Non è così che la Fiat licenzia e non è così che si fischia

DO FORNI

E se invece di Torino vi parlassi stasera di Varese? E’ quel che faccio. Mentre Mamma Rosa si perde nei bilanci di fine stagione d’andata e boccia la Milano di Proli con un 5 e mezzo che mi sembra parecchio generoso per una squadra che costa l’occhio della testa e che almeno in Italia dovrebbe guardare le altre quindici sempre dall’alto al basso. A Masnago domenica è successo di tutto e di più. Prima e dopo la partita vinta di tre punti dalla Fiat, ma anche durante l’intervallo. Quando Francesco Forni, giovane rampollo figlio del presidente Antonio, si è lamentato a voce alta, affinché anche Luca Banchi lo potesse sentire, di quanto male il suo allenatore avesse preparato il match con l’Openjobmetis. Dal momento che Torino era a quel punto sotto di 11. E di punti ne aveva già incassati la bellezza di 51. Che in effetti non sono pochi in un solo tempo, però neanche da giustificare una piazzata del genere e men che meno la crocefissione del bravo tecnico che viene dalla Maremma come i miei progenitori. E difatti siamo due spiriti liberi uguali. Anche se entrambi un po’ testoni. Dicevo piuttosto di Varese. Che per la classifica avulsa con Pistoia, Pesaro e Brindisi, tutte e quattro a quota otto, è adesso ultima. Ovvero sarebbe retrocessa in A2 se il campionato fosse finito l’altro giorno. E comunque non comprendo lo stesso il 4 e mezzo con il quale la Gazzetta l’ha bocciata al giro di boa. Il suo budget infatti è superiore in serie A soltanto a quello delle Vuelle. Ha definitivamente perso Waller da oltre un mese e non l’ha ancora sostituito. E non perché non si trovino discrete guardie a un buon prezzo sulla faccia della terra, ma perché nessuno ti regala niente a metà stagione se soprattutto hai il portafoglio che fa l’eco come quando apri un frigorifero che è vuoto. In più ha perso due volte all’overtime con Bologna e Brindisi. E per un tiro a Milano, Avellino e Pesaro. Oltre che domenica con Torino. E ancora questo non bastasse, diciamo anche che gli arbitri non le hanno di certo quest’anno dato una mano. Anzi. Nello sprint finale con la Virtus, spalla a spalla, hanno contato male i passi di capitan Ferrero e gliene hanno fischiato uno di troppo nonostante la nuova regola abbia stabilito che del primo in movimento non dovessero tener alcun conto. E ancora le hanno strappato la palla di mano per un errore al tavolo dei 24 secondi. Può succedere. D’accordo. E nessuno vuole tirare in ballo la malafede. Per carità di Dio. Altrimenti non è più finita. Però domenica Filippini, Attard e Nicolini l’hanno combinata, se possibile, più grossa ancora. La squadra di Artiglio Caja è sotto di un solo punto (88-89) e Wells a una quindicina di secondi dalla sirena non effettua la rimessa in gioco nei cinque secondi in cui ha la palla in mano perché non può passarla ad Avramovic che nel frattempo Vujacic ha provveduto a sgambettare e a farlo volare in aria rischiando persino di storcergli una caviglia. Come ha precisato anche Andrea Meneghin in diretta su Eurosport. Ora in questi casi è da regolamento fallo antisportivo dello sloveno, sono due tiri liberi per il serbo e poi di nuovo la palla torna a Varese per un altro eventuale assalto al fortino piemontese. Insomma la partita sarebbe potuta finire diversamente se, poniamo caso, Avramovic avesse per due volte frustato la retina dalla lunetta. E il 4 e mezzo nella pagella rosa sarebbe magari diventata una sufficienza stiracchiata. Tanto più che Banchi avrebbe a maggior ragione tolto il disturbo e i Do Forni avrebbero meglio giustificato alla Fiat, che non ha gradito, l’assunzione di Re Carlo Recalcati al posto del focoso maremmano comunque quinto in classifica e al quale non si poteva assolutamente rimproverare niente. Invece è stata tutta un’altra storia e dispiace che non soltanto la svista arbitrale sia stata clamorosