Fateci caso: le ciliegie a primavera sono come le sfide dei playoff. Arrivano e se ne vanno insieme. Le prime sanno d’acqua, le ultime sono del color del fuoco. Ne mangi una e ti vien subito voglia d’un’altra. Durano purtroppo solo un mese o poco più. E quando finiscono, non vedi l’ora che un anno passi in fretta. O forse esagero? Può darsi. Però l’ho già detto e lo ripeto: per me la ciliegia è il vero frutto del peccato e della passione. Come erano una volta i playoff. Adesso il basket dei Toti e dei Petrucci sta rovinando anche questi. A meno che Siena non arrivi in finale e si rigiochi il titolo con Milano. E allora sì che ne vedremmo davvero delle belle. Perché sono convinto che Giorgio Armani, da quel grande uomo e sportivo che è, non passerebbe con le sue truppe e i suoi cavalli da tiro tra i ruderi e i resti della Montepaschi, ma ridarebbe vita al grande duello che fu tenendosi ben stretto Moss, ma riconsegnando Hackett a Paperoga Crespi. Ovviamente sto scherzando: lo so anch’io che non si può. Ma credere ancora nelle favole è come la scorpacciata di ciliegie che in verità ho fatto sabato nella campagna d’Ampelio alle porte di Padova. Dove non ho dovuto nemmeno alzarmi sulle punte dei piedi o salire sulla scala per raccoglierle. Uno spettacolo, una libidine, una rarità. E poi pure un terribile mal di pancia, ma non importa. Bisogna comunque viverle queste emozioni. Altrimenti che si campa a fare? In effetti anche mi sbaglierò, ma Milano-Pistoia e Sassari-Brindisi di stasera non credo che ci regaleranno qualcosa di più di un minestrone di cose già viste e riviste durante tutto l’anno o di qualche strillo per qualche canestro da tre dei soliti noti, Langford o Drake Diener, Wanamaker o Jerome Dyson. Meglio sarà domani con Cantù-Roma e soprattutto Siena-Reggio Emilia perché non sono proprio sicuro che i campioni d’Italia, ai quali Claudio Toti (con una ti sola e tante ciglia) toglierebbe volentieri anche tutti i titoli giovanili, si divoreranno in un sol boccone la Grissin Bon. Anzi, sarà lunga e dura la battaglia. L’importante è che l’amico Stefano Michelini metta in testa ai suoi compagni di merende e di Rai tivù una semplice e grande verità che l’emergente Vincenzo Di Schiavi ha scritto domenica sulla Gazzetta dello sport. E cioè che nei playoff tutto s’azzera. In modo che Edi Dembinsky, o come cavolo si scrive, ma pure Maurizio Fanelli non ricomincino a raccontarci che in campionato tra Milano e Pistoia ci sono stati 29 punti di scarto e che Alessandro Gentile ha tirato 4 su 6 da due e 2 su 5 complessivamente nelle triple, ma ha anche perso cinque palle e catturato mezzo rimbalzo, si è soffiato cinque volte il naso e in otto occasioni ha smorfiato mandando a quel paese i compagni di squadra e pure Banchi in tre azioni su due. Perché nel frattempo il capitano dell’Armani si è già seduto in panca e la squadra di Figaro Moretti è andata sotto di una dozzina di punti. Infine una ciliegia da playoff: l’estate scorsa fu il diesse Nicola Alberani a cacciare Marco Calvani dalla capitale mentre tra un paio di settimane potrebbe essere Calvani a tornare ad allenare Roma e Alberani a fare le valigie. C’est la vie.