Fognini non è un extraterrestre, ma se avesse più testa

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Ma si può? Ho perso il sonno dietro a Fabio Fognini. A Melbourne saranno state le cinque del pomeriggio. E in Italia? Le sette di un sabato mattina più pallido del Livi(d)o Proli, presidente della squadra di basket di Giorgio Armani. Che ieri sera ha vinto a Vitoria, con una ti sola, in Spagna e non so ancora come abbia fatto con una scimmia su una spalla e un gufo sull’altra. E’ ancora buio e pioviggina. In Australia invece si scoppia dal caldo: anche 40 gradi all’ombra. Del resto laggiù è estate. Oggi è il compleanno di Giovanna, la cara figlia di Marina e Nico, e ne approfitto subito per sommergerla di canestri d’auguri. Altrimenti poi me ne dimentico. E comunque potrò anche scrivere sul mio Scacciapensieri la prima cosa che mi salta in mente o vi devo ogni volta chiedere il permesso? Così come voi siete liberi di non leggermi se non vi garbo. Però sappiate che me la lego al dito. Perché sono permaloso, collerico e bastardo. E presto o tardi ve la farò pagare. In un modo o nell’altro. Dicevo di Fabio Fognini che ha un carattere persino peggiore del mio: insopportabile, fegatoso e maleducato. Insomma brutto e pesante. Eppure non deve essere un cattivo ragazzo. Che con la racchetta in pugno è anzi divino. Se solo lo vuole e non si lascia irritare. Come ci ha provato il suo avversario di turno, il terzo di questi Australian Open: un monoblocco francese, Julien Benneteau. Che se lo posso dire, e lo dico, è stato ancora più odioso del nostro sul cemento dipinto di blu della Rod Laver Arena. Nel secondo e terzo set il sanremese non sbagliava un colpo. E che colpi. Soprattutto di dritto. Tanto che la prossima volta che incrocio Adriano Panatta al golf di Villa Condulmer gli domando: “Ma se Fognini avesse anche la testa, non sarebbe forse uno dei primi otto giocatori al mondo?”. Benneteau, perso per perso, e stava straperdendo, le ha allora tentate tutte per spazientire la nostra isterica capretta con il teschio come una stellina sulla fronte. E nel quarto set ci è anche riuscito, ma il marito di Flavia Pennetta è talmente in palla in questo momento che dopo tre ore esatte di gioco si è cucinato il galletto scendendo a rete e infilzandolo con una volèe di una eleganza sfrontata e di una classe infinita. Poi non so con chi ce la avesse, ma, tanto per non smentirsi, ha aperto subito a compasso il pollice e l’indice d’entrambe le mani e gli ha promesso di fargli un mazzo così dopo la doccia. Era da Parigi 1976 che due italiani non conquistavano gli ottavi di finale di uno Slam. Allora Corrado Barazzutti e Adriano Panatta che vinse quell’edizione del Roland Garros. Oggi Fabio Fognini e Andreas Seppi. Incrociamo le dita. Senza però illuderci troppo. Rafael Nadal, Roger Federer e la nuova stella, Alexander Zverev, roccioso bimane tedesco, pur battuto ieri da Chung, sono extraterrestri che vivono ancora molto lontano dal nostro pianeta tennis. Mentre mi ha fatto tristezza vedere perdere la Sharapova. Eliminata senza pietà (6-1 6-3) da Angelique Kerber, numero 21 al mondo, quando a Melbourne era l’ora di cena e faceva ancora chiaro. Così magra e così lenta, sino a sembrare persino pigra, ho stentato a riconoscere la mia Maria che l’Australian Open ha vinto dieci anni fa. Quando ne aveva venti e con quel fisico da fotomodella fu considerata una delle cinquanta donne più belle della terra. Adesso è solo la più ricca e chiacchierata. Intanto ho avuto anche modo di vedere come l’Olimpia ha vinto in Eurolega: Shengelia si è mangiato l’ultimo canestro al volo da neanche mezzo metro e così adesso tutti diranno che Simone Pianigiani ha avuto culo perché per un punto ha battuto il Baskonia. E mica sono invece andati a contare le volte in cui quest’anno Milano ha perso sempre di uno. Così è la vita. Quando hai un padrone ricco e l’inviso Proli come presidente.