Messina, Salvini e il truce Zaia, ridessero almeno una volta

ettore

Dopo pranzo mi sono buttato anch’io sul letto. E non dalla finestra come qualcuno magari spererebbe. Ma perché fate quella faccia? Non sono l’unico di questi tempi che non vede l’ora di spararsi una bella pennichella dalla due alle tre. Facciamo anche le tre e mezza. Nessuno mi corre dietro e men che meno me ne vergogno. Di cosa poi? Tiro tardi la notte e al mattino divoro presto i giornali. Sono vecchio, altro che anziano, e pure immuno-depresso. Però sto lo stesso benissimo chiuso tra queste quattro mura. Anche se circondato da corvi e avvoltoi. Che con lo schioppo a pallini di mollica scaccio sempre lontano dal mio tetto. Come il pipistrello che invece piombava in salotto e metteva paura alla magnifica Selvaggia Lucarelli. Da piccola, quando ancora viveva al paesello e (forse) non mordeva. Sono contento perché mio fratello, che abita al piano di sopra, è tornato a casa: non l’ho visto e ci ho parlato appena al telefono, ma al maledetto virus della corona l’ha messo in quel posto. Sarebbe anche da stappare una bottiglia di Veuve Cliquot extra brut o il Giulietto Ferrari dei miei amici trentini, che tengo da mesi in frigo, se solo il gusto mi aiutasse ancora ad apprezzarne almeno il perlage. No, grazie, il Prosecco non lo berrò mai più in vita mia: mi è andato definitivamente di traverso. Soprattutto quello delle dolci colline di Conegliano tanto care a Luca Zaia. Che adesso si agita in televisione e non ride mai. Proprio come Matteo Salvini e Ettore Messina (nella foto). Il truce governatore che un milione e passa di veneti, non io di sicuro, trionfalmente già due volte hanno votato solo perché sono dei terribili ignoranti. Ovvero ignorano i tagli alla sanità pubblica (in favore di quella privata) che anche nella mia regione sono stati operati nell’ultimo Ventennio. Nel 2002 infatti col Doge Galan, quello del Mose, alla presidenza, i posti letto in terapia intensiva nel Veneto erano 1176, mentre nel 2019, con il fedelissimo trevigiano nel frattempo promosso da vice a generale sul campo, sono scesi a 717. Cioè una riduzione del 40 per cento. Peggio che nella Lombardia di Roberto Formigoni condannato a 5 anni e 10 mesi per corruzione e “spedito dopo addirittura cinque mesi di galera ai domiciliari – come ha scritto Marco Travaglio – in casa di un amico che lo manterrà per i restanti sessantacinque”. Non nel secolo scorso, ma tre settimane fa, se volete vi dico anche il giorno esatto, l’11 marzo, il Comitato Sanità Alta Marca Trevigiana, al quale da anni annorum sono stati promessi ben quattro posti letto (!) in terapia intensiva per l’ospedale di Vittorio Veneto non ancora realizzati, aveva alzato la voce apertamente criticando l’operato del concittadino Zaia che un paio di giorni prima aveva chiesto al Conte Giuseppe una revisione delle misure emanate e definite da lui troppo restrittive.  “Noi veneti siamo bravi e non siamo da zona rossa come i lombardi” ebbe a dire lo Sventurato salvo poi (per nostra fortuna) ricambiare idea in fretta. Infilandosi oltre ai guanti di gomma anche lo scafandro e andando all’assalto in prima linea con la baionetta e gridando “di questo passo due milioni di veneti saranno infettati entro Pasqua, ma ci sono qua io”. Pasqua non è molto lontana, vedremo. Per il momento sono risultati poco più di diecimila i positivi al tampone del coronavirus e sono già tantissimi, però che arrivino a due milioni fortemente ne dubito e faccio le corna. Intanto il Cucù di Francesco Merlo su Repubblica prende oggi il Generale per i fondelli: “Arriva il futuro. “Il Veneto sperimenta la cura con il sangue dei Guariti” dice Zaia che vuol rilasciare patenti di immunità. La notizia è bella o inquietante? Solo i Guariti potranno: andare al lavoro, riunirsi, viaggiare, baciare bocche anche di sani non guariti. Gli altri continueranno invece ad uscire solo per necessità, distanziati e con le mascherine C19. Ammesse le vendite private di sangue, scoraggiati i matrimoni misti?”