Stavolta a Scola vanno i francesi: argentini per l’oro

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Non è un periodo particolarmente fortunato. Passerà, mi conviene pensare. E, comunque, cose da poco. Mercoledì avevo appena finito di cantare le lodi alla Francia quando mi si è bloccata la tastiera del pc e così ho perso trequarti del pezzo che non avevo salvato e che, ovviamente, era un capolavoro assoluto. Ieri non riuscivo più ad uscire dal tubo della Tac: si era rotto il carrello e quindi mi hanno dovuto tirare fuori trascinandomi per i piedi come uno stoccafisso. Oggi stavo gustando la semifinale del Mondiale di Cina tra Spagna e Australia quando si è interrotta la registrazione della partita sul più bello. Ovvero sul 78 pari a due minuti dalla fine del supplementare. E’ fattuale insomma, come direbbe Vittorio Feltri, che con le nuove tecnologie non ci vada troppo d’accordo. Del resto appartengo alla generazione degli articoli che si dettavano ai dimafoni magari da una cabina telefonica nel deserto come mi è successo dal poligono del tiro al piattello durante le Olimpiadi di Los Angeles nel 1984. Del resto non erano ancora stati inventati i cellulari e i personal computer. A volte si dava anche a braccio e si scriveva a mano. E si stava molto meglio di adesso: su questo non ci piove. Garantito al limone o, se preferite, al lampone che fa ancora meglio. Mia nonna tedesca, adorabile persona, forse perché aveva conosciuto due guerre, mi ha insegnato che non si butta mai via nulla ed è per tale ragione che ora vi ripropongo pari pari l’inizio del pezzo datato 11 settembre. Che già doveva essere un campanello d’allarme.  “Non ho fatto i salti sulla poltrona perché le partite di basket non finiscono più. Ma mi sono goduto il tramonto degli dei come quello del sole sul mare dalla battigia. Lentamente. A piccoli sorsi di felicità. Tiro libero dopo tiro libero di Nando de Colo. Che ne ha sbagliato uno chissà perché, ma ne ha pennellati altri sette. 84-78 a 53’’ dalla sirena. Kemba Walker dalla lunetta completa il suo disastro e ne infila invece solo uno su tre. Poi gli Stati Uniti del santone Gregg Popovich non segneranno più. Spenti, avviliti, pasticcioni, increduli. 89-79 per la Francia di Vincent Collet che ha una faccia da francese che più di così non si può. Viva la France. E chapeau a Rudy Gobert, 21 punti e 16 rimbalzi, nella foto, che li ha stoppati tutti i stelle e strisce. Buon ultimo Donovan Mitchell, l’unico che ha giocato da Nba. E tanto di cappello pure a Paperoga Crespi che l’aveva detto prima e non dopo la sfida dei quarti di finale che è stata anche l’ultima telecronaca di Paola Ellisse: “Se mi è rimasto un euro in tasca, lo punto sulla Francia”. Bravo con la o accentata e il punto esclamativo. Come sarebbe tempo e ora di chiamare Pierre Cardin con il suo vero nome e cognome: Pietro Cardin e non Carden. Perché se è vero che il grande stilista è emigrato a tre anni, e oggi ne ha novantasette, con i genitori a Saint-Etienne, resta il fatto che è nato a Sant’Andrea di Barbarana, frazione di San Biagio di Callalta, in provincia di Treviso. Così come sbagliavo a chiamare Frank Ntilikina per comodità Varechina o Candeggina visto che il ventunenne due metri dei Knicks, deriso nella Grande Mela, con due triple e una schiacciata ha firmato prima l’aggancio sul 76-76 e poi la fuga decisiva del più 6 nei minuti finali”. E qui la tastiera non ha più dato segni di vita. Mentre ho appreso dalla riserva indiana di Valerio Bianchini che la Spagna dopo non uno, ma due overtime ha piegato l’Australia. Questa fumata bianca ha infatti lanciato all’ora di pranzo il grande Vate ai visi pallidi: “Mai avrei pensato immaginato che una semifinale mondiale potesse essere decisa dalla difesa “box and one”. Sergio Scariolo archeologo del basket: le buone idee non muoiono male”. Come la zonaccia degli argentini che nei quarti ha mandato in confusione Sasha Djordjevic e i suoi fortissimi serbi. Su tutti Marc Gasol, 33 punti, ma Patty Mills (32) e gli altri canguri sono saltati in aria nel secondo supplementare quando il magnifico minorchese con un poker di elle nel cognome, Sergio Llull, ha sganciato due terrificanti bombe che hanno centrato il bersaglio grossi. Tutti di nuovo a Scola invece nell’altra semifinale senza suspance. A scuola anche i francesi, traditi da Nando de Colo, solo 11 e non da Varechina, pardon Ntilikina, 16. Per Luis Alberto Scola Balvoa, classe 1980, addirittura 28 punti. Per lui il tempo si è fermato. Per la storia la corsa all’oro di Cina, che è più prezioso di quello del Giappone, che da noi infatti si chiama ottone, sarà così Spagna-Argentina. Chi l’avrebbe mai detto? Nessuno. Nemmeno Paperoga.