Al mercato del pesce ho comprato due branzini che avevano gli occhi senza allegria di Mario Balotelli e di Alessandro Gentile quando segnano un gol o una tripla. Gli occhi dei livornesi assomigliano invece a quelli delle triglie: sono cerchiati di nero sotto stress e mi ricordano infatti almeno tre o quattro allenatori del pallone: Aldo Agroppi, Massimiliano Allegri e Walter Ego Mazzarri, ma anche – fateci caso – Luca Banchi. Al quale non ho perdonato tanto d’aver perso tre volte su quattro con il Maccabi, facendosi incartare come una sogliola da David Blatt, quanto d’essere andato a insegnare il basket ad Appiano Gentile ai ragazzini dell’Inter senza confessare d’essere uno juventino sfegatato e marcio quasi più di me. Il mondo è strano: la Bandissima continua a celebrare Mike D’Antoni perché ha conquistato due scudetti a Treviso che avrebbe stravinto anche Orate Frates, e snobba invece il mio Nazareno, Simone Pianigiani, che ne ha vinti ben sei di fila nei sei campionati in cui è stato l’allenatore della prima squadra di Siena. Né è mai andata matta per Banchi, forse perché non farà mai parte di quella ignobile cricca, o per Blatt che pure è l’ultimo coach che ha vinto uno scudetto (nel 2006) prima del monopolio Montepaschi. Se invece ricordi ad una subrettina della Osiris che forse il loro adorato Michelino è stato capace in pochi mesi di sfasciare prima i Knicks di New York e poi i Lakers di Kobe Bryant, e che quindi gli dovrebbero come minimo togliere il patentino d’allenatore nella Nba, potrebbero quelli della Banda anche spedirmi qualche loro giovane scagnozzo o sicario, fate voi, per ammazzarmi. Eppure sono sotto gli occhi di tutti i disastri che Michelino ha combinato nella Grande Mela e a Los Angeles, però ne parlo solo io. Forse perché non sono un pesce lesso, ma senz’altro il più fesso di tutto l’acquario del basket italiano.