Adesso Milano fischia i suoi campioni ma è troppo tardi

miroslav

Siete sadici o, al contrario, masochisti? E volete che vi parli della disfatta dell’Armani con il Panathinaikos? Vi accontento subito. Liquidandovi seduta stante. Sarei infatti anche stufo di ripetere sempre le stesse cose sulle scarpette rosse di Gelsomino piangente Repesa e così v’inviterei, sia che siate sadici o masochisti, a non comprare più da domani la Gazzetta che ancora ieri vi aveva portato fuori strada con un titolo fuorviante: “Milano: Pana o crisi?”. Ma come? L’Armani è in crisi da un pezzo. Almeno dal giorno in cui si è data la zappa sui piedi cacciando Alessandro Gentile come il primo e unico di tutti i suoi mali e dandola vinta al Cinghialone croato come lo chiamano i suoi più cattivi contestatori. Che adesso sono tanti. Milioni di milioni. E lo si è capito ieri sera dai fischi del Forum che gli sono piovuti in testa già alla fine del vergognoso secondo quarto. Nel quale Milano aveva racimolato la miseria di otto punti e ne aveva combinate di tutti i colori. Ed è stato inutile sparare a mille la musica da discoteca per soffocare la contestazione: la protesta dei tifosi l’hanno sentita in tivù anche i sordi e se la sarebbero comunque potuti immaginare soltanto vedendo quella scena immonda a cinque secondi dall’intervallo lungo. Time out sul punteggio di 29-38. Repesa catechizza i suoi visi pallidi mentre Andrea Meneghin, l’unico sempre lucido con Niccolò Trigari in casa Sky, dice pari pari: “Nel momento in cui l’Olimpia ha smesso di correre e ha iniziato a ragionare è calata la notte in attacco, ma anche in difesa. Dove i greci hanno catturato dieci rimbalzi guadagnando altrettanti secondi tiri che sono andati tutti a segno”. Parole sante. E disarmanti. Ma il brutto ha ancora da venire perché sulla rimessa dal fondo di Rivers per Mike Jams l’ex folletto nero del Baskonia si fa in palleggio tutto il campo di corsa accompagnato da Abass, che sembra un timido cadetto al ballo dei debuttanti, e appoggia comodamente la palla di tabella nel canestro assieme al suono della sirena del primo tempo. Dopo aver saltato il telepass di Cinciarini ed essere passato sotto le braccia anche dell’inerme Sanders. E giù fischi come grandine più grossa delle noci di cocco. Intanto Claudia Angiolini intervistava il frastornato Kalnietis e pareva piangere sulla sua spalla. Vi dico la verità: la ripresa, che è stata anche peggio per i nostri eroi, la sto rivedendo solo adesso mentre scrivo di gran fretta. Ho ancora tutti i regali d, i Natale da fare e soprattutto ai miei tre nipoti non so cosa comprare: hanno tutto. Proprio come l’Armani. Che difatti non ha bisogno di niente per comandare in Italia, ma per non essere Cenerentola in Europa, come è oggi, ultima in classifica con Kazan, Bamberg e Galatasaray, deve già pensare all’anno venturo e cacciare subito Gelsomino senza dargli gli otto giorni. Che magari è quello che anche va cercando. Tanto per rivincere la Coppa Italia e lo scudetto posso allenare anch’io le scarpette rosse. Perché non solo Repesa non sa più che pesci pigliare, ha le idee confuse quanto poche, ma pure il Livido Proli è finito nel panico ed è inutile che sia furibondo e cammini su e giù per la pancia del Forum come un leone in gabbia: lui è stato il primo a sbagliare e l’ultimo dei suoi errori sarebbe quello di prendersela adesso con Kalnietis e con Raduljica o con Hickmann e Sanders che in mano a qualsiasi altro allenatore non avrebbero mai vinto appena quattro partite su tredici d’EuroLega. I conti, mi spiace, ma non tornano. Soprattutto a Giorgio Armani. Però non voglio ripetermi. Anche perché repetita iuvant. E allora si vada a rileggere almeno i titoli dei mie precedenti pezzi su questo blog di satira da due soldi per capire che la verità non ce l’ho in tasca solo io ma è lampante agli occhi di chiunque voglia mettere il naso nelle faccende di Milano e non sia intrigato con i giochi degli ArLecchini di Mamma Rosa. Il 3 novembre ho titolato: “Magari Giorgio Armani vincerà l’Eurolega a cent’anni”. E, di questo passo, sono stato persino stretto di manica. E giusto un mese fa, esattamente  il 21 novembre: “Non sarò populista ma sto con Gentile e contro Repesa”. E ancora il 9 dicembre: “Cosa aspetta Milano a tagliare il Gelsomino piangente”. Forse mi sbagliavo? Può darsi. E comunque scappo a fare i regali. Altrimenti la Tigre m’ammazza. Però vi prometto, se trovo un’oretta di tempo, di darvi domani quella notizia su Alessandro Gentile che mi scotta da ieri in mano, ma che sarà lo stesso bollente anche tra ventiquattr’ore. Intanto bolle qualcosa anche in pentola a Varese, ma non vi dico niente: incrocio solo le dita e sollevate voi pure il coperchio per scoprire il ribaltone in panchina.