Emilio Fede a Cortina e i finferli dalla Russia in Cadore

fede

I brutti pensieri, più che scacciarli, li schiaccerei proprio. E difatti mi taglierei un mignolo piuttosto che scrivere un rigo della pallacanestro che mi è scesa sotto i tacchi dopo la Caporetto del preolimpico di Torino e non potrei che parlarne male. Ma gli amici insistono. Pregandomi a mani giunte. E allora li accontenterò. Prima o poi. Magari questo pomeriggio. Specie se la pioggia continuerà a picchiettare sul tetto del fienile e a farmi compagnia tra i boschi del Cadore. La radio accesa su Radio Cortina e la calda voce di Nives Milani:  il quattro agosto al Grand Hotel Savoia ci sarà Emilio Fede. Che presenterà il suo ultimo libro “Se tornassi ad Arcore: il bilancio di una vita da direttore”. Giovedì prossimo, alle 11: un aperitivo con l’autore. Non potrò mancare per nessuna ragione al mondo. Domani andrò invece allo stadio olimpico del ghiaccio: c’è la nazionale azzurra di hockey contro una formazione russa della lega maggiore. Alle 19. Ho sempre avuto una gran passione per questo sport di uomini forti. Decisi e scattanti. Sin da quando mia madre mi teneva ancora per mano e si raccomandava che non prendessi freddo. Anche d’estate. E mi dava il plaid da tenere sulle ginocchia. Ma perché vi racconto i fatti miei? Perché questo è il mio angolo di scacciapensieri. Dove ho il piacere di scrivere la prima cosa che mi viene in mente sfogliando i giornali del mattino. Dal Corriere delle sera Amanda Lear si confessa. Claudia Schiffer mi disse: “Bello il tuo libro, chi te lo ha scritto?”. E io: “Grazie cara: chi te lo ha letto?”. Il libro era La mia vita con Dalì. Domani me lo compro. Oggi ho chiesto al fruttivendolo di San Vito, onesto e unico: da dove vengono questi finferli che non hanno profumo? Dalla Russia. E questi mirtilli senza anima? Dalla Slovenia. Eppure vanno a ruba. Che meraviglia! E qui ci vuole il punto esclamativo: stavolta non posso proprio farne a meno. Al giovedì non mi perdo mai il Doctor Chef sulla Stampa. Federico F. Ferrero scrive molto bene: l’ho già detto, ma non guasta ripeterlo. “Tra le muse della dieta mediterranea, mi dispiace, non c’è la carbonara”. E nemmeno la pizza che Guardiola ha vietato ai suoi giocatori del Manchester City. Forse perché una volta dopo un tempestoso United-Arsenal, come ricorda l’amico Enrico Franceschini su Repubblica, l’irrispettoso Fabregas centrò la camicia bianca di sir Alex Ferguson giusto sul petto con un trancio di pizza margherita. E sono trentatré righe. Però un’ultima cosa la voglio ancora dire: proprio sir Alex Ferguson sarà anche una leggenda per Massimo Marianella o un mito per Nicola Roggero, ma bocciò il diciannovenne Paul Pogba e lo cedette alla Juve per un milione di euro o poco più. Ora lo stesso Manchester, quattro anni dopo, se lo riprende per 115 milioni d’euro (puliti) o poco meno. E poi il pirla sarei invece io.