Se Crespi vi aveva insultate, dovevate dirlo a Giannino

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Mi sono perso Raffaella Masciadri da Gramellini su Raitre, ma neanche posso veder tutto nel weekend e nei giorni successivi, altrimenti divento pazzo incollato davanti al televisore e poi anche per me dovete ordinare la camicia di forza. E comunque al lunedì c’è Oscar, l’Orso Eleni, che nell’Indiscreto m’illumina e mi racconta quel che non ho potuto nemmeno registrare. Nonostante Sky Q mi dia sempre la possibilità di memorizzare contemporaneamente quattro eventi e di seguirne in diretta un quinto. Ma ancora non mi basta dal momento che, oltre al basket e al calcio, sono un appassionato di golf e durante l’inverno di tutti gli sport della neve. In primis di quello con gli sci stretti e lo schioppo in spalla. Che si chiama biathlon e non Giochi senza frontiere come sostengono i poveri scemi. E non ridete, vi prego, se mi sono innamorato di Dorothea Wierer, leader di Coppa del Mondo, o di Lisa Vittozzi da Pieve di Cadore che ha addirittura cinque anni meno della bella di Rasun ai piedi d’Anterselva. Così come ero un fan di Nathalie Santer ai tempi di Manuela Di Centa, la Principessa di Paluzza, o di Deborah Compagnoni, oggi signora Benetton, entrambe pluricampionesse olimpiche. Pure parlando di pallacanestro femminile magari fate le smorfie e vi mostrate infastiditi, ma vi sbagliate perché anche questo è un mondo che mi piacerebbe conoscere più a fondo se solo una giornata durasse non dico quaranta ore ma almeno ventotto. E poi lo sapete quel che pensano di me in giro: bravo, forse, ma sicuramente lento. Da morire. “Ci voleva testa e classe per non passare da Melania la lagna” ha scritto di Raffaella Masciadri l’Orso che è invece più veloce della luce quando compone e nemmeno si rilegge per la fretta che ha di finire. Mentre nel frattempo io non ho ancora buttato giù più di tre righe che non mi hanno convinto e allora ho ricominciato il pezzo daccapo. Peggio di un parto gemellare. Probabilmente Massimo Gramellini (nella foto, ndr) da quel po’ che lo conosco, e credo di conoscerlo abbastanza bene, non è un buonista come Fabio Fazio che l’ha lanciato in televisione, ma avrà cercato in tutto i modi di far dire alla Masciadri, 14 scudetti e 192 presenze in nazionale, 38 anni e 17 di canestri in azzurro, quello che la capitana non ha voluto sussurrare ad un orecchio neanche al presidente federale sul conto di Marco Crespi, il cittì cattivo più del Lupo Ezechiele, al quale molto somiglia, che non le ha fatto giocare dispettosamente nemmeno un secondo della sua partita d’addio a La Spezia contro la Svezia. Difatti potete condirmela con tutte le salse che volete, ma Giannino Petrucci era stato chiarissimo: “Se Raffaella o chi per lei ha qualcosa da dire su Crespi e su qualche suo comportamento sbagliato in seno alla nazionale, si faccia pure avanti che prenderò i provvedimenti del caso”. In parole povere: se vi ha usato violenza verbale o vi ha insultato a sfondo sessuale, lo caccio subito. Il silenzio invece è stato di tomba e allora anche le accuse generiche di Stefania Passaro, un’altra leggenda dell’Italia del basket, sono sembrate sparate in aria o nel mucchio. E quindi sono passate giustamente in cavalleria. Perché o si fanno nomi e cognomi o non s’impianta un casino del genere sul Curierun di Cairo scomodando anche la cronaca e men che meno Le Parole della settimana della Gramella che becca pur sempre lo stipendio (alto) da Papà Urbano. Che poi il mio Paperoga senza offesa sia un matto(cchio), questo non credo di dovervelo ricordare un’altra volta e comunque è risaputo anche oltre oceano. Con tutta la mia proverbiale calma sono andato infatti a pescare un’intervista molto divertente che Garrett Temple, oggi star dei Memphis Grizzlies e sette anni fa guardia della Junior Casale allenata proprio dall’opinionista della Nba al fianco di Ciccioblack Tranquillo, ha recentemente rilasciato al sito Hoopshype. “Quando ho giocato in Italia durante il lockout, la parte peggiore di quel basket è stato il coach che era completamente pazzo. Pretendeva molto e mi lanciava maledizioni senza sosta. Parlava inglese, ma, se non lo avessi conosciuto, avrei detto che quelle maledizioni fossero le uniche parole inglesi che sapeva. Quando un allenatore europeo cerca di motivare uno dei suoi giocatori non trova niente di meglio che chiamarlo pussy. Cioè fighetta in italiano, ndr. Ebbene Crespi mi chiamava pussy almeno cinque volte a partita e così lo mandavo spesso in quel posto. Era davvero matto e sempre agitato. Ad un certo punto dovevamo giocare un match che sarebbe stato trasmesso in diretta televisiva. Alcuni miei compagni di squadra mi misero allora in guardia: “Preparati perché impazzisce ancora di più quando è in tivù”. Ed infatti accadde che un arbitro fischiasse un fallo che non gli era piaciuto e quella fu l’occasione perché lui avesse uno scatto d’ira come quelli che di solito hanno i bambini di tre anni quando fanno i capricci: stava disteso con la pancia a terra e, urlando a squarciagola, tirava pugni e calci al parquet. Il fatto sarà durato almeno cinque secondi e da quel giorno questa è stata la cosa più selvaggia che abbia mai visto fare nella mia vita da un allenatore. Tanto che ancora non ci credo”. E invece è proprio tutto vero. Come vi potrebbero confermare anche a Siena. Dove presto si abituarono a queste sue (fuori)uscite. Al punto che nessuno nella finale scudetto, persa all’ultimo atto con l’Armani di Luca Banchi, ci fece troppo caso.