Se non gioca con le spagnole o con il Bamberg di GasGas Trinchieri non c’è verso che l’Armani vinca una partita in EuroLega. E’ la solita storia. Eppure ugualmente non mi aspettavo che ne prendesse cento dalla Crvena Zvezda o come cavolo si scrive. Anche se, quando l’Olimpia fa acqua in difesa, affonda e basta. E non la salverebbe neanche Noè con la sua arca. Per la verità nemmeno mi sarei immaginato che l’Italia di Paperoga Crespi travolgesse la Svezia a Boras, cioè a metà strada tra Goteborg e Jonkoping, rimettendosi in corsa per gli Europei del 2019. Però ora da me non potete anche pretendere che vi sappia dire dove si disputeranno perché è già tanto che nel pomeriggio abbia visto la diretta delle azzurre su Sky preferendola a Spal-Milan e a Spezia-Venezia. Con il (buon) commento di Geri De Rosa, strappato per una volta al calcio, e di Kathrin Ress, la sorella di capitan Tomas, brava sul serio. Addirittura 47-69 in una partita a senso unico: 22 punti di Giorgia Sottana, che deve essere delle mie parti, di Treviso o di Venezia, e 19 di Cecilia Zandalasini, che è proprio un amore. Ma soprattutto grazie ad una grandissima difesa. Senza la quale non vai da nessuna parte: neanche al campetto dell’oratorio. Sempre che ne esistano ancora. Avesse invece l’Italia perso, come è già successo a metà dello scorso novembre con la Croazia a San Martino di Lupari, provincia di Padova, non vi nascondo che sarei stato il primo a puntare il dito addosso a Crespolo, l’ottavo nano del nostro piccolo basket, giudicandolo inadatto per il suo carattere a dir poco bizzarro ad allenare una squadra femminile. Figuriamoci poi la nazionale. Però non sono ipocrita, come molti suoi finti amici della Banda Osiris, e quindi posso anche confessare d’essermi sbagliato. Che comunque non casca il mondo e nessuno mi può ammazzare. Tornando alla sconfitta delle azzurre con le lunghe croate, in quell’occasione la Sottana di punti ne mise a segno 25, se non ricordo male, e la Zandalasini 17, ma Marija Rezan (addirittura 35) le fece tutte verdi sotto canestro e a rimbalzo. Questo per confermare che negli sport di squadra, siano il basket o il calcio o anche la pallavolo, si può comandare una partita (e magari vincerla) anche difendendo meglio che attaccando. Come ha dichiarato ieri dopo Fiorentina–Juventus, finita per chi non lo sapesse 0-2, Max Allegri. Per il quale ho preso una cotta da non dire dopo averlo per un paio d’anni contestato in nome del Conte Antonio. Ma non è un delitto ammettere d’aver scambiato lucciole per lanterne. Anzi, a volte è prova d’intelligenza. Che non è per carità il mio caso. Difatti sono testardo più di un mulo e, se mi metto in testa che quello è un mio cavallino, lo riempio di zuccherini anche se è arrivato ultimo per dieci corse di fila. Nella mia scuderia ad esempio, di cui fanno anche parte, senza offesa per nessuno, Simone Pianigiani, Artiglio Caja e Max Chef Menetti, ho di recente infilato a sua insaputa, e su prezioso consiglio di Boscia Tanjevic, pure Dusan Alimpijevic che è l’allenatore della Stella Rossa di Belgrado. Al quale oggi Massimo Oriani ha dato solo 6 in pagella sul giornale di Mamma Rosa. Perché per prendere 7 il giovane serbo di Lazarevac cosa avrebbe dovuto fare? Forse battere Milano sotterrandola con 120 punti o più ancora? Non ha mica Gudaitis, Goudelock e Kuzminskas lui in squadra. E neanche Bertans, Micov e M’Baye. Buono quello. Che a una manciata di secondi dalla sirena sul 100-89 ha rubato palla a Dangubic che, per rispetto nei confronti degli sconfitti, stava rinunciando all’ultimo assalto. Domani invece vado al Palaverde. Perché l’A2 non mi dispiace. E poi quest’anno (dal vivo) ho sempre visto vincere Treviso (con la Fortitudo e Verona) in sella ad un altro mio cavallino, il Pilla Pillastrini che, se per la verità perdesse qualche chilo, sarebbe meglio ancora. Mantova è comunque avvertita. E la scongiuro: non se ne abbia a male per così poco. Ho già troppi nemici su questa valle di lacrime. Sopratutto a Napoli e a Milano, sponda intertriste. Dove l’odio per la Juve è diventato razzista e sgradevolissimo. Quasi come Sarri e Moratti.