
10 novembre, lunedì Sono una leggenda vivente e, se qualcuno si mette a ridere, lo prendo davvero a calci sul sedere. Che in questo caso mi sembra il termine più giusto da usare. Quello di Deborah Compagnoni era invece un gran bel culo che non si poteva chiamare in un altro modo. Del resto glielo scrissi in occasione di una delle due medaglie d’oro che vinse ai Mondiali del Sestriere nel febbraio del 1997. Mi pare quella di slalom davanti a Lara Magoni. “Il suo culo è da mettere tra i trofei come cantava Gino Paoli”. E Deborah apprezzò molto. Tanto che nella conferenza-stampa successiva mi salutò con un sorriso da orecchio ad orecchio e da quel giorno diventammo molto amici. Al punto che una sera di fine estate sulla terrazza dell’hotel di Livrio, guardando il ghiacciaio dello Stelvio che già si scioglieva, sorseggiando una sambuca con la mosca, io e non lei, mi confessò che aveva preso – poveretta – una sbandata in barca per Alessandro Benetton e che non avrebbe più sposato il ragazzo che gestiva la piscina di Bormio che, scherzando, io chiamavo “il bagnino”. Il patto fu che non scrivessi nulla della cosa. Difatti lo scoop lo fece sei mesi dopo Chi. Che per fortuna non era ancora diretto da Alfonso Signorini, il cocco di Pier Silvio Berlusconi, ma da Silvana Giacobini. Dio mio, quanto sto diventando vecchio.
Silvana Giacobini presentò anche la serata di premiazione del primo Torneo calciatori-golfisti che con Enrico Trentin, oggi delizioso cittì della nazionale femminile di golf, ben 66 titoli italiani conquistati con le sue allieve, organizzammo nel giugno del 2006 al Casino di Venezia. Il torneo lo vinse Lele Massaro che pochi lo ricordano ma faceva parte pure lui della rosa dei ventidue azzurri che vinsero il Mondiale dell’ochenta y dos in Spagna. Anche perché Enzo Bearzot non gli fece mai più mettere piede in campo dopo che, nell’ultima amichevole a Braga, in Portogallo, persa dagli azzurri per 1-0, prima dell’avvilente esordio di Vigo con la Polonia (0-0), il ragazzo di Monza, che allora aveva appena 21 anni e giocava nella Fiorentina di Picchio De Sisti e Italo Allodi, mi rivelò che Bearzot lo utilizzava in un ruolo che non era il suo. E non aggiunse come Deborah “però questo non lo scrivere” e il giorno dopo scoppiò nella Casa del Baron la mia prima bomba. La seconda sarebbe stata quella, nota al mondo, di Rossi e Cabrini. Ma questa ve la racconterò nel mio libro di prossima fattura e così finalmente conoscerete la verità di una storia che fece tanto clamore per nulla. O quasi.
Sono una leggenda vivente, vi dicevo e ne sono ogni giorno più convinto. Soprattutto dopo che tra il pomeriggio di venerdì e sabato ho scritto il più lungo articolo del mio amato blog che compirà dodici anni il prossimo 25 aprile nel giorno di San Marco e della Liberazione dai fascisti che in Italia, specie in Calafrica con l’ndrangheta e nel Veneto di Luca Zaja, ci sono ancora, checché coraggiosamente ce la racconti Giorgia Meloni, ma sottovoce perché non la senta Gnazio Larussa. Ben cinque cartelle in gergo, ovvero cinque pagine fitte fitte di 50 righe l’una. Ovvero 250 righe in tutto sempre che la matematica non sia un’opinione. Ora posso anche capire che un pezzo così lungo non sia stato facile da digerire, ma avevate l’intera domenica davanti per leggerlo e per darmi un cincinin di soddisfazione. Invece ne ho ricevuta pochissima soprattutto su Fb, che mi osteggia da quando sono stato clonato dalla Banda Osiris sudvietnamita, come mi ha segnalato la Polizia postale di Mestre, alla quale avevo segnalato il misfatto. Al punto che sarei quasi quasi tentato di lasciarvi con questo freddo tutti in braghe di tela e comunque non pregatemi più di scrivere “altrimenti chi le dice più certe cose nello sport e nella politica e in particolare nel basket che va sempre più a rotoli?”. Cavoli vostri!
Ieri invece ho postato quattro righe dopo aver visto nel pomeriggio su questo computer Pistoia-Mestre e ho avuto un enorme successo. “Alla faccia dell’Anonimo veneziano (del Gazzettino) la Gemini di Mattia Ferrari ha vinto addirittura di 15 punti a Pistoia. 27 di Curry (più 10 rimbalzi e 8 assist)!!!”. E allora, se vi piacciono molto di più queste frasette ad effetto, tanta fatica risparmiata e subito questa chicca: “Se non lo avessi suggerito io Mattia il Magnifico al presidente Feliziani con cazzo che Mestre sarebbe volata in A2 col vostro Cece Coccia”. In verità chi ha fortemente voluto che Ferrari scendesse di categoria e venisse ad allenare in laguna è stato John W Effe come ben sappiamo Mattia ed io. Il grande John Formenti che sul più bello, a metà maggio, ci ha lasciato, ma che dal paradiso dei canestri sarà stracontento di come si sta comportando la Gemini che non so come abbia fatto a vincere sinora quattro partite su dieci con il budget più basso che ci sia e dopo aver perso in settimana il buon playmaker Simone Valsecchi (crociato). Ma stupefacendo con Alipiev da Sofia, un punto meno di Curry, il bravissimo Bonacini (16) e il sempre più in auge Galmarini, 8 come Giordano che sta già affilando le armi per mercoledì quando al Taliercio arriverà la sua ex squadra, la Fortitudo d’Artiglione Caja.
E qui sarei tentato di mettere un bel punto accapo. E di mandarvi a remengo. Non tutti ma quasi. Però così la darei vinta agli ignoranti che popolano questo che una volta era un Bel Paese. Mentre adesso c’è solo da farsi il segno della croce e pregare che la mamma degli ignoranti la smetta di figliare. Del resto cosa si può pretendere da gente che, se compra per sbaglio un libro, lo divora leggendo “La mia cucina per tutti” di Benedetta Rossi che non a caso è subito balzato al secondo posto della top ten dei libri più venduti in Italia. Tra “L’ultimo segreto” di Dan Brown, che è uscito in 16+1 Paesi del mondo e un po’ di sfiga la porta, e “Francesco il primo italiano” di Aldo Cazzullo che l’altro giorno ho visto scrivere anche sui muri della bianca casa che Claudio Lotito ha a Cortina sperando che abbia finito di pagare tutti i fornitori ampezzani. Non ho niente per carità con Benedetta Rossi che ha una bella faccia tonda e sorridente, ma non so nemmeno chi sia. Così come non ho nulla con Milly Carlucci che, quando vivevo a Milano, abitava vicino a casa mia in zona Fiera e pure a lei imbrattavano i muri con brutte scritte su Bettino Craxi, però quando ho saputo che la sua seguitissima trasmissione è soltanto al giro di boia, ero tentato di buttarmi giù dalla finestra. Ma non l’ho fatto perché giovedì non mancherà d’essere presente al pranzo milanese per la festa dei settant’anni, canestri d’auguri!, di Stefano Gorghetto che sarà generoso come lo è sempre stato nella vita e pure stavolta negli inviti. Ci saranno, vi dico solo, Dino Meneghin e Renato Villalta, se la figlia avrà già partorito, Carlo Recalcati e Paolo Vittori con Marino Zanatta, Renzo Bariviera e Fabrizio Della Fiori, oltre alla grande Mara Fullin e a tanti altri personaggi del nostro basket che fu. E neanche un Banda Osiris, spero e credo. A Dio piacendo.
Dell’amarcord che già mi commuove avrò occasione di parlarvene ancora. Se invece mi chiedete la ragione della foto, che s’accompagna al titolo, con il vostro scriba che batte i tasti sorridendo sulla sua prima macchina per scrivere, una Royal impolverata dell’anteguerra, mi auguro la seconda, che era di mio padre, vi dico solamente che è provocatoria. Nel senso che se andrà avanti ancora per un po’ questa storia della tivù della LegaBasket (LBA TV) che non si vede in televisione nonostante il recente arrivo di ben tre esperti in materia come sono Mamoli, Bassani e Valenti, o guardo le partite di A e A2 sul computer o sarò costretto a tornare a scrivere sulla obsoleta Royal. Seduto sul divano dello studio straboccante di giornali mai letti per non sapere i risultati delle partite registrate e di vecchi ritagli che mi manca ogni volta il coraggio di gettar vita. Come vedete non vi racconto storie. E se la Tigre è con me furibonda, adesso non vi è difficile capire il motivo. Buona serata. E adesso sotto con Jannik Sinner e le imperdibili Finals di Torino. Dopo che mi sono già perso Lorenzo Musetti in diretta. Mai più: lo giuro. Che come spero e prometto vogliono sempre l’infinito futuro in latino: reminiscenze del liceo classico e della maturità del ’68. L’ultimo anno con tutte le materie. Non so se mi spiego. Ma questo ve l’ho già detto: scusate, ma forse sto già felicemente rincoglionendo.