Ultimo giro: Rory, il Carneade di Vienna e Crocodile Dundee

L’avevano anche preso. Addirittura in quattro quando però Rory McIlroy doveva ancora giocare quattro buche per completare il terzo giro del Pga Championship di Valhalla, a Louisville, nel Kentucky. Cinque leaders, tredici giocatori in un fazzoletto di due soli colpi: un gruppetto praticamente compatto e tutti in corsa, così ammucchiati, per saltare addosso al prezioso successo nell’ultimo Major della stagione. Con gli yankee, assiepati dietro la corda ai lati dei fairways,  che impazzivano per Phil Mickelson soprattutto adesso che Tiger Woods ha fatto le valigie e se ne è tornato a casa dalla sua bella, Lindsey Caroline Vonn, che conosco molto bene e che non avevo mai visto prima tanto radiosa e così donna. Nemmeno quando dominava la Coppa del Mondo e vinceva in tutte le specialità dello sci. Tiger e Lindsey, che tornerà a dicembre in pista, sono stati recentemente ricevuti alla Casa bianca da Barak Obama. Negli States il golf è uno dei dieci sport più praticati: lo giocano infatti 25 milioni di persone. Eppure è considerato in crisi nera. Visto che nel 2000 erano più di 30 milioni. Cosa dovremmo allora dire noi in Italia che non siamo neanche in centomila? La metà dei quali pagano la quota (ridotta) per accedere alla club house del circolo e per giocare a burraco? Ora non ho assolutamente nulla con questo gioco di carte della famiglia della pinnacola che è poco più intelligente del rubamazzetto e poco più facile della canasta. Piuttosto ce l’ho sempre con loro. Ovvero con quelli dell’altro golf che, giusto ieri, ho mandato all’inferno nel girone dei somari e degli ignavi. I quali si chiudono in un salotto buio mentre fuori, all’aria pura, magari c’è un torneo giovanile d’interesse nazionale che non degnano neanche di uno sguardo ed è già grasso che cola se non si lamentano perché “neanche oggi possiamo fare nove buche con questo bel tempo e ci tocca giocare a carte”. E’ famoso l’aforisma di Bernard Shaw che ha fatto il giro della terra: per giocare a golf non è necessario essere stupidi, però aiuta molto. Ovviamente anche lui non se la prendeva coi professionisti, ma coi dilettanti della pallina butterata. E comunque sarei curioso di sapere oggi cosa il drammaturgo irlandese scriverebbe dei giocatori di burraco. Ve lo lascio immaginare e intanto torno, che sarà meglio, ai quattro uomini in fuga insieme a Rory McIlroy che erano gli americani Rickie Fowler e Ryan Palmer, l’australiano Jason Day e l’imprevedibile austriaco Bernd Wiesberger. Ma in vista del traguardo delle 54 buche il nordirlandese numero uno al mondo che, da quando ha mollato la fidanzata campionessa di tennis ad un passo dall’altare, non ha più sbagliato un centro, ha pensato bene di scrollarsi di dosso gli scomodi compagni di fuga con un’accelerata delle sue: tre birdie nell’ultime quattro buche e bye bye a tutti. Solo Wiesberger gli è rimasto quasi a ruota, cioè a un colpo. E pure Rickie Fowler a due. Mentre al quarto posto Jason Day è stato raggiunto dal pericolosissimo Phil Mickelson a quota -10, cioè a tre lunghezze dal grande Mac (-13). Stasera dalle 20 (diretta su Sky Sport 3) altro giro e ultima corsa. Tifando per chi volete. Io, se proprio dovesse perdere Rory, ma non credo, né mi auguro, sarò per il viennese – è ovvio – che è poco conosciuto anche in Austria. Del resto è la seconda volta che Wiesberger, n.70 nel ranking mondiale, supera il taglio in un Major e al British Open di tre settimane ha chiuso, beato e contento, al 64esimo posto. Ieri il Carneade di Vienna ha fatto un figurone in flight con Mickelson: 6 birdie e 12 par, miglior score di sabato, 12 fairways su 14 e 16 greens su 18 presi, appena 28 putts. Oggi giocherà proprio con McIlroy e vedremo se ne combinerà di tutti i colori come ha fatto ieri sotto gli occhi del nordirlandese Jason Day. Che ad un certo punto ha guadato un piccolo torrente e a piedi nudi dall’erba altissima ha chissà come stanato una pallina introvabile con la quale magari avrebbero voluto divertirsi anche i serpentelli del Kentucky. Come un vero boyscout di Matteo Renzi o, meglio, come Crocodile Dundee, il celebre cacciatore di coccodrilli della sua Australia.