino all’anno venturo. Ad un certo punto era saltato l’accordo tra il Panathinaikos e l’Armani per il prestito di Gentile perché Milano aveva chiesto altri cinquantamila euro oltre a quelli già pattuiti e i greci si erano molto arrabbiati e irrigiditi. E’ dovuto così intervenire Alessandro per sistemare la faccenda. Come? Dicendo al padre che lui ci teneva comunque a giocare ad Atene e quindi di rispettare la parola data. E per questo rinunciava di tasca propria, come ha già fatto alla Benetton cinque anni fa, ai premi che gli spetterebbero qualora l’EA7 vincesse la prossima Coppa Italia e lo scudetto. Non ci potete credere? Nemmeno io. Però alla leggenda metropolitana dell’Armani in bolletta comincio davvero a farci un (serio) pensierino sopra.