Messina tornerà in nazionale con Vitucci e Consolini

Messina-Parker

E poi non venitemi a dire che non ve l’avevo già detto. Ettore Messina tornerà ad allenare molto presto la nazionale che aveva lasciato nel 1997 vicecampione d’Europa a Barcellona. Sottolineo molto presto. Ovvero assai prima di quello che ormai tutti davano per scontato dopo i Giochi di Rio de Janeiro. Difatti avrei anche potuto scrivere “a breve” che ci avrei comunque azzeccato, diciamo per le feste di Natale, prendendola alla larga, e ugualmente non mi sbaglio, ma non mi piace fare lo straccaganasse per dirla come dalle sue e mie parti (stanca mascelle) e non alla longobarda (il ganassa). Anche perché la notizia non è una sbruffonata sparata lì tanto per agitare le acque putride dello stagno o per creare il caos a Palazzo scatenando una raffica di smentite a nastro, ma per regalare agli aficionados di questo blog verità che non so proprio più tenere in tasca. Né lo voglio. In quanto già puzzano di loro e mi fanno uno schifo tremendo. Del resto non l’ho mai nascosto, e continuo a pensarlo, di ritenere Simone Pianigiani il miglior allenatore che l’Italia possa avere oggi alla guida della nazionale di pallacanestro. E uguale a me la pensa tutta la gente che guarda al nostro orticello non con gli occhi dei fanatici di Sky o con quelli integralisti di molti quotidiani, politici o meno, o con l’antico livore dei poveri milanesi contro l’ex impero senese, ma con l’entusiasmo di chi quest’estate ha seguito gli Europei degli azzurri, prima a Berlino e poi a Lilla, ed è rimasto favorevolmente sorpreso dal basket giocato dai giovanott(on)i di Pianigiani non solo nella partita vinta con la Spagna, ma pure in quella persa ai supplementari con la Lituania che ci ha negato l’accesso alle medaglie. Che avremmo anche potuto mettere al collo se solo nel nostro sport esistesse la proprietà transitiva. Cioè batti i campioni d’Europa, eppure arrivi sesto. Oppure perdi con l’Italia, ma anche con la Serbia e non vai subito a casa, ringraziando pure Schroeder che ha sbagliato l’ultimo tiro libero, come è successo alla Spagna di Don Gel Scariolo che alla fine ha vinto il titolo. Colpa della formula dell’Europeo sbagliata e parecchio ingrata per noi, ma anche per la Francia che, sconfitta una sola volta, s’è dovuta accontentare del terzo posto. Colpa della fortuna, e gli azzurri non ne hanno avuta, come ha scritto pari pari Dan Peterson, che ci ha privato dell’unico vero leader che avevamo: Gigi Datome, ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Colpa di certi arbitraggi che vi raccomando, specie nei quarti con la Lituania, però questo Simone non lo può neanche sommessamente dire perché altrimenti scoppia il finimondo e il Gufo con gli occhiali lo accusa di trovare sempre delle storie come il pelo nell’uovo. Mentre se Djordjevic, rientrato a Belgrado, spara a zero contro la Fiba e gli arbitri che stanno sempre dalla parte dei figli di Sabonis, come del resto fece un anno prima Ataman ai Mondiali, nessuno fa un piega e Tranquillo tira avanti per la sua autostrada che non è molto meglio tuttavia della Salerno-Reggio Calabria. Domenica c’era Dino Meneghin in televisione e durante Dai e vai, la più bella trasmissione sportiva che la Rai si è inventata dopo 90° minuto, bravo lui, ma bravi anche Fanelli e Michelini, e aggiungeteci pure Denbimsky, o come cavolo si scrive, l’ex presidente federale ha avuto solo parole di elogio per gli azzurri del cittì al quale nel 2009 affidò la guida della nazionale. E non venitemi a dire che SuperDino è uno che non se ne intende di queste cose o che parla tanto per parlare. Lo stesso Ettore Messina, che era a Lille, ha del resto applaudito lo staff tecnico in generale per “l’ottima reazione che la squadra ha avuto contro la Repubblica Ceca” ventiquattr’ore dopo la fine del sogno infranto dalla Lituania. E dunque per quale stupida ragione Giannino Petrucci vuole precipitevolissimevolmente cambiare Pianigiani con Messina in vista, e quindi prima, del preolimpico di luglio, che al 99 per cento si giocherà a Torino, come va confessando da tempo in visita spirituale a tutte le redazioni dei giornali d’Italia? Questo magari ve lo spiego con calma domani. E pure nei dettagli. Intanto accontentatevi della prima castagna che ho tolto dal fuoco e cominciate a mettervi nei panni di un allenatore, ma anche di un uomo al quale il suo presidente, e datore di lavoro, ha artatamente creato la terra bruciata intorno. Giorno dopo giorno. Ora dopo ora. Fiammifero dopo fiammifero. E al quale sei legato non più da stima professionale, ma solo da un contratto, per quanto principesco, che scadrebbe dopo i Giochi di Rio de Janeiro, ma che si può benissimo anche rompere molto prima. Soprattutto se hai dei buoni avvocati divorzisti a sostegno come Giulia Bongiorno e Florenzo Storelli. Ti senti soffocare, l’aria diventa irrespirabile e inizi seriamente a pensare che i soldi non sono in fondo poi tutto nella vita. Soprattutto dopo che sei venuto a sapere che il vice di Popovich agli Spurs avrebbe incredibilmente accettato il part-time di qualche mese al termine dei playoff della Nba che gli ha proposto il re dei saltimbanchi, cioè delle capriole e dei voltafaccia, che nel 1997 non volle però prolungargli il contratto in nazionale. Di più, il buon Ettore avrebbe anche già scelto i più stretti collaboratori per il torneo preolimpico di Torino che sono il nostro comune concittadino, il grande Frank Vitucci, e Giordano Consolini, suoi assistenti in passato alla Benetton e alla Virtus Bologna.