La penso come Toscani: noi veneti siamo un fià mona

 

preteTi si proprio un mona. Cioè uno stupido, uno sciocco, un coion si dice anche. Dalle mie parti. E lo conferma pure lo Zingarelli in senso figurato: “idiota, babbeo”. Mentre a Milano il mona veneziano diventa un pirla e, se l’ha combinata proprio grossa, un pirlone. Insomma non è in fondo chissà quale offesa. E quindi nessuno se la deve prendere più di tanto se Oliviero Toscani, intervistato ieri mattina da Radio Padova, ha provocatoriamente dichiarato, come è suo costume, e vorrei aggiungere anche suo mestiere, che i veneti che sono andati a votare per il referendum in favore dell’autonomia sono proprio dei mona. La stessa cosa la penso anch’io. E l’ho scritto ieri sul mio blog di satira spicciola senza aver prima sentito il fotografo milanese trapiantato in Toscana che però ha lavorato a lungo a Treviso per i fratelli Benetton e le loro indovinate campagne shock che hanno rivoluzionato il modo di fare pubblicità nel mondo. Ora non è detto che sempre le mie idee siano andate a braccetto con quelle radicali di Toscani spesso molto vicine al pensiero politico di Marco Pannella. Così come nel mio piccolo sono stato talvolta ironicamente critico con la grande passione che hanno Luciano Benetton e in genere i trevigiani per il rugby. Che è uno sport atipico e imperfetto per la forma della palla, che per me può essere solo rotonda, e per le regole del gioco che vietano contro natura il passaggio in avanti (con le mani) dell’ovale. Ma nessuno deve arrabbiarsi per così poco. Tanto più che lo capisco anch’io che il rugby ha i suoi valori educativi e morali che sono senz’altro superiori a quelli di noi balonari. Altrimenti sarei un mona, tale e quale ai fratelli un po’ sciocchi e ignoranti che in oltre due milioni domenica hanno deposto il loro voto nell’urna. Perché, mi ripeto, il referendum è costato l’occhio della testa e non è cambiato nulla se non ingrassare il populismo sotto vuoto spinto di leghisti, sfascisti e cinque stelle. Che poi Toscani sostenga anche che siamo degli ubriaconi che parlano un italiano approssimativo e un dialetto con l’accento etilico che ci riempie di ridicolo, lo lascio dire e mi diverto se è buffo il suo accanimento nel ribadirlo a ogni piè sospinto. Ma non per questo m’inquieto e m’indigno come ha fatto oggi Elisabetta Gardini, capogruppo di Forza Italia al  parlamento europeo, nel quale è subentrata a Renatino Brunetta, rinfacciandogli di sputare sul piatto dove ha mangiato. Vorrei infatti ricordarle che per quindici anni ha sostenuto il governatore Giancarlo Galan, nonché ministro dei beni e delle attività culturali nel governo Berlusconi IV, e l’ha per ben tre volte votato assieme ad un altro milione e mezzo di veneti. E nessuno le ha detto mai nulla. Né che aveva bevuto un’ombra di troppo o che era stata un fiaetin imprudente, sciocchina e incauta. Insomma grossolanamente mona. Né è stata criticata come attrice al fianco di Vittorio Gassman e Giorgio Albertazzi o come conduttrice televisiva di Domenica in, Italia sera e Unomattina con Piero Badaloni. Anzi. L’ho sempre applaudita come la bella padovana che ha fatto carriera in Rai senza spinte. Semmai giù pesante è andato Vittorio Feltri che a Nadia Toffa delle Iene ha confessato: “Io non credo in Dio, le pare che possa credere alle accuse di molestie che Asia Argento, una che limona con i cani, ha mosso a Harwey Weinstein?”.