A Venezia si cambi, altrimenti poi chi lo sente il sindaco?


Mi era sfuggita questa del 24 febbraio: “L’Happy Casa ora alza il tiro: prova a lottare per lo scudetto”. Altrimenti sarebbe stata senz’altro la più bella del mese scorso. Perché Brindisi lassù, terza in classifica dopo cinque vittorie di fila e la finale fiorentina di Coppa Italia, poteva anche dare euforia e far girare la testa alla sua gente. Come l’ultimo bicchierino della staffa. Lo capisco benissimo. Io per primo andavo e vado matto per la squadra di Frank Vitucci che ai nastri di partenza di questo campionato si era presentata con un solo obiettivo in canna: la salvezza senza soffrire le pene dell’inferno. Come del resto la prodigiosa Varese di Artiglio Caja. L’una e l’altra autentiche sorprese della stagione. Assieme alla Cremona di MaraMeo Sacchetti. Che però è costata al buon Aldo Vanoli almeno il doppio. Ma pensare che Brindisi possa strappare lo scudetto a Milano, su dai: mi sembra a dir poco un azzardo. E comunque non pretendo d’insegnare il mestiere a nessuno, però il Quotidiano di Puglia se lo poteva anche risparmiare quel titolo solenne quanto esagerato che purtroppo è stato subito smentito dalla sconfitta dell’Happy Casa lunedì con Cantù a Desio. Per fortuna il Paisà di Cannaregio, proprio perché veneziano doc, manco si sogna, come invece molti suoi esaltati colleghi, di provare a camminare sulle acque per sentirsi pure lui un padreterno. Anche se per me è l’allenatore dell’anno e non cambierò il mio voto di qui a Pasqua nemmeno se non dovesse conquistare i playoff. Che in verità sono ancora alla portata di Brindisi, così come di Varese, ma pur sempre distanti tre o quattro vittorie da raccogliere nelle ultime dieci giornate di una serie A dove puoi prenderle da tutti. Anche da Pistoia, Reggio Emilia, Torino e Pesaro che non vogliono saperne di retrocedere. Nel frattempo, già che ci sono, ho buttato l’occhio sul calendario e quello più brutto ce l’ha la GrissinBon del povero Pilla Pillastrini che per salvarsi non ha altre vie di fuga che andare a vincere a Pistoia e a Pesaro. E così poi magari lo faranno santo o gli intitoleranno una piazza. La migliore della settimana è stata invece, tanto per cambiare, la pillola di tre righe che martedì Mamma Rosa ha dedicato alla Champions: “Andata degli ottavi di finale: oggi Nizhny Novgorod (Rus)-Venezia (ore 17) e Le Mans (Fra)-Venezia (ore 20.30)”. Nella mia somma ignoranza sono corso così a vedere dove si trovi mai Velikij Novgorod, antica città sul fiume Volchov non lontana da San Pietroburgo e quindi non proprio in culo al mondo. Che comunque dista quasi tremila chilometri, per la precisione 2.882, dal capoluogo del dipartimento della Sarthe nella regione dei Paesi della Loira. Insomma mi è stato subito difficile pensare che la Reyer ce la potesse fare a raggiungere Le Mans dalla Russia in un paio d’ore nemmeno con un jet privato messo a disposizione da Napoleone Brugnaro e neanche se Haynes e compagni avessero rinunciato nel dopo partita con il Nizhny a farsi la doccia. Come in effetti non ce ne sarebbe stato molto bisogno visto che nessuno degli oro granata ha poi speso una stilla di sudore per contrastare l’indemoniato Perry (34 punti) ben supportato da Astapkovic e Dragicevic. “Invece di fare le fighette in attacco, spaccatevi almeno il culo in difesa”, ha tuonato così forte Walter De Raffaele (nella foto con il presidente) durante un time-out nel primo tempo che l’hanno sentito in diretta persino a Rialto. Ora, sforzandomi d’essere serio, come per la verità non frequentemente mi riesce, a Le Mans ci ha giocato e pareggiato (74-74) la Virtus di Mario Chalmers (7), mentre da Novgorod la Reyer è rincasata solo ieri che era quasi l’ora di cena e avrebbe quasi quasi fatto prima a piedi. Con il mio Ray-Ban sempre incazzato nero che si è sfogato con gli arbitri definendoli “semplicemente ridicoli”. E questo nessuno lo nega. Però deve anche ammettere che più buffi ancora con il Nizhny sono stati Stone, Vidmar, Haynes e Daye tanto per citare in ordine i peggiori dei suoi (mosci) gladiatori. Pure io sono convinto che martedì prossimo al Taliercio l’Umana possa ribaltare il meno 23 della disfatta russa nell’andata, ma non con la faccia da schiaffi di Austin Daye o con la goffaggine sotto canestro di Gasper Vidmar o con l’atteggiamento da fighette, sottoscrivo e confermo, che spesso i giovanotti del livornese pugnace hanno tenuto ultimamente nelle partite in casa. E’ comunque fuori di dubbio che per giocare la finale a quattro di Champions o quella per lo scudetto con l’Armani, che sono i due bersagli stagionali pretesi da Brugnaro, qualcosa Federico Casarin si deve in fretta inventare e forse avrebbe già dovuto averlo fatto all’indomani del capitombolo con Sassari in Coppa Italia che tanto ha inquietato il sindaco di Venezia. Insistere su Daye per esempio è stato un errore e puntare ancora su di lui è tempo perso quando qualsiasi altro quattro al suo posto, pur se non di pari talento ma di sostanza e carattere, andrebbe invece bene per dare almeno finalmente la scossa ad una squadra che De Raffaele non può ogni volta prendere a cinghiate sul sedere. Anche perché forse è una Reyer dalla miscela sbagliata o, meglio, quest’estate non sono stati eccezionalmente indovinati gli acquisti se nessuno, da Giuri a Mazzola, Washington (definitivamente out) e soprattutto Vidmar, ha sinora dato per quello che è stato pagato. E nemmeno poco.