. Un altro che per strappargli un sorriso bisogna che vada al Papeete, facendo magari rabbrividire il mondo intero, è il Cazzaro Verde. Che affido oggi alla buona penna di Michele Serra e alla sua Amaca: “Ma perché il Salvini, quando parla, ha sempre quell’aria incazzata, che le luci lugubri della webcam esaltano, come nei B-movie? Che cosa gli ha fatto, la vita, e quali delusioni ha dovuto cicatrizzare per mettere su quell’espressione impermalita, quella mano gesticolante che malmena l’aria, quello sguardo nero, iracondo? Ma parlare normalmente, con il tono di chi dice tranquillamente la sua e non con il tono di chi promulga diktat, non gli capita mai? E’ un gioco di ruolo, e va bene, qualcuno deve pur fare la parte del cattivo, ma il contesto è talmente cambiato che una persona sempre uguale a se stessa mette malessere”. Più che malessere a me prende il terrore pensando a cosa sarebbe riuscito a combinare questo se avesse ottenuto i pieni poteri che aveva chiesto ad agosto e avesse combattuto il coronavirus a suo modo, cioè chiudendo le frontiere (e non le case) e dichiarando guerra a tutta l’Europa. Dio ce ne scampi e liberi. Una risposta prova a darmela ancora Michele: “Con il suo “mi piace” a Orbàn, il Salvini ha ufficializzato il suo tasso di fascismo. Che questo disorienti i suoi fan è solo un’illusione (parole sante, ndr). Ma è sperabile che metta in chiaro, per chi preferisce la democrazia ai discorsi del balcone, quali prove ci attendono. Il virus ha solo sospeso le cattive intenzioni degli uomini”. L’ho presa parecchio alla larga, ma alla fine ho raggiunto ugualmente il porto. Dunque, come vi andavo dicendo, prima d’essere distratto dal Generale Zaia più tragico(mico) di Cadorna, vado matto in questi giorni per la siesta che non si negano nemmeno molti allenatori di basket e di mia conoscenza che difatti tengono staccato il cellulare dalle 14 alle 16 e comunque non rispondono al telefonino. Il bello è che oggi ho persino sognato. Ero a scuola. Alla Edmondo De Amicis. Piano terra. All’ombra della Torre dell’orologio. Seconda elementare. Sulla cattedra il maestrino Ettore Messina. Alla lavagna Ario Costa con la schiena piegata e dietro la lavagna il solito Gianmarco Pozzecco che, se non fa sempre casino, non è contento. In primo banco i migliori della classe e quindi i preferiti dal maestro che è nato a Catania, ma le scuole le ha fatte tutte a Mestre: Ciccioblack Tranquillo e Andrea Bassani con il muso lungo perché il compagno di banco non l’ha sufficientemente appoggiato nella corsa alla Lega dalla quale è stato trombato. Lorenzaccio Sani ed io ovviamente nell’ultimo banco in legno massiccio, duro come le nostre teste. Compito in classe d’aritmetica. Un problemino facile facile: se Milano spende venti milioni di euro, che sono ancora pochi, per gli stipendi dei suoi giocatori e allenatori per tutto l’anno, e Ettore Messina e le scarpette rosse dell’Olimpia prendono lo stipendio una volta ogni dieci mesi, a quanti soldi hanno ieri rinunciato? A due milioni. Bravi. E quindi, se hanno versato per volere di Giorgio Armani un milione agli ospedali della Lombardia, e se la matematica non è un opinione, significa che ciascuno si è tolto dalle tasche solo mezzo mese di stipendio. Morale: persino DindonDan Peterson e il Gallo Gallinari sarebbero stati (forse) più generosi. Poi è entrato il preside, Umberto Gandini, una brava e bella persona, con il provveditore agli studi, Luca Morticia Baraldi, che hanno chiamato fuori il maestrino e l’hanno pesantemente cazziato perché secondo loro nel ruolo di presidente e allenatore non è stato ai patti. Come del resto Pallino Sardara che per conto suo ha trovato un punto d’incontro e d’accordo con lo staff tecnico e i giocatori per ridurre gli stipendi in caso di chiusura anticipata (e certa) della stagione. Mentre Walter De Raffaele, detto Ray-ban, che è livornese di Ovosodo, non so se mi spiego, è uscito dall’aula (e dalla commissione degli allenatori) sbattendo giustamente furioso la porta. La spiegazione del sogno ve la darò magari domani perché, non volendomi perdere gli occhioni azzurri della brava e bella Matilde Gioli nella fiction su Rai1, Doc-Nelle tue mani, con Luca Argentero, ho fatto esageratamente tardi. Certo è che la quiete in Lega è durata meno di un mese da quando Gandini è diventato presidente e ogni società ha ricominciato ciascuna a fare i cavoli propri. Iniziando dal club del severo e austero Maestrino della De Amicis di Mestre che non ride mai e ha di nuovo deluso proprio tutti. Tranne Gesù Cripto. E così sia. Ps: ultima ora, Pesaro potrebbe anche autoretrocedersi in A2 come fece Roma qualche anno fa. A meno che non intervenga in aiuto Livio Proli.