Pensate davvero che la Serbia sia tanto meglio dell’Italia…

Il 7 d’agosto non di trent’anni fa, ma di questa strambissima estate, l’Italia di Simone Pianigiani ha battuto a Trieste la Serbia che ieri ha conquistato l’argento mondiale soccombendo solo agli Stati Uniti d’America. Meditate gente, meditate. Per carità, ora non voglio assolutamente sostenere che gli azzurri sarebbero saliti sul podio se fossero andati in Spagna grazie alla wild card che invece Giannino Petrucci ha preferito stracciare in mille pezzi. Li conosciamo tutti bene i nostri polli. Però certamente non avrebbero nemmeno fatto la figura dei peracottai. Anche perché nessuno mi toglie dalla zucca che a un appuntamento del genere magari Marco Belinelli non avrebbe voluto e saputo rinunciare. Così come Daniel Hackett non avrebbe fatto tante storie e si sarebbe, zitto e buono, aggregato al gruppo della nazionale. Dirò di più: forse anche Nicolò Melli avrebbe stretto i denti e si sarebbe operato solo in questi giorni al tendine rotuleo. D’accordo con i se e con i ma non si fa la storia. E qui i se e i ma sono un sacco e una sporta. Però ve lo ripeto: a Trieste senza i tre Re Magi della Nba, cioè Belinelli Bargnani e Gallo, e senza pure Hackett e Melli, l’Italia ha messo sotto la stessa Serbia che solo un mese dopo ha eliminato negli ottavi la Grecia, imbattuta nelle cinque partite del suo girone eliminatorio, nei quarti il Brasile, che pure aveva appena asfaltato l’Argentina, e in semifinale i campioni d’Europa della Francia in quella che è stata probabilmente la partita più bella e appassionante di tutto il Mondiale specie nell’ultimo quarto. Quando di tripla in tripla un magnifico Batum (35 punti), Diaw e Huertel avevano quasi riacciuffato un grande Milos Teodosic (24) e i suoi fratelli plavi. Ebbene Teodosic, ma anche Bogdanovic e Bjelica, come Markovic e Krstic, a Trieste c’erano. Anche se con pochi giorni di preparazione nelle gambe e Sasha Djordjevic non ancora padrone di una squadra che gli è cresciuta tra le mani strada facendo. A dimostrazione che, a parte Alessandro Gentile che è di un altro pianeta, anche Datome e Aradori non sono proprio da buttare. E Daniele Cinciarini e Marco Cusin nemmeno. Se soltanto il Cincia la smettesse di pompare la palla come un materassino da spiaggia e se Cusin superasse i problemi d’inferiorità che non dovrebbe avere. Insomma spernacchiatemi pure, ma tra un anno non ditemi che non ve l’avevo già detto. Cosa? Che questa nazionale al completo può vincere una medaglia ai prossimi Europei in Francia anche con Giannino Petrucci tra i piedi e gli Sbezzi che vorrebbero sostituirsi a Pianigiani in panchina. L’ho sparata grossa? Forse, ma ne sono persuaso da un pezzo soprattutto se anche loro, cioè gli azzurri, fossero per una volta convinti di potercela fare come il sottoscritto. Detto questo, vi confesso altre due cose. Uno che per la prima volta in un campionato del mondo gli Usa mi sono piaciuti da matti e nella finalissima con la Serbia mi hanno anche entusiasmato. Probabilmente perché la squadra dell’impronunciabile polacco non era mai stata così umile, determinata e europea come in questa occasione. Due che non ho visto il secondo tempo perché dopo il primo non avrei potuto ancora soffrire così tanto per i plavi di Sasha Djordjevic che comunque vanno applauditi sino a spellarsi le mani: non avrebbero difatti potuto giocare (e far) meglio. Così come non posso negare che Sportitalia abbia fatto un buon lavoro. Di qualità e non solo di quantità. Anche se a Eleonora Boi è cresciuto il naso come a Pinocchio quando ha provato a farci credere che Matteo Gandini e Orate Frates fossero davvero inviati a Madrid. Erano invece seduti nella stanzetta accanto allo studio. Con le cuffie e i microfoni. Davanti al video. E la cena già prenotata a mezzanotte sui Navigli.