Chi è il più bravo allenatore? Io lo so, ma non ve lo dico

kaukenas

Sono tutti bravi. Per carità di Dio. Ma chi è il più bravo di tutti? E qui tentennate. Allora vi aiuto io. Che non ho dubbi. E da tempo. Vive in campagna e della campagna annusa gli odori, anche acri, che arrivano dalle stalle. Sente i rumori nella notte senza luna. Vede il capriolo che esce timido dal bosco e vorrebbe correre ad accarezzarlo. Sa dove si nascondono i fagiani. Laggiù dove l’erba è alta e incolta. Ed è preoccupato perché sono tre giorni che non si fa vedere la civetta. Che lo guarda con gli occhi spalancati ed è il suo portafortuna. Poi ti prende per mano e t’accompagna a guardare le cicogne che in cima all’albero si sono costruite un nido talmente grande che è una mansarda. Come mi suggerisce l’amico Nico. Non gioca a fare il fenomeno, né si dà delle arie, né pensa d’essere il migliore del nostro campionato. Anche lui sbaglia, pure lui è superstizioso, anche lui ha il suo carattere. Ma se un giorno per sbaglio gli andasse male con il basket, non ne farebbe un dramma e di sicuro non cadrebbe in depressione. Magari aprirò una gelateria, mi racconta e gli credo. Ha una bella famiglia e una bimba per la quale ha mille attenzioni. D’estate va in vacanza una settimana a Grado e due in montagna. In Val Pusteria. In un posto tranquillo. Con i genitori. Funghi e lamponi. Deve ancora finire di pagare il mutuo della casa, ma non ne fa un’ossessione. E’ una persona semplice, senza grilli, che mi piace. Probabilmente lo avrete già capito. Però se dico che è il più bravo, forse non lo aiuto e men che meno mi credete. Ma non importa. Questo gli dovevo dire e glielo ho detto. Brindando a lambrusco. Lassù alla trattoria del Cacciatore. In collina. Tra i vulcanetti del querciola. Con il sole. Dove lui spesso s’arrampica in bici. Rompendo per un giorno la dieta con un bel piatto di tagliatelle al ragù fatte con amore. Favolose. Parlando anche di pallacanestro, ma pure d’altro. Perché in fondo non è molto tempo che ci conosciamo: solo un anno. O poco più. E in un anno ne sono successe di cose. Due finali di fila intanto. E uno scudetto perso all’ultimo tiro dall’inferno. Un mare d’infortuni, eppure neanche un pianto. A dimostrazione che si può anche vincere senza frignare. Come il Gelsomino piangente, il suo prossimo avversario. Certo gli dispiace, e molto, che Stefano Gentile non possa giocare la finale alla quale teneva tanto. Contro il fratello più piccolo e più famoso. E anche a me è venuta una stretta al cuore vedendolo girare ieri sera per i tavoli del Paprika in festa reggendosi e zoppicando sulle grucce. Mentre chiacchieravo con il suo grande padre che quest’anno, grazie ai figli, ha vinto comunque tutto: Super Coppa, Coppa Italia e scudetto. O con Alessandro o con Stefano. Almeno lui non fa differenze. Dell’ultimo duello tricolore avremmo modo di parlarne insieme di qui a venerdì. Quando inizierà la sfida tra l’Armata di Armani e la Grissin Bon dei miracoli all’italiana. Che recupererà Vladimir Veremeenko. E così David affronterà Golia con qualche muscolo in più e non solo con l’ingegno, la furbizia e la fionda. Intanto, come immaginavo, per gara 3 e 4, e forse 6, Reggio Emilia non si muoverà dal PalaBigi che è il palasport della vergogna rossa e della dimostrazione che nelle città del BelPaese può governare male la destra come la sinistra. La Gazzetta aveva parlato d’un esodo di massa a Bologna: PalaDozza o Unipol Arena, c’era solo l’imbarazzo della scelta. Ma la presidentessa, Maria Licia Ferrarini, si è opposta e, per quanto possa valere il mio parere, non riesco a darle torto. Al PalaBigi si sono giocate quattro belle e accese corride con Avellino che ha tifosi più caldi di quelli di Milano. Che contestano ad ogni partita Proli e Portaluppi. E francamente non ne capisco la ragione. Anche se conosco le vecchie ruggini. Ricciolino Della Valle è molto carico e ha dimostrato d’avere le palle. Oltre che un gran talento. Pietro Aradori ha dedicato questa finale ai veneziani che non l’avevano compreso. E anche qui sto con lui. Achille Polonara ha definitivamente cancellato le due elle dal suo cognome. Il timido Andrea De Nicolao da Camposampiero, provincia di Padova, si pizzica una guancia e si domanda: sogno o son desto? E’ tutto vero. Sono i magnifici ragazzi italiani di Reggio in Emilia e sarà difficile non fare il tifo per loro. Mentre Rimas Kaukenas sfoglia la margherita: smetto o non smetto? E qui gli rispondo io, se posso: chiudere una fantastica carriera con lo scudetto e un’altra Olimpiade sarebbe il massimo dei massimi. Perché il lituano andrà a Rio de Janeiro. Forse anche insieme a Darjus Lavrinovic. Dulcis in fundo la news del giorno. Perché il vostro pennivendolo perderà anche il pelo, ma mai il vizio. A domani. E copiate pure.