Eccezionalmente parlo anch’io male dei giornalisti

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Ve lo chiedo per l’ultima volta: ma li leggete i giornali? Poco o niente. E fate bene. Del resto con i direttori che ci sono in giro non si può certo pretendere la luna. Andrea Monti alla Gazzetta dello sport. Alessandro Sallusti al Giornale. Maurizio Belpietro a Libero. Fossero almeno simpatici. O quanto meno juventini. Devo continuare? Io anche lo faccio, ma solo a vostro rischio e pericolo. Paolo De Paola a Tuttosport, Giancarlo Mazzuca al Giorno, Roberto (e non Fausto) Papetti al Gazzettino. E qui mi fermo perché una piccola speranza ancora ce l’avrei di poter scrivere anch’io un giorno sul Corriere della sera di Luciano Fontana. Che comunque vende meno all’edicola di Repubblica. Terza La Stampa, battuta però alla domenica dalla Gazzetta. A patto che vinca l’Inter. Intanto tutti i quotidiani continuano a perdere copie a rotta di collo e non può essere soltanto colpa di internet. Troppo comodo. E non sarà piuttosto anche per scarsità di contenuti e di firme? Ezio Mauro dopo vent’anni lascerà a metà mese la direzione di Repubblica. Al suo posto arriverà dalla Stampa o, meglio, tornerà Mario Calabresi. Per il quale Vittorio Feltri ha già speso subito qualche buona parola: “E’ l’orfano d’Italia che sin da ragazzo riuscì a lavorare nel giornale che si era schierato senza riserve e senza remore contro il padre. Quanto a capacità di galleggiamento, in confronto a lui un sughero diventa un sasso. Insomma per Repubblica è perfetto. E farà contento Renzi”. C’è poco da star qui a ciaccolare: anch’io non lo posso vedere, però il podestà di Berghem è una gran bella penna. Pungente e lieve. Sempre che non scriva anche lui di calcio. Del quale sa in verità molto poco e per questo diventa, specie nei suoi elzeviri su Tuttosport, persino banale e grossolano. Insomma se anche non leggete Feltri su quel che ne pensa della nostra Signora non perdete assolutamente nulla. Anzi, potete proprio farne a meno. Can non magna can. Devo ripetermi: vado matto per i detti popolari delle nostre nonne. E per questo in particolare. Sono rare perle di saggezza. O forse avete sentito qualche volta un medico parlar male di un collega? O un avvocato di un giudice? O un giornalista di un giornalista? Io mai. Se non alle spalle. E anche spesso e volentieri. A parte Vittorio Sgarbi e le sue capre. Al quale do il benvenuto nell’affollatissima famiglia dei cardiopatici. Tranquillo, un coccolone prima o poi viene a tutti. L’importante è non lasciarci le penne. La notizia del giorno è il successone di Checco Zalone al cinema. Di cui vi avevo già parlato ieri. E pure il primo dell’anno. Quando anch’io, nel mio piccolo, ero uno di quel milione d’italiani che con Matteo Renzi sono andati a vedere Quo vado? e si sono divertiti. Oggi ne scrivono bene tutti. Persino la Gazzetta dello sport che non si occupa soltanto di Meches Mancini e dei suoi nerazzurri che vinceranno lo scudetto a maggio. D’accordo, ma in quale film? Mentre un altro Feltri, pure bravo, Mattia, primogenito di Vittorio, già si domanda sulla Stampa: ma Checco è di destra o di sinistra? Gli avrebbe risposto a dovere Giorgio Gaber. A me invece non importa niente: di destra o di sinistra, so solo che mi fa sempre passare una bella ora e mezza. Spensierata e giuliva. E comunque penso sia un trasversale. Che non è un offesa. Come va di moda semmai dire adesso. O appartenente a una qualsiasi lista civica sostenuta da Renato Brunetta: meglio ancora.