Dieci minuti prima dell’ora del tè che gli inglesi, crollasse il mondo, bevono puntualmente alle cinque del pomeriggio, con il latte freddo e i pasticcini, i tre leader del secondo giorno del British Open hanno fatto ingresso nell’anfiteatro della buca 18 del Royal Liverpool dove in ventimila, assiepati sulle tribune intorno al green, si sono alzati tutti in piedi e hanno dedicato una meritatissima standing ovation da pelle d’oca a Rory McIlroy, Dustin Johnson e Chicco Molinari. Non era mai successo prima di oggi in 143 edizioni dell’Open Championship che si finisse di giocare così presto, ma le previsioni del tempo erano pessime e allora gli organizzatori, facendo violenza alla tradizione che nel golf è più radicata di una vecchia quercia, hanno anticipato le partenze di buon mattino e deciso di far partire i giocatori, scremati dal taglio del venerdì, dal tee della uno ed eccezionalmente anche da quello della dieci. Che poi sia solo piovuto per qualche ora come succede quasi tutti i santi giorni dell’anno sulle coste della Gran Bretagna e non con la violenza prevista, né che siano stati tuoni e fulmini, questo dimostra che anche gli inglesi possono prendere delle cantonate pazzesche sul tempo e non solo i nostri meteo e i Giuliacci di turno. Poco male, anzi. Senza vento, o quasi, e la tempesta che si è sfogata altrove, è stata una splendida giornata di golf per quello che è il più prestigioso e antico dei tornei europei nel mondo. Con il ricciolino nordirlandese a farla ancora da protagonista sul links bagnato e quindi più dolce e facile da interpretare nei rimbalzi sul fairway per evitare che la pallina finisca negli insidiosissimi bunker con le sponde più alte dei miei nipoti uno sulle spalle dell’altro. Cosa vi avevo detto? E’ un periodo che ci becco. Nel calcio come adesso nel golf. Avevo detto Germania prima ancora che il Mondiale della bola iniziasse e avevo detto che McIlroy, una volta liberatosi dall’incubo del matrimonio, sarebbe tornato ad essere l’erede naturale di Tiger Woods. Così come non mi ero sbagliato su Manassero. Solo quattro giorni fa infatti ho scritto su questo blog, e quindi i San Tommaso possono benissimo andare a toccare con mano se ho raccontato il vero, che Matteo avrebbe fatto faville da giovedì a domenica nel British Open dove proprio il suo allenatore, Alberto Binaghi, gli avrebbe portato la sacca. Ora, a parte ieri, quando il bambino d’oro, che dicono sia di Negrar, in provincia di Verona, ma io credo piuttosto di Betlemme, in Terra Santa, ha un po’ pasticciato col secondo colpo prendendo pochissimi green, però sia giovedì che oggi ha dato spettacolo con un 67 e un 68 che non si fanno in un Championship se non sei in palla e non sei nato predestinato. Mc Ilroy a meno 16, sei colpi davanti a Ricky Fowler e sette su Sergio Garcia e Dustin Johnson, sarà domani irraggiungibile per tutti, però Manny ripartendo dal settimo posto a -5 può senz’altro finire tra i top dieci. Meglio ancora di Matteo in classifica sta il magnifico e sorprendente Edoardo Molinari, addirittura quinto a -7, ma per scaramanzia non aggiungo altro. Peccato invece per suo fratello, Francesco, che è partito malissimo con tre bogey nelle prime tre buche e ha perso una ventina di posizioni, ma ha chiuso con un applauditissimo birdie e un sorriso alla 18. Mentre Rory centrava un altro eagle dopo quello della 16. Uno spettacolo nello spettacolo. E un bel calcio al tacco 12 della Wozniacki, la fidanzata mollata, 0 quasi, sull’altare.