Spavaldamente la Gazzetta di ieri ci ha regalato questa pillola di due righe: “Manca solo l’ufficialità: Piero Bucchi torna a Brindisi al posto di Dell’Agnello”. Basta un poco di zucchero e la pillola va giù. Sarà anche così, come canta Mary Poppins, e difatti oggi il Corriere se l’è ingoiata tutta con un bel sorso d’acqua zuccherata: “Esonerato Sandro Dell’Agnello, Brindisi richiama Piero Bucchi, suo coach dal 2011 al 2016”. A me invece la pillola era rimasta qui, sul gozzo, chissà perché, e l’ho dovuta sputare prima che mi andasse di traverso e mi soffocassi. Vi sarebbe piaciuto: lo so, ma ci vuole ben altro per ammazzare Braveheart. O no? E comunque non sarà Pierino la peste ad allenare l’Happy Casa o Happy Days. Ci siamo insomma capiti. Questo è poco ma sicuro. Al di là dell’ufficialità anticipata dai quotidiani di Mamma Rosa e Papà Urbano. Perché Bucchi, oltre tutto raffreddatissimo, l’ha tirata un po’ troppo per le lunghe. Mal celando invero le sue perplessità su un dietrofront a Brindisi che aveva molto il sapore della minestra riscaldata. O no? In più, conditemela pure come volete voi che ne sapete sempre una più del diavolo, però nessuno riuscirà mai a togliermi dalla testa che il coach bolognese, che è comunque nelle mie grazie, sta aspettando un altro treno che passa non lontano da casa sua. E Luca Baraldi può raccontare ciò che vuole agli ArLecchini della Gazzetta, che gli ha dedicato una pagina intera di bugie, ma non a me. Che ho undici anni più di lui e sono entrato nel basket quando lui non era ancora nato e mi chiamavano Maggetti. Anche se il mio idolo era Lessana che tirava i tiri liberi a due mani accucciandosi con la palla tra le gambe. Una leggenda. Di più: un mito. Sino all’anno scorso invece l’amministratore unico della Segafredo Zanetti neanche sapeva chi fosse il mio caro Gabibbo Sbezzi, col quale ora è pappa e ciccia, e gridava ancora gol quando quello là, che poteva essere Kenny Lawson o Michael Umeh, faceva lo stesso, tanto sono entrambi neri di pelle, schiacciavano a canestro. E se gli domandavano quale ala preferisse rispondeva: “Io del pollo mangio più volentieri il petto”. Di Luca Baraldi potrei scrivere un libro. Come su Luigi Brugnaro. E non è detto che un giorno non lo scriva. Su Napoleone, sindaco di Venezia, sia chiaro. Ma ieri l’ho giurato: sarò breve e lasciatemi mantenere la promessa almeno per un giorno. Nel frattempo, se non avete altro da fare, andatevi a leggere il curriculum calcistico del dirigente modenese. Che è stato al Parma di Callisto Tanzi e alla Lazio di Cesare Geronzi prima di passare al Padova di Marcello Cestaro. E poi sappiatemi dire quale sorte hanno avuto con lui queste gloriose società. Intanto, per arrivare al sodo, vi volevo annunciare che sarà il mio compaesano Frank Vitucci ad allenare la Cenerentola della nostra serie A. In bocca al lupo. Amatissimo Frank, ti saresti in verità meritato qualcosa di meglio, però, come ti andavo dicendo da un paio di mesi, era troppo scontato che tu sbarcassi alle vu nere, essendo il tuo agente Riccardino Sbezzi, per essere anche una cosa fattibile. La Virtus, come finalmente ha ben scritto anche Walterino Fuochi in un fondino su Repubblica dal titolo “Le anime diverse di un club a troppe voci”, ha altri coach nel mirino. Uno è proprio Bucchi, sponsorizzato da Bucci, anche se pare più un gioco di parole. Il secondo è Cesare Pancotto, offerto da Virginio Bernardi, ma non ha santi in paradiso. Mentre il terzo è Re Carlo Recalcati, che piace ai signori della Coop, come mi ero inventato d’ipotizzare su questo blog il 18 novembre scorso, assai prima cioè che poi tutti mi venissero dietro dopo aver magari ovviamente riso di me. Ridete pure. Tanto sapete benissimo su quale bocca abbonda il riso. O no? E così potete anche fare a meno di credere che la notizia di Vitucci a Brindisi ce l’avevo nel cassetto da un paio di giorni, ma non volevo per scaramanzia bruciare il veneziano della Madonna dell’Orto (Cannaregio) che già avrebbe dovuto andare ad allenare a Milano, Sassari, Bologna e Treviso o essere il vice di Ettore Messina in nazionale. E poi non se ne è più fatto niente. Punto. Ho già sbrodolato troppo. Però un ultimo compito per casa ve lo voglio lo stesso dare. Vi chiedo: perché gli italiani leggono ancora i giornali di Cairo?