Fatemi tornare a Siena, vi prego, ma non per il Palio…

Fatemi tornare almeno un’altra volta a Siena. Magari mercoledì. E non tanto per vedere l’effetto che fa all’Armani di giocare la sesta finale di uno scudetto che tutti le abbiamo già assegnato con largo anticipo. Sì, certo: potrebbe anche cominciare ad aver paura della piccola Siena. Quanto perché da queste parti ho passato tre giorni da non dimenticare correndo dietro al cantastorie del basket che adoro, ma anche gustando le meraviglie di una terra che non ha pari. Adesso ci vengono anche i brasiliani e comprano bottiglie su bottiglie di vino di Montalcino che si fanno spedire oltre oceano senza badare a spese. Lo so. Non mi devo fare illusioni. Una volta si può anche saltare il fosso per lungo, come ci riuscivo da bambino. Non due. Come ha fatto la Mens Sana in gare 3. Perché non basteranno il cuore e il coraggio, bisognerà fare il conto stasera, tra un paio d’ore,  anche con le energie se si vorrà di nuovo mettere sotto lo squadrone di Yoghi Banchi e non so se Siena ce le ha ancora dopo quella spese giovedì a fiumi. Quando il primo tempo di Janning con la sua faccia da eterno monello è stato da mettere in soasa, come diciamo noi nel Veneziano. Sì, insomma, in cornice per un bel quadro d’autore. E il secondo di Haynes è stato ancora meglio. Per non parlare del mio Otello che ha fatto mordere il freno a Samuels e a Lawal. O dell’ammiraglio Nelson di cui ne avverti il peso soprattutto quando il duello entra nella sua fase più delicata e le piccole buone azioni diventano imprese. Per favore, fatemi tornare un’altra volta a Siena. E non per il Palio che è una cosa solo loro e che gli stranieri ammirano, ma non possono capire. Okay, tutto è chiaro. Ma a chi lo devo chiedere? Il calcio ha una sua dea, Eupalla, ma il basket italiano ha ancora un tempio nel quale inginocchiarsi per chiedere a Milano d’essere arrendevole come l’altra sera? Non penso, anche se lo spero. Perché intanto la sfida si è inasprita con Paperoga Crespi che ha bisticciato a muso duro prima col povero Maurizio Fanelli della Rai che stupiva: “Non sono mica un tuo giocatore e nemmeno con gli arbitri c’entro nulla”. E poi con il terzo allenatore dell’Emporio, Mario Fioretti, che non litiga con la moglie nemmeno se lei lo tira per i capelli. E Daniel Hackett ha raccolto l’accendino che gli avevano tirato dietro e l’ha scagliato contro una donna in tribuna che per poco non ha orbato ad un occhio. Persino Moss non è più amato a Siena: difatti dicono che adesso mena come non lo avesse sempre fatto anche nella Montepaschi. E neanche Luca Banchi è più tollerato: ora piange e frigna, sostengono, peggio di Gel Scariolo. Né Melli può sbagliare un’altra partita o Langford giocare solo per se stesso o Gentile fare a spinte con l’avversario. Ma io voglio tornare a Siena, vi garbi o non vi garbi. Per rivedere nella notte le lucciole sotto gli ulivi. O scollinare il passo del Lume Spento per raggiungere il borgo di Sant’Angelo in Colle, dove non si perde neanche un bambino, e c’è la trattoria del Leccio di Luca Tognazzi e del figlio Gianfranco (in cucina), dove si mangiano nella terrazza in piazza le migliori fiorentine di tutto il reame. O ridiscendere sino a Col d’Orcia per comprare l’olio del conte Cinzano da portare a casa nelle tanichette da tre o cinque litri. Per far contenta anche la Tigre. O per frenare se ti attraversa la strada una cerbiatta perché subito dietro, dalle vigne di Montalcino, sai che poi sbuca fuori anche il bambi. E’ stato solo un attimo, però intenso e unico. Non so nemmeno quale santo devo ora pregare, ma io ci provo lo stesso. Faccio male?