Artiglio Caja, separato in casa, lascerà Reggio a giugno

CAJA

Non so dirvi quando, quando, quando (Tony Renis 1962) o, meglio, l’ora in cui ho preso di piombo sonno martedì sera in poltrona davanti a Inter-Roma di Coppa Italia su Canale 5 con Riccardo Trevisani e Carlo Cravero, due denigratori della Juve certificati. Ricordo a mala pena che Dzeko di piatto sinistro aveva fatto fesso Rui Patricio dopo un paio di minuti di gioco. E ho pensato che Lele Adani, per associazione d’idee, fosse saltato in piedi sulla seggiola ad esultare. E poco altro. A parte le facce di Nicolò Barella che proprio non sopporto e il gol, tra uno sbadiglio e l’altro, che Nicolò Zaniolo si è ingoiato solo davanti a Handanovic. E qui apro e chiudo parentesi domandandomi, prima di cambiare in fretta argomento e d’infilare la testa nel canestro, altrimenti gli aficionados del basket, che già scalpitano, iniziano ad arrabbiarsi, perché la Gazzetta di Urbano Cairo si preoccupa tanto che il Nicolò giallorosso possa essere il prossimo regalo d’Andrea Agnelli a Max Allegri, mentre non racconta che i cinesini Zhang padre e figlio hanno già ordinato a Beppe Marotta d’aprire un’asta per la cessione quest’estate all’estero del pregiato Nicolò nerazzurro? Il quale servirebbe alla Juventus molto più di Zaniolo che il cittì della nazionale femminile azzurra, Milena Bertolini da Correggio, come Dorando Pietri, Luciano Ligabue e Pier Vittorio Tondelli, ha definito “maleducato”. Scatenando polemiche a raffica quando tutto il mondo sa invece benissimo che il figlio di Francesca Costa, alla quale ogni weekend le bestie delle curve ultrà dedicano i loro vergognosi cori da caserma, ha un carattere peggiore di quello di Mario Balotelli. Le mie parentesi più che tonde, quadrate e graffe, sono infinitamente lunghe e spero non pure uggiose. Questa difatti non l’ho ancora chiusa dal momento che è fondamentale aggiungere che anche Lele Adani è nato a Correggio, una ventina di chilometri da Reggio Emilia, come del resto la meno celebre, ma molto più ricca (di famiglia) Veronica Bartoli. In modo tale che alla presidentessa della Unahotels comincino già a fischiare le orecchie. Saranno insomma state nemmeno le ventidue quando ho beccato sonno di brutto. Mentre son certo invece dell’ora in cui mi sono svegliato perché ho guardato l’orologio, ed erano le tre ed un quarto, e da quel momento non mi sono più riaddormentato. Del resto dovevo saperlo che ogni qual volta vado al Giustinaneo di Padova e mi sparo a pranzo una flebo di 60 mg di Metilprednisolone, insomma di cortisone, la notte successiva non dormo più di cinque o sei ore al massimo. E dunque adesso cosa faccio? Mi son chiesto dopo essermi rigirato per un’altra oretta nel letto come un’anima in pena. Ho una montagna, ho pensato, di ritagli di giornali ancora da sistemare e da leggere. Ed è quel che ho fatto. Tra i quali un’intervista acqua e sale, non fa male, proprio della Bartoli, che detiene l’81 per cento delle quote della Pallacanestro Reggiana, rilasciata il 21 novembre scorso al volonteroso e bravo Andrea Tosi (Gazzetta). Che anche ci ha provato in tutti i modi a cavare un ragno dal buco, ma non ci è sostanzialmente riuscito se non strappandole un titolo ad effetto “Sogno lo scudetto modello Venezia” che ha fatto ridere i polli anche del ducato di Parma, Piacenza e Guastalla e lasciato di stucco chi appena un cincinin ne capisce di palla nel cestino. Reggio infatti non ha mai avuto nell’ultimo decennio con il magnifico e munifico patron Stefano Landi una squadra più debole e costruita all’osso di quella che è stata invece consegnata quest’estate ad Artiglio Caja (nella foto, ndr) dicendogli: “Questo è tutto quello che può passarti oggi il convento: cinque stranieri e cinque italiani che non costino comunque l’occhio della testa”. Dopo avergli in verità prima promesso almeno un 6+6 decente per disputare pure la Fiba Europe Cup. Che sarà anche la quarta e ultima coppa del vecchio continente, ma che prevede trasferte allucinanti in Siberia e in culo al mondo. Ai tempi oltre tutto della pandemia: non so se mi spiego. Insomma, mentre la 46enne brillantissima laureata in economica aziendale fantasticava con Tosi di vincere prima o poi lo scudetto come la Reyer di Napoleone Brugnaro, e io di riaddormentarmi in qualche modo nel cuore della notte, si era già preoccupata di togliere dalla testa del suo “caporeparto” di chiederle un piccolo ritocco o solo una passata di vernice fresca. E così è stato. E così sarà sino al termine dell’irregular season. Perché Veronica Bartoli ha un obiettivo non ancora dichiarato, però mal celato che di lei un giorno le Pravda di Reggio Emilia possano scrivere: “E’ stata molto brava a salvare l’Unahotels stabilendo anche un primato nazionale: quello di presiedere l’unica società in Italia a non aver acquistato o sostituito nemmeno mezzo giocatore dall’inizio del campionato sino al termine dei playoff”. Che il tecnico pavese, stabilmente inserito nella mia top three degli allenatori di serie A, potrebbe magari ancora conquistare pur giocando tutte le partite in trasferta all’Unipol Arena di Bologna. Pur non potendo mai allenare la squadra al mattino perché non c’è in tutta Reggio una sola palestra che gli apra le porta prima del suono della campanella della scuola che alle tredici segna la fine delle lezioni in classe. Scandaloso ma vero. Pur avendo perso per infortunio chissà sino a quando Leonardo Candi comunque già con la testa a Venezia o comunque lontano da Reggio Emilia. Pur dovendo anche sopportare che gli dicano che ha un pessimo carattere. Persino peggiore di quello di Balotelli e del mio messi insieme. Il che non è assolutamente vero dal momento che io, al posto suo, questa vita da separato in casa non l’avrei mai fatta, né avrei accettato d’essere informato dal diesse Filippo Barozzi del rinnovo del contratto del lituano Osvaldas Olisevicius appena mezzora prima del comunicato-stampa. Ma Caja, oltre ad amare il suo mestiere e a non poterne fare a meno, mi ripeteva spesso, prima di prendersi venerdì pure il Covid, d’avere per le mani una squadra con la quale è un piacere per lui lavorare anche solo al pomeriggio in palestra. Insieme ad un Andrea Cinciarini che io pensavo, sbagliandomi di grosso, più vicino alla pensione che a una nuova carriera da prim’attore dopo le mortificazioni che aveva dovuto subire da Ettore Messi(n)a a Milano. E’ però altrettanto pacifico che Artiglio non resterà nel club di Veronica Bartoli nemmeno un minuto in più del dovuto perché ha da un pezzo chiuso con la presidentessa di Correggio che non perde occasione per fargli capire che lei è la padrona del vapore e lui “un caporeparto” che si può l’anno prossimo benissimo sostituire. Con chi, di grazia, migliore di Caja? Sarei proprio curioso di saperlo. Così come credo, stavolta non sbagliandomi, che nella passata stagione l’Unahotels non si sarebbe salvata dalla retrocessione se Alessandro Dalla Salda non avesse contattato Artiglio appena in tempo e non gli avesse affidato grazie alla deroga Petrucci, osteggiata dalla Lega e in particolare proprio dal reggiano Francesco Riccò, braccio destro di Umberto Gandini, una squadra ultima in classifica col morale sotto ai tacchi e reduce da una vittoria in dieci partite di campionato, per sostituire un Antimo Martino ormai alla canna del gas. Tornando ai miei problemi d’insonnia e augurando ad Attilio Caja d’essere domenica in panchina contro Treviso dopo il meno 42 (101-59) incredibilmente subito martedì senza di lui in Belgio da un Antwerp Giants peraltro già battuto nel girone d’andata, ieri sera sono di nuovo crollato dal sonno dopo aver visto un Milan di nuovo in palla rifilare un poker di gol alla Lazio di Maurizio Sarri, il furbo Benzinaio di Figline Valdarno osannato da Lele Adani per il suo calcio-spettacolo che mi ricorda ogni giorno di più quello del mitico Zdenek Zeman che nella massima serie divertiva soprattutto gli allenatori delle squadre che incontrava. E ho piantato lì il mio Scacciapensieri non riuscendo stavolta più a tenere gli occhi aperti sul video del personal computer nemmeno per un secondo. Solo che stamattina, risvegliandomi ben dopo il canto del gallo, non ho dovuto di nuovo mandare a quel paese Raisport che aveva oscurato la sera prima la registrazione della legnata (51-92, meno 41 punti) che la Nutribullet si era beccata tra capo e collo in Champions League dai turchi del Tofas. Ma si può? E giuro che non ce l’ho con la squadra di Max Chef Menetti per una batosta del genere perché capisco benissimo che non si possono giocare con gli uomini contati sei partite di fila in meno di due settimane e non pagare prima o poi pesantemente dazio. Ma avrei piuttosto sfasciato quello schermo tutto dipinto di blu che per l’ennesima volta si era preso gioco di me e del basket italiano che palesemente, non è più un mistero, sta proprio sulle scatole alla nostra tivù di Stato se è arrivata ad oscurare persino  Nutribullet-Tofas mentre sta mostrando in chiaro nove ore di diretta al giorno su Raidue delle Olimpiadi di Pechino dalle due di notte alle undici del mattino. Che adesso mi permetto d’andarmi a gustare in registrata pescando da fiore a fiore. Beatamente sprofondato in poltrona con l’unico timore d’aver ormai scambiato il giorno per la notte. Anche se stasera alle 21 c’è Juve-Sassuolo di Coppa Italia e con Vlahovic non s’addormenta in culla neanche una bambina. Per la verità poi ci sarebbe alle 20 anche Armani-Vitoria di EuroLega, ma ormai lo sapete sino alla noia: Ciccioblack Tranquillo proprio non lo reggo più nemmeno con Andrea Meneghin al suo fianco. Piuttosto comincia a preoccuparmi in EuroCup la Segafredo di Don Gel Scariolo che allo sprint ha di nuovo perso stavolta a Valencia. Mentre cosa vi avevo detto della Reyer di Walter De Raffaele? Che sta voltando pagina con Jordan Theodore, detto Rolex d’oro, in regia ed infatti ha vinto (72-82) con grande autorità a Podgorica contro il Buducnost. Il che non era affatto proprio scontato.