E’ pronta per l’Inter la minestra riscaldata: Mourinho

CLAUDIO

Una mattina, nella quale avrei anche potuto poltrire chissà sino a quando, è suonata la sveglia. Che mi ero dimenticato di spegnere. O, meglio, sono crollato dal sonno mentre sentivo parlare in tivù Carletto Ancelotti. Cacciato sabato sera come un cane dal campo di San Siro, che è stata a lungo la sua reggia, sul finire di una partita abbastanza noiosa che il Milan avrebbe meritato probabilmente di vincere e che è piaciuta solo a Sconcertino Sconcerti. Al quale nessuno osa consigliare d’andare finalmente in pensione. Dove si sta molto meglio di quel che lui pensa. Glielo assicuro. Non fosse altro perché uno è padrone di fare quel che vuole. Soprattutto di scrivere sul blog (vedi foto) la prima cosa che ti passa per la mente. Quando mi pare e piace. A qualsiasi ora del giorno e della notte. Per esempio dormo felice, come un angioletto, con la classifica della serie A sul comodino e lo posso adesso confessare senza dover chiedere a nessuno il permesso. L’Intertriste a 19 punti dalla Juve. E non è ancora finita: siamo appena alla seconda giornata del girone di ritorno. E sorrido perché sotto l’ombrellone quest’estate avevo letto Sconcertino che cazziava Spalletti che pure è un suo amico. Al quale rimproverava di non riconoscere che i cinesi gli avevano confezionato l’anti Juve e gli avevano rifatto più di mezza squadra con gli acquisti di Nainggolan, Lautaro Martinez, De Vrij, Vrsaljko, Asamoah, Keita e Politano. E le conferme di Perisic, Icardi e Brozovic che tutti volevano. Nonché di Handanovic, Vecino, Miranda, Skriniar e Borja Valero che non erano e non sono carne da macello. Forse sarebbe bastato trattenere Joao Cancelo e Nicolò Zaniolo. E magari cambiare il manico. Ma questo non l’avrebbe mai potuto scrivere la prima firma del Corriere. Né lo potrà mai dire il tronista di Sky sempre più gonfio (di se stesso): Paolo Condò. Che sviolina qualsiasi allenatore abbia di fronte e arriverebbe a parlar bene, oltre che di Mourinho, anche di Renato Vallanzasca. Che in fondo è stato condannato a solo quattro ergastoli e 295 anni di reclusione. Lucianino però a ferragosto si fece coraggio e a Mamma Rosa ammise: “La bicicletta ce l’ho, ora bisogna che pedali. La Juve non ha già vinto e per lo scudetto c’è anche l’Inter”. Difatti ce ne siamo accorti sin dal primo giorno: Sassuolo-Inter 1-0. Peccato che si sia poi subito rotta la catena della bici e che pure Sconcerti abbia ieri lasciato a piedi Spalletti: “C’è una confusione cieca tra la squadra e la panchina, come non si ascoltassero a vicenda”. Adesso Perisic vuole andare via. Magari all’Arsenal. E pure il Ninja e Miranda. Mentre Marotta già non ne capisce una sega di queste scatole cinesi e non ha Paratici che lo accompagna a far le spese al supermercato. Il Napoli è a 11 punti dalla Juve. L’anno scorso di questi tempi, cioè alla 21esima giornata, ne aveva uno più dei bianconeri e sei più di oggi: quindi Marx Sarri è molto meglio del Carletto? Può darsi, ma non ditelo a Dio Aurelio che vi potrebbe fulminare all’istante. Il Napoli a San Siro non ha fatto male a un moscerino. Eppure Ancelotti ha schierato Callejon, Mertens, Milik e Insigne tutti e quattro insieme appassionatamente dal primo minuto. Lasciando disperati in mezzo al mare Fabian Ruiz e Zielinski. Queste monate, come si dice dalle mie parti, alla viva il parroco le faceva una volta Mourinho che è stato cacciato dal Manchester United una settimana prima di mangiare il panettone di Natale. Da quel giorno però i Red Devils di Gunnar Solskjaer non hanno più fallito un colpo e di colpo Paul Pogba è rinato. Insomma lo Special One pare ormai bollito al punto giusto per tornare alla Beneamata e diventare la minestra riscaldata più cara al mondo. Veramente Marmotta preferirebbe il Conte Antonio a Mourinho, però è anche vero che Lucianino ha un contratto che scade nel 2021 e Conte un caratteraccio che si sopporta al massimo un anno. Le grandi Torino e Fiorentina (30+30=60) fanno insieme un punticino in più (59) dei campioni d’Italia da sette barra otto stagioni. Quindi di cosa stiamo parlando? Difatti gli illustri corsivisti di Repubblica ci hanno ormai rinunciato. Solo Sconcertino non s’arrende e insiste: “Ma la Juve non meritava di battere la Lazio”. D’accordo, ma se anche avesse perso all’Olimpico (su autorete) cosa sarebbe cambiato? Niente. Mentre Marchegiani e Caressa in carrozza sono stati visti nella notte sul lungo Tevere con una grossa pietra al collo: non vorrei che si volessero buttare nel fiume. Domenica sono stato a Sant’Elena dove ho rischiato di morire dal freddo per resistere a vedere sino all’ultimo secondo il più agghiacciante dei derby della storia tra Venezia e Padova, ma ne è valsa comunque la pena perché proprio tre minuti oltre il 90esimo dal dischetto Di Mariano ha battuto il portiere bianco-scudato regalando l’immeritata vittoria, e per questo più gradita ancora, alla squadra neroverde di Walter Zenga. Che alla fine l’ha sparata grossissima: “E’ stata una splendida partita”. E nessuno gli ha detto niente perché c’è poco da scherzare con l’Uomo Ragno che è secondo nella storia degli eroi dei fumetti solo a Superman e Batman. O, meglio, terzo. Come la sua Inter. A diciannove punti dalla Juventus.