Se vi va, torno a scrivere un ponfetto velenoso al giorno

1 ottobre, mercoledì               Non si finisce mai d’imparare. Non ho la più pallida di chi si sia inventato questa incontestabile citazione. Sicuramente è un grande saggio dei secoli passati. Non certo di questo. Nel quale comandano i Netanyahu e i Trump. E ci provano con pessimi risultati quei fanfaroni della Meloni e di Salvini. O John Elcann (con la ci al posto della kappa, mi raccomando) il figlio di Alain (non Delon) che già la buonanima dell’Avvocato Agnelli non riusciva a digerire e diceva alla figlia Margherita: “Ma non avevi un altro da sposare?”. Anche quest’anno El Cann (che si può ben scrivere, volendo, anche staccato) ha scelto male, che peggio non avrebbe potuto, i costruttori della Ferrari SF25 e della Juventus. Buttando via milioni di soldi. Ma di questo magari vi parlerò domani dopo che stasera avrò visto la partita nel feudo amarillo, lo stadio de la Ceramica dove gioca il Villarreal (mi raccomando: con due elle e due erre). Che ha già messo in croce la fortissima Primavera bianconera di Simone Padoin (ve lo ricordate?) nella Youth League e si ripeterà tra qualche ora con la Juve del povero Igor Tudor al quale hanno dato in mano una squadra più grande di lui, ma che ha almeno capito, forse su suggerimento di Giorgio Chiellini, che è meglio far riposare Gleison Bremer e Khephren Thuram in Champions, dove ben che le vada può passare il primo turno, che in campionato, dove almeno può ambire a un quarto posto.

Lo diceva persino Socrate: “So di non sapere”. Quindi se penso che non si finisce mai d’imparare e se solo oggi, a 76 anni suonati, ho imparato sulla sedia del mio dentista preferito, Stefano Fabris, fratello di mia cognata Patrizia, cosa siano i ponfetti mentre mi punzecchiava le gengive per addormentarmele, non credo d’essere l’unico della terra e il più ignorante al mondo. Anche se confesso di non guardare più da un paio d’anni i tiggì di Tele Meloni o del figlio dell’ex Pregiudicato dArcore, e da qualche lustro Ballando con le stelle anche perché lunedì è cominciato il Grande fratello di Simona Ventura e non ho tempo per seguire altro. Mi credete? Neanche un po’. E fate bene. Così come è inutile che cerchiate sul vocabolario i ponfetti perché non li trovereste. E’ difatti un termine dialettale che non scoprirete nemmeno sul magnifico Dizionario da scarsea veneto-italiano. Oppure chiedetelo a vostra moglie se magari ha sistemato qualche ruga sul viso: i simpaticissimi ponfetti non sono altro infatti che delle punturine (d’acido ialuronico) che fanno i chirurghi estetici sulla pelle delle donne o, nel mio caso, sulle gengive per addormentarle.

A questo punto potrei anche mettere un punto senza accapo perché ho deciso di smetterla di fare la cicala come sono stato per tutta l’estate, e non è mi affatto dispiaciuto, e di riprendere a scrivere. Però non più le sbrodolate di un tempo ma solo un ponfetto. Pardon, un pezzetto (piccolo articolo). Magari tutti i santi giorni. Come una brava formica. Ad esempio la Salenopsis invicta, la formica di fuoco originaria del Sud dell’America che è ovviamente rossa e punge da morire. Ed io muoio dalla voglia di punzecchiare un bel po’ di gente dopo che è dall’inizio dell’estate (22 giugno) che non scrivo sul mio blog www.claudiopea.it o, meglio, Mors tua vita Pea. Con “Arriva il Poeta a Milano”. Tanto più che le cose che c’erano da dire soprattutto sulla palla nel cestino ve le avevo anticipate da qualche mese nei titoli che annunciavano il ritorno di Gherardini in Lega, sospinto dalla (ahinoi) mai morta Banda Osiris (14 giugno), e di Mammoletta Mamoli, nauseato da vent’anni di sottopancia a Ciccioblack Tranquillo, durante la Coppa Italia di Torino (11 febbraio). Oppure “Banchi neo cittì” (5 marzo). Senza che nessun giornale riconoscesse mai il mio gran fiuto di cronista sempre in prima fila, senza paura e libero come il vento che stamattina mi soffiava in faccia. Bello, caldo e sorridente.

Una per tutti. E’ il titolo del libro – lo sapete – che prima o poi finirò di scrivere. E che venderà, ne son sicuro, migliaia e migliaia di copie dal momento che solo io e Tony Damascelli conosciamo la vera storia di Rossi e Cabrini ai Mondiali di Spagna 82 che scatenò il silenzio-stampa degli azzurri di Enzo Bearzot poi campioni del mondo. E Tony, che è un amico, non parla nemmeno sotto tortura. Piuttosto ho messo il mio nuovo amore, Jannick Sinner, nella foto del mio primo ponfetto che era un tempo anche il mio primo giorno di scuola. L’altoatesino della Val Fiscalina, poco italiano, per sua fortuna, e molto ben educato, grazie a Dio, ha rivinto anche l’Atp 500 di Pechino battendo per 6-2 6-2 Leaner Tien, l’americano degli States che aveva invece eliminato l’altro giorno Lorenzo Musetti che si è ritirato nel terzo set quand’era sotto zero a tre. Lorenzo a me è sempre piaciuto assai, ma mai come all’amico Andrea Scanzi che ieri sul Fatto Quotidiano ha sparato: “Lasciamo al talento di Musetti anche il diritto di sclerare”. D’accordo. Ma allora a maggior ragione pure a Sinner tutti gli sponsor che vuole. Anche il prestigioso Vogue (nella foto, ndr). O vi rode l’invidia?