Arriva il Poeta mentre il Messi(n)a se ne andrà tra un anno

22 giugno, domenica        Stavolta sarò breve. Molto breve. Come Pipino, re dei Franchi, grande imbroglione. Figlio di Carlo Martello, non so se mi spiego, che non se ne lasciava sfuggire una. Di donna. E ancora non bastasse, padre di Carlo Magno, futuro grande imperatore. Quindi come poteva averlo piccolo? Impossibile. Ma non perdiamoci in ciance. E, passando al sodo, subito vi spiego perché la volta scorsa ho cominciato articolo sul mio blog dicendo che facevo davvero fatica a perdonarmi il tradimento. E non me ne davo pace. Incuriosendovi, credo, e non  di poco. Anzi, ne son certo. Dal momento che più di qualcuno ha frainteso l’incipit e ha subito preso le distanze dal fellone, il sottoscritto, difendendo la Tigre. Che oltre tutto si è rotta il bacino. Come ha appurato lo squisito professor Matteo Bonetti nella sua clinica bresciana un secondo dopo aver visionato la tac al fondo schiena. Mentre dalle mie parti, nel Veneto somaro, Padova esclusa, stanno ancora indagando e pensavano di poter risolvere tutto con il cortisone. Che invece in questi casi ha aggiunto dolore al dolore già di per sé bestiale.

Povera la mia Tigre. Che ora dovrà stare buona e distesa a letto o, meglio, sul divano per qualche settimana. Con la settimana enigmistica sulle ginocchia. Come Dan Peterson. Che nemmeno alzò la testa per guardare fuori dal finestrino che nevicava sulla Piazza Rossa di Mosca imbiancatissima. Un sogno. Col motore del vecchio pullman acceso che alzava una gran puzza di gasolio nell’aria, ma non poteva mica Dindondan morire assiderato. Il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare l’Armata Rossa di Sergej Belov e perdere un’altra volta di uno. Come a Kaunas con lo Zalgiris di Arvydas Sabonis. Colpa di un tap-in sbagliato da Bob McAdoo un paio di secondi prima dell’ultima sirena. Di Ulisse? No, non quella. Già che ci sei, Claudio, mi compri per favore una mela verde? Mi chiese il Coach. Gliene portai due. Grazie, ti do i soldi quando torniamo a Milano: non ho cambiato neanche un dollaro in rubli. E finsi di credere a quel meraviglioso scroccone che è stato anche un perdente di successo. Checché ne dica lui. Quando, poche storie, nell’83 e nell’84 perse quattro finali su quattro contro Cantù (Coppa Campioni a Grenoble) e Real Madrid (Coppa Coppe a Ostenda), entrambe ancora di un punto. Oltre a due scudetti nell’ultimo atto dei playoff con la Roma di Valerio Bianchini e la Virtus Bologna di Albertone Bucci. E io c’ero. Sempre e ovunque.

Chissà se Peterson sa che la prossima sarà anche l’ultima stagione di Ettore Messi(n)a all’Olimpia. Come allenatore, e questo lo aveva capito pure un bambino dopo il ritorno di Peppe Poeta sulla panchina milanese come suo vice. Ma anche, e soprattutto, nel ruolo di presidente tecnico. Perché così ha deciso Giorgio Armani. Come sempre. Il quale avrebbe anche potuto chiudere subito il contratto col Messi(n)a scucendo un paio di milioni di buonuscita. Ma non è questo il modus operandi del grande stilista piacentino che l’11 luglio compirà 91 anni. Ovviamente posso anche sbagliarmi. Però non penso. Troppi indizi ed indiscrezioni mi portano in questa direzione. Ma sulla bomba, che scoppia e rimbomba, tornerò presto con molta più calma. Adesso ho troppa fretta per spiegare la rivoluzione cestistica in fieri all’Armani. Ricordandovi soltanto qual è stato il titolo del lunghissimo articolo che ho scritto tra lunedì e martedì: Il Messi(n)a ha rotto i ponti con tutti i suoi fedelissimi. E quindi,  se non vi erano fischiate le orecchie, io non so adesso più cosa farci. Così come devo avere più tempo per comprendere quel che davvero succederà su due piazze eccellenti come sono diventate quelle di Brescia e di Trapani dopo le sparate dei loro vulcanici padroni, Mauro Ferrari e Valerio Antonini.

Ferrari ha svelato d’aver proposto a Cinzia Zanotti, non da tre ma da vent’anni alla giuda della Geas di Sesto San Giovanni, d’allenare la squadra vice campione d’Italia di Peppe Poeta che aveva accettato di passare all’Armani già prima della triplice sfida persa con la Virtus (vedi foto, ferito e sconsolato, ndr). Clamoroso non al Cibali, ma al PalaLeonessa. E comunque la Zanotti ha chiesto due giorni di tempo per pensarci e, dopo essersi consultata con Virginio Bernardi, rispondere: no, grazie: alla A2A non vengo. L’A2A ovvero il probabilissimo nuovo sponsor di Brescia al posto della Germani. Mentre Antonini ha minacciato di piantare in asso Trapani pallacanestro (e pure calcio?) per trasferire baracca e burattini a Roma capitale. D’accordo, però prima sarà forse il caso che paghi qualche debituccio entro fine mese altrimenti i punti di penalizzazione della Shark non  solo sicuramente raddoppieranno nella prossima stagione da quattro a otto, ma anche la squadra del povero Gelsomino Repesa non sarà iscritta al campionato di serie A. Staremo a vedere.

Vengo al dunque e vi  confesso al volo il mio tradimento di sabato 14 corrente mese che è stato quello d’aver preferito d’andare a Bologna per seguire gara 2 della finale-scudetto tra la Segafredo e la Germani invece di correre a vedere la squadra del mio cuore e dell’amico Mattia Ferrari impegnata al Taliercio in gara 3 di finale con Roseto. Ora potrei anche raccontarvi che non era difficile pronosticare la terza sconfitta del Basket Mestre con i fortissimi abruzzesi. Come è stato. Ma non è questo. E’ che Mestre oggi alle 18.30 avrà un’altra e ultima possibilità per salire egualmente in A2. Battere Montecatini nello spareggio di Cento, in provincia di Ferrara. Dove mi sto recando con Dodo, mio primo nipote, e Nino, mio moroso ufficiale. Toccando ferro e sperando di non tornare a casa con la morte nel cuore.

P.s.: scommettiamo che il prossimo anno l’allenatore di Brescia sarà Matteo Cotelli, il secondo di Poeta, neanche lontano parente del Gran Maestro della Valanga azzurra , e che Trapani non giocherà in serie A sostituita da Scafati? Cento euro li posso anche buttar via. O che Stefano Tonut, la buttò là, andrà alla Virtus di Dusko Ivanovic non potendone pure lui più di Messi(n)a? Mentre Rocco, l’altro mio nipote che di basket mercato ne sa più di me, è quasi certo che Grant Basile, l’americano originario del Wisconsin straordinariamente diventato italiano a campionato in corso (!?!), andrà all’Armani e Davide Casarin a Cremona per volontà sempre del padre. Il quale aveva per la verità sperato che il figliolo lo prendesse la Segafredo, ma Ivanovic (serbo) non è come Neven Spahija (croato) e Massimo Zanetti non è mona come il mio sindaco che crede ancora alle favole di basket che gli raccontano.