Se questa è una pista da femminucce io sono Babbo Natale

Sono salito, prima in cabinovia, poi sulla motoslitta, dove più in alto non si poteva. Ovvero sulla Cresta del Sobretta. Da dove la Deborah Compagnoni muove i primi passi verso valle. Un freddo cane: anche quindici gradi sotto lo zero. E soprattutto raffiche di vento a 50 chilometri all’ora e oltre. Per capirne di più di questa pista che è nuova di zecca per la Coppa del Mondo dei campioni dello sci. I quali, pure loro, battevano i denti una volta liberati della giacca a vento. Prigionieri della loro tuta che mille funzioni ha tranne quella di ripararli dal gelo. Anche perché la tenda ristoro nei pressi della partenza, a quota 2750, se l’era portata via nella notte il vento ed era volata giù nel crepaccio. Impossibile da essere recuperata persino dall’elicottero. Una discesa da brividi vista da lassù. Quasi un salto nel vuoto come la Streiff di Kitzbuehel. Subito un salto tra le rocce al Crap del Ricc che è il soprannome della famiglia del Colonnello, il grande Tino Pietrogiovanna, cittì ai Mondiali della Valtellina nel 2005 e allenatore di Deborah. Alla quale vuole bene come a una figlia. Oggi direttore e architetto proprio della pista dedicata alla Compagnoni. Un tracciato quasi obbligato e scavato nella montagna: un mare di curve sino alla sopraelevata alla quale è stato dato il nome di Daytona da Hannes Trinkl, il direttore della Fis per le prove veloci, quando l’ha ispezionato ad ottobre e promosso a pieni voti. Il primo intertempo, poi il muro del Sobretta e i salti delle Reti e del Gallo. Il gallo Forcello che è specie rara nel meraviglioso Parco Nazionale dello Stelvio. In faccia al Gruppo Gran Zebrù tutto verde come in autunno.  Sul versante del monte Sobretta invece il sole non si fa vedere nemmeno per le feste di Natale e la pista scivola giù che è un piacere per il Canalino verso il Piano di Plaghera, dove è fissato il secondo half time. Altro che pista per femminucce. Questo dicevano gli invidiosi e i guastafeste forse ricordando quella dei Mondiali del 2005 quando gareggiarono solo le donne. Questa di Santa Caterina, nuova di zecca, modificata e allungata nella zona di partenza, è invece davvero una pista proprio tosta e da prendere tutta con le molle anche quando, dopo la curva dello Skilift e la curva Gimondi, si tuffa nel bosco in Zona Fank (terzo intertempo). Alberto Dei Cas era un brillante ciclista soprannominato Gimondi “occhi rotondi” prima che un brutto incidente nel ’79 proprio sulla quella maledetta curva, oggi nominata Gimondi, gli strappasse ingenerosamente la vita, ma gli amici dell’Alta Valtellina non si sono dimenticati di lui e gli hanno dedicato quel tratto di pista dal quale devi uscire con una buona velocità per affrontare al meglio la parte conclusiva della Deborah Compagnoni che tra salti e dossi arriva al traguardo di Meralda, sopra la Gondola Station. La pista non è piaciuta solo a Dominik Paris, ma lui è fatto così: pessimista cosmico o scaramantico all’eccesso. Disse la stessa cosa il giorno prima della libera di Coppa del Mondo del fine novembre scorso a Lake Louise, in Canada. Per cambiare idea ventiquattr’ore dopo. In fretta e furia. Dal momento che aveva vinto.