Con Di Francesco del doman v’è certezza: la retrocessione

27 gennaio, lunedì     Solo un pazzo furioso, e scatenato, può andare a Sant’Elena, non nell’isola sull’Atlantico dove morì in esilio Napoleone il 5 maggio del 1815, Ei fu, ricordate?, ma quella che ospita lo stadio Pierluigi Penzo, dove da non so quanti anni, troppi, gioca in casa la squadra di calcio nero-verde (con qualche ricamo arancione) del Venezia. Specie d’inverno, in prossimità dei Tre giorni della merla, dal 29 al 31 gennaio, storicamente i più freddi dell’anno. Dopo il tramonto del sole, sotto la pioggia e un vento gelido che soffiava dal mare. Per vedere poi cosa? Il derby del Veneto con il Verona dell’ex Paolo Zanetti che, se possibile, è più modesto dell’undici di Eusebio Di Francesco. Di cui tutti parlano molto bene. Come tecnico e come uomo. Peccato che da qualche stagione, dopo i fasti con il Sassuolo e la Roma (terzo posto e semifinale di Champions), sia stato esonerato precipitevolissimevolmente dalla Sampdoria, dal Cagliari e dal Verona, poi tutte e tre finite in serie B, o sia retrocesso come nella scorsa primavera con il Frosinone dopo un girone d’andata da favola e i quarti di finale di Coppa Italia conquistati eliminando i campioni d’Italia del Napoli con un 4-0 tondo tondo al Maradona.

Ebbene stasera sono stato nella pineta di Sant’Elena, di fronte al Lido, che va fiera della sua prestigiosa scuola navale militare del Morosini e il collegio degli elegantissimi “marinaretti con le mantelle”, ragazze e ragazzi, che frequentano gli ultimi anni del liceo classico e scientifico. E dalla tribuna laterale, alla quale sono abbonato, ho assistito davvero a Venezia-Verona (nella foto, ndr). Battendo i denti, morendo dal freddo, con la pioggia di stravento. Insomma, al di là delle chiacchiere e dei convenevoli, mi posso da oggi considerare pure io un vero matto da legare. Mani e piedi. Anche se sono andato e tornato in taxi (acqueo) e non in vaporetto, stipato come una sardina. E se mi ero vestito come un escursionista che deve raggiungere la vetta dell’Himalaya. O, per non andare troppo lontano, in una delle Tre Cime di Lavaredo.

Rientrato a casa, la Tigre, che sotto sotto è un angelo, mi ha preparato una bella tazza di brodo bollente, e così, dopo essermi visto in registrata anche gli highlights di Genoa-Monza 2-0, gol nella ripresa del belga Koni De Winter e del messicano Johan Vasquez, adesso vi racconto un paio di cose, al massimo sette-otto, del derby del Penzo. Anche perché non vedo l’ora di cacciarmi al calduccio sotto coperte e piumino e vedere in registrata Reyer-Trento di cui incredibilmente non so ancora il risultato finale. Un gran brutto segno. Dal momento che nemmeno allo stadio nessuno mi ha parlato della partita di ieri pomeriggio al Taliercio, mentre una volta quasi mi saltavano addosso per conoscere tutto e di più della squadra di Napoleone Brugnaro e di Walter Ray-Ban De Raffaele. Del quale non ho ancora capito bene le ragioni del licenziamento dopo aver conquistato due clamorosi e irrepetibili scudetti e una Coppa Italia. O, meglio, le so, ma per il momento le tengo per me non volendo sollevare altri polveroni tra i tifosi oro-granata parecchio delusi per un’esclusione comunque incomprensibile dalle final eight in programma a metà del prossimo mese a Torino. Se ne riparla magari domani: va bene? Intanto, senza menare tanto il can per l’aia, andiamo al sodo. Telegramma dopo telegramma.

  1. Partendo dal risultato (equo) di Venezia-Verona se ancora per caso non lo conoscete: 1-1 (1-0). Reti: 28’ Alessio Zerbin al debutto e al primo tiro in porta dei lagunari; 31’s.t. Jachson Tchatchoua, nazionale camerunense, in contropiede (ma si può?).
  2. Il Venezia di Di Francesco somiglia molto alla Juve di Thiago Mottarello, alias Panna Montata bolognese. Per la verità gioca anche meglio, ma una volta passato in vantaggio si ritira nella sua area di rigore neanche avesse chissà quali mastini in difesa (Idzes e basta) beccando inesorabilmente il gol del pareggio quando non perde. Come finalmente la Juve domenica contro il diabolico Conte Antonio che nessun napoletano avrebbe mai pensato un giorno di non odiare a morte come faceva una decina d’anni fa.
  3. Detto fuori dai denti: con tre vittorie per sbaglio in 22 partite, una ogni due mesi, non vai da nessuna parte se non diritto come un fuso in serie B assieme al Monza e forse allo stesso Verona che pure ha raggiunto Lecce e Parma al terzultimo posto della classifica tenendo i neroverdi (con qualche sfumatura d’arancione) a quattro punti (tanti, troppi). Del resto il Venezia-Mestre ha un allenatore specialista in retrocessioni. O mi sbaglio?
  4. Il Verona è anche peggio del Venezia come qualità dei singoli, a parte Coppola e Sedar, però si è dato molto più da fare soprattutto dopo che la curva degli ultras scaligeri all’inizio della ripresa ha cominciato a gridare a più riprese: “Fuori i coglioni, fuori i coglioni”. Anche se poi nessuno di loro ha lasciato anzitempo lo stadio. Ha tirato 6 volte in porta (e 15 fuori) costringendo Stankovic ad un paio di parate, di cui una di piede, davvero notevoli.
  5. Tutti vogliamo bene a Pohjanpalo, ma forse è meglio che il generoso finlandese, che come Dusan Vlahovic ha un fantastico stop a inseguire la palla, voli a Palermo. Così almeno il presidente Duncan Niederauer prende due soldi e non salta in aria.
  6. Tre neroverdi sono giocatori di categoria, cioè di serie A: Stankovic, Idiz e Busio. Oristanio e Nicolussi Caviglia no: altrimenti Inter e Juventus non li avrebbero mai dati via. Insufficienti anche ieri Haps (4.5), il nuovo Candè (5.5) e Ellertsson (5). E il voto per Di Francesco? Quattro. Perché conoscendo i suoi polli in difesa non ci si chiude così in trincea per un’oretta rinunciando a qualsiasi ripartenza. Che sia lontano parente di Motta? No, perchè l’argentino sbaglia ogni volta la formazione, mentre il pescarese ha gli uomini contati e quindi ha poco o niente da inventarsi.
  7. Come abbia fatto il Verona a battere il Napoli del Conte Antonio 3-0 al Bentegodi è il mistero più gaudioso del campionato. Che prevede nel prossimo turno (sabato 1 febbraio) Monza-Verona e Udinese-Venezia contemporaneamente alle 15. Il Verona ha già vinto tre volte in trasferta, incredibile ma vero. Il Monza in casa ha battuto solo la Fiorentina. Il Venezia lontano da Sant’Elena non ha mai vinto pareggiando appena quattro volte su dodici. Solo il Lecce ha segnato meno reti (15) del Venezia (24). E adesso fate i vostri giochi. Rien ne va plus.
  8. Dimenticavo. Cosa vi avevo detto una settimana fa di Jannik Sinner? Che avrebbe rivinto a mani basse l’Australian Open.Un fenomeno per nostra fortuna molto ma molto poco italiano. Buonanotte. Gute Nacht.