Di una cosa soltanto sono certo: Jannik rivincerà l’Open

22 gennaio, mercoledì    Ringrazio il dio del tennis, e perché non direttamente il Padre eterno?, che senza alcun preavviso mi ha svegliato alle cinque del mattino, giusto in tempo per vedere Sinner giocare in Australia, contro il bulletto Rune, un punto di meravigliosa potenza e precarietà. Ha scritto martedì Massimo Gramellini allungando la mano sulla tazzina di Caffè per non appisolarsi di nuovo. Magari anche ricordando quando da ragazzo scrisse di tennis sul Giorno perché il gran capo Franco Grigoletti s’era azzardato, con una genialata delle sue, di spedirlo a Wimbledon al posto di Gianni Clerici, finito a Repubblica di malavoglia e solo per accontentare l’amico Gianni Brera che tutti i giovedì, al Riccione di Milano, in via Torquato Taramelli, insistentemente glielo proponeva tra un bicchier di vino e un altro. Anche rosso con il pesciolino. Non so se mi spiego: sto parlando di due grandissime penne, quelle del Dottor Divago e del Gioannfucarlo, le migliori nel mondo dello sport in assoluto assieme a quella di Mario Fossati che, come Clerici e Brera, lasciarono la redazione di via Fava al quinto piano più che per soldi perché non potevano vedere Gian Maria Gazzaniga. Col quale ho avuto anch’io un rapporto parecchio burrascoso. E non aggiungo altro per rispetto a chi non è più tra noi.

La Gramella conosceva sì e no la differenza tra un lungo linea e una volèe di rovescio. Come quella d’oggi di Lorenzo Sonego nei quarti di finale degli Australian Open purtroppo persi con Ben Shelton in quattro set. Il torinese di fede bianconera si tuffa sulla pallina sotto rete dandole un effetto tanto strano quanto fantastico. Rimbalza infatti sul campo dell’avversario georgiano e torna indietro: sul suo! Prodigiosamente scavalcando la rete senza manco sfiorare il nastro. Questo, credo, sarà il colpo di tennis più bello del 2025. Come la foto di Jannik Sinner con il bambino lo è stata nel 2024. A parte il mio abbraccio a Ettore Messi(n)a di fine anno al Palaverde immortalato da Stefano Gorghetto. Che non è piaciuto a tutti. Anzi. Ai guerrafondai della Reyer soprattutto che mandano all’assalto gli altri, pure i giornalisti e i giornalai, e loro non mettono manco il naso fuori dalla trincea temendo di non avere più da Federico Casarin un biglietto gratis per andare a vedere in curva lo spettacolo del Taliercio che è diventato deprimente. Da quando Olivetta Spahija è sbarcato in laguna e la squadra di Napoleone Brugnaro non si è classificata tra le prime otto in Coppa Italia pur col terzo budget nazionale e al 90 per cento non supererà nemmeno il primo turno dell’EuroCup pur essendo il club più ricco tra i venti partecipanti. Robe da matti! Ma se va bene al sindaco di Venezia e a sua moglie Stefania, oltre che al figlio Andrea, sempre presenti e gaudenti, come si dice: contenti loro, contenti tutti.

Con Ettore non è poi vero che si sia fatto pace, però a me come a lui immagino non sia dispiaciuto d’esserci scambiati canestri d’auguri sinceri se non altro in ricordo dei bei tempi quando lui giocava alla Misericordia e l’impareggiabile Paron Zorzi lo mandò da Vittorio Tracuzzi a Padova per imparare a fare l’allenatore. Mentre io ho mollato gli studi in farmacia, non mi vedevo dietro al bancone a vendere sotto voce i preservativi, per correre dietro ai miei sogni ed entrare in una piccola radio privata come vicedirettore di Nova Radio. Dove si faceva più sport che musica. E soprattutto pallacanestro. Con le dirette la domenica della partite d’entrambe le squadre veneziane di A2 che né Brugnaro, tifoso del Basket Mestre, né Messina, tifoso della Reyer, credo si siano mai perse.

Io invece mi sono proprio perso. E, se devo essere sincero, devo aggiungere che sono finito pericolosamente nel pallone con la mia follia di voler seguire tutto e tutti gli sport in televisione anche nelle due settimane di racchettate a Melbourne. Col risultato che non so più cosa vedere al mattino quando mi sveglio quattro o cinque ore dopo Gramellini e dopo la doccia oltre all’open del Grande Slam, Sonego e Sinner, ma anche le semifinaliste Keys e Swiatek. Speravo almeno gli hightlights degli incontri della seconda giornata di ritorno di serie A e della prima di A1. Esclusi Juventus-Milan 2-0 e Atalanta-Napoli 2-3 di sabato. E invece non ce l’ho fatta, né ho letto i giornali degli ultimi tre giorni per non conoscere i risultati finali. A parte quello della Reyer che ha battuto una scassatissima Armani con 20 punti di Ennis Tyler in 33’ e appena 3 (una tripla di tabella non dichiarata) di Davide Casarin al quale nessuno passa più la palla. Meditate, gente, meditate. Insomma adesso – roba da matti – è l’ora di cena di mercoledì 22 gennaio, ho un pasticcio di zucchine favoloso che mi aspetta a tavola e non posso far altro che buttare ogni tanto un occhio (svogliato) sulla diretta della 21 di Milan-Girona che Prime Video non mi offre la possibilità di registrare e per questo non rinnoverò l’abbonamento. Logicamente senza il sonoro come ai tempi di Rodolfo Valentino e del cinema muto: altrimenti so cosa ha fatto la Juve ieri sera a Brugge e finisce la sorpresa.

A metà del primo tempo segna Rafael Leao, l’unico dei rossoneri che porterei via al Diavolo. Magari assieme a Theo Hernandez. Non ho ben capito se Morata è tornato insieme a sua moglie con quattro figli, ma non è poi così importante. Jannik è stato fantastico contro Alex de Minaur al quale ha concesso di aggiudicarsi soltanto sei games in tre set. “Un Sinner così è imbattibile anche per Djokovic” ha dichiarato al termine del match-lampo l’australiano di Sidney che, frustratissimo, è stato bloccato mentre stava per gettarsi con una pietra al collo dal ponte sullo Yarra, il fiume che attraversa Melbourne. Mentre, aspettando l’esito di Milan-Girona che non si è schiodato dall’1-0, rileggo il Caffè di Gramellini.

“Già che c’ero sono rimasto di sentinella sino alla fine. L’ho visto dominare la partita e sbincare in viso, saltare su ogni palla e tremare come una foglia, annichilire l’avversario e chiedere aiuto al medico… Intorno alle sette e mezza, mentre lui ammetteva davanti ai microfoni d’avere avuto “qualcosina” e io facevo finalmente colazione, mi sono convinto che il fascino di questo campione stia proprio in due parole: potenza e precarietà. Sinner è una macchina splendida e fragile, che sbaglia pochissimo, ma rischia continuamente di fermarsi come un treno dell’Alta Velocità. E’ vero che lui, a differenza dei treni, non si ferma quasi mai. Però la sensazione incessante che potrebbe succedergli lo sottrae al noioso olimpo degli immortali, rendendolo umano e quindi simile a noi”. In altre parole, come il titolo della trasmissione del weekend che non guardo mai sulla tivù di Urbano Cairo perché ha sempre come ospite fisso l’insopportabile intertriste Roberto Vecchioni, il Gramella o la Gramella, fa lo stesso, sostiene che Sinner è un italiano uguale a molti di noi e invece la sua forza è esattamente il contrario. Così come io sarei mille volte più okay se non fossi veneto e non vivessi purtroppo tra loro. Bacia banchi, molesti, presuntuosi, ignoranti e, quando va bene, volgarmente fratelli di Luca Zaia. Per non parlare dei neofascisti.

Arrivederci al 24 gennaio, venerdì. Perché domani devo buttar via un’altra montagna di riviste e di quotidiani. Oltre che finir di vedere Champions, EuroLega, Parma-Venezia, il posticipo della Virtus e, già che ci sono, le quattro puntate della nuova serie Mina Settembre e i quattro episodi del Conte di Montecristo. Ce la farò? Non credo. Nemmeno se nelle prossime quarantott’ore non andrò mai a nanna. Sotto il piumino.