
22 ottobre, mercoledì I miei aficionados del blog lo sanno che, quando sto scrivendo sul computer, come adesso, giro le spalle alla televisione che però è accesa su qualche registrazione del pallone che non riesco più a vedere neanche a colori. Se non a piccole dosi. Cioè attraverso gli highlights di Dazn o, come oggi, di Sky. Che ha l’esclusiva – racconta – della Champions. Difatti stasera la diretta di Real Madrid-Juventus sarà solo alle 21 su Premium. E io pago: 80,70 questo mese. Ho in mano la fattura di Sky extra +10 anni. Una vera fortuna, altrimenti chissà cosa mi costerebbe? Ve lo dico subito: senza i due sconti di complessivi 33,10 euro, ben oltre i cento. Sono proprio uno scemo. Più di una pera cotta. Che per altro è buonissima con lo zucchero caramellato come mi cucina la Tigre.
Mentre agli amici che ho spasi nei siti, che detesto quasi tutti perché sono sempre troppo culo e camicia col presidente del senato che tiene in casa i busti del mandante dell’assassinio a Giacomo Matteotti, aggiungo d’avere pazienza se alla rete del raddoppio nerazzurro contro una squadra che non ho mai sentito neanche nominare, e di cui so soltanto che è belga, sono passato ad ascoltare Federico Zancan, inviato ad Eindhoven. Non potendone più del Compagnoni, che non è neanche parente alla lontana della mia cara Deborah (con l’acca, mi raccomando), l’ex moglie di quel vanesio d’Alessandro Benetton che avrebbe voluto sciare come lei. Neanche il talento della più grande sciatrice italiana di tutti i tempi si potesse e si possa comprare dietro l’angolo. Al mercatino d’inverno. Maurizio Compagnoni strillava a più non posso: “Grande Lautaro, grande gol, grande Inter, grande calcio”. Come nemmeno Ciccoblack Tranquillo a massimo volume. Insopportabili uno più dell’altro.
Il Napoli è appena passato in vantaggio e mi sono voltato qualche secondo per vedere la perfetta deviazione di testa in rete di Scott McTominay, lo scozzese che la Juve avrebbe dovuto due anni fa acquistare dal Manchester United. No, costava troppo: trenta milioni. E così quel viscidone di Cristiano Giuntoli, che adesso John El Cann vorrebbe riportare a casa per completare la frittata, prese dall’Atalanta il disastroso Teun Koopmeiners pagandolo quasi il doppio. Evviva! Ora manca solo che pure Thiago Motta torni all’ovile, dal momento che proprio Giuntoli fece alla Panna Montata bolognese un contratto triennale mai rescisso, e poi non mi resta altro da pensare che El Cann sia seriemente malato di masochismo cosmico e cronico con gravi complicazioni sadiche. Nel qual caso per guarirlo non resta altro che nominare suo fratello Lapo presidente a vita e sua sorella Ginevra amministratore delegato bianconero sino al 2069. Quando la famosa regista londinese di Magari, il film che vi consiglio di vedere se volete come me addormentarvi al cinema, compirà novant’anni e persino Mara Venier avrà da qualche mese smesso di condurre Domenica In.
Vi avevo promesso di parlarvi oggi solo di basket dopo un martedì tutto dedicato alla visione delle partite della terza di campionato di serie A e di A2 oltre alla lettura dei quotidiani che si occupano della materia. Che, se sono come Repubblica, è molto meglio che anche loro, come il mio caro El Cann, si diano all’ippica: pure trotto e galoppo possono andar bene se proprio il dressage non li convince. Scherzi a parte, lo sport di Repubblica ha sempre avuto specie negli ultimi tempi un’avversione particolare per la palla nel cestino nonostante le grandi firme del basket che aveva in redazione: Emanuela Audisio e Walterino Fuochi, entrambi – ahinoi! – ora a mezza pensione. Ma se deve dedicare come ieri trequarti di pagina 4 ad un esagerato titolo d’apertura a quattro colonne (su cinque) e addirittura su due righe, “I tifosi violenti riciclati nel basket per eludere i Daspo nel calcio”, del giovane Giuliano Foschini da Bari, è senz’altro meglio – lo ripeto – che scrivano d’altro come oggi: “Espulsi 230 tifosi del Napoli: foglio di via e niente stadio” in un titolino in fondo a pagina 40 ben sotto il 6-2 umiliante che il Psv ha rifilato ai campioni d’Italia, povera Italia!, agli azzurri del Conte Antonio furibondo.
Difatti se effettivamente ad Eindhoven il gruppo di possibili facinorosi partenopei o s’erano rifiutati di rispettare un’ordinanza del sindaco della città olandese o erano sprovvisti di biglietto, non mi risulta che i tre Bulldog fermati tra i dodici ultrà d’estrema destra della Sebastiani Rieti, che domenica hanno assaltato il bus dei tifosi del Pistoia basket con pietroni e sassi uccidendo il povero autista, occupino la curva anche del “Manlio Scopigno” dove gioca la squadra di Rieti in quinta divisione (Eccellenza) con magri risultati e ancor meno spettatori. E comunque, frequentando da una (lunga) vita i campi di pallacanestro, non ho mai avuto la percezione che i club dei tifosi del calcio fossero in combutta con quelli della pallacanestro della stessa città. Anche perché a Roma o a Bari il basket è quasi morto. E solo a Milano e Bologna, Napoli e Udine le squadre di calcio militano in serie A come quelle di basket, ma ugualmente non organizzano insieme il tifo mafioso sugli spalti. Forse a Bologna mi verrebbe al massimo da pensare, ma non ricordo che tra Virtus e Fortitudo ci siano mai stati incidenti o scontri così gravi come quello di domenica a Rieti.
Per l’ennesima volta ho fatto tardi e nemmeno stavolta riuscirò a spedire il pezzo prima di cena. Delle due una: o 1. sono più lungo nello scrivere del due metri e trenta, Victor Wembanyama, il ventunenne francese, di cui parla un sacco bene l’Orso Eleni nell’Indiscreto e pure Marco Belinelli nel Gazzettino come ex degli Speroni di Sant’Antonio. Oppure 2. sono anche un po’ sfigato se a metà pomeriggio per accompagnare Rocco all’allenamento del Leonicino: era in ritardo e ho sbattuto in giardino il retro della mia macchina addosso al furgoncino parcheggiato di mio fratello. Mandando ovviamente lui a quel paese quando la colpa invece era stata tutta e solo mia. All’allenamento siamo arrivati in tempo, ma poi sono dovuto passare dal carrozziere di fiducia che stava chiudendo ed è stato gentilissimo a sistemarmi almeno la targa, accartocciata su se stessa, che stava per cadere sull’asfalto da un momento all’altro. La prossima settimana invece Alessandro m’aggiusterà il fanale posteriore sinistro che è andato in frantumi e che nel frattempo ha ordinato alla Jaguar. Santa pazienza.
Il guaio è che, a parte la spesa, stasera ci sarebbe anche la Juve da vedere per sapere almeno, prima d’infilarmi sotto al piumino, quanti gol aveva preso dal Real se il Napoli ne ha beccati sei dal Psv. E nel frattempo di basket non vi ho raccontato quasi niente e comunque non tanto da poter giustificare la foto che ho scattato a Daniel Hackett, luce dei miei occhi, sul parquet di Brescia con la coppa dell’ultimo scudetto vinto con la Virtus tra le ginocchia. Se non che ha una gran bella famiglia e che a 37 anni, 38 sotto Natale, non si può ancora pretendere da lui che sia in ogni occasione il playmaker di cui Dusko Ivanovic ha assoluto bisogno per alternarlo ad Alessandro Pajola se dovrà disputare, prima dei playoff, 38 partite d’Eurolega e 30 di campionato. Oltre a sobbarcarsi 18 trasferte in giro per il vecchio continente e 16 nel Bel Paese, in tutto 34, che non sono da sottovalutare in sette mesi. Anzi. Stai più sull’aereo e sul pullman che sulla terra. Si gioca insomma troppo: questo almeno credo di poterlo tranquillamente affermare. A calcio ma più ancora a basket. Soprattutto ad altissimi livelli.
E così poi accade quel che è successo lunedì nel posticipo del Paladozza. Un match tra i campioni d’Italia, che in EuroLega hanno appena castigato il Real, e la piccola Cremona, che era una delle mie tre o quattro candidate alla retrocessione in lotta con Sassari e Varese. Una partita della quale mi chiedevo se Sky non avesse niente di meglio da mostrare in un atteso posticipo della terza giornata. Ebbene lo sapete già: ha stravinto la Vanoli con appena 17 punti di vantaggio (69-96). Ancora pochi dal momento che con un break di 28-0 tra il secondo e il terzo quarto è scappata via all’ex Segafredo, che ora si chiama Olidata e non me lo ricordo mai, non starò per caso rincoglionendo?, non lo escludo, sino ad un vantaggio di 39-69. Più trenta! Una Virtus sulle ginocchia, stanca morta e la lingua che puliva il parquet. Con nessun bolognese in doppia cifra.
Dall’altra parte invece un Aljami Durham che trovavi dovunque al momento giusto: 17 punti senza strafare (4/5 e 2/3). Un Giovanni Veronesi che non sapevo neanche esistesse non conoscendo bene prima di quest’anno la seconda serie. E di nuovo un Davide Casarin molto presente e vivo, lucido e tra le righe. Che mi ha confermato a distanza di quattro anni quello che gli avevo consigliato di fare con affetto (e ragione): vai a giocare il più lontano possibile da tuo padre. Anche ad Agrigento ed in A2 se serve per farti le ossa. Perché il talento già c’era, ma andava sviluppato con il sacrificio e il lavoro. E non lasciandosi coccolare nel giardino di casa. Dove si era smarrito come in un bosco senza luce. Ed era sempre il figlio del presidente che si permetteva di chiedere all’allenatore: “Perché mi hai tolto dal parquet?”. Non era possibile. Mal visto e sopportato dai compagni di squadra. Ma ha appena 22 anni e ancora tutta una bella carriera davanti. Glielo auguro di cuore. Checché ne pensi la gente cattiva. Mentre sin d’ora vi prometto di non parlare più la prossima volta dei cavoli miei e d’andare più sul concreto. Mi credete? No. E fate bene.
P.s.: alla fine la Vecchia Signora del confusionario Tudor con le rughe e la pancetta, ha preso al Barnabeu solo un gol invece dei sei che pensavo. E da quel poco che ho potuto vedere avrebbe meritato anche il pari. Ma cambia poco con l’insulsa nuova formula dell’Uefa che mira solo a far quattrini. E chiamala stupida. No. Io dico solamente che fa schifo. Posso? Penso proprio di sì. Altrimenti si faccia pure avanti chi me lo vieta. Il presidente sloveno con cittadinanza britannica Aleksander Ceferin? Venga avanti, cretino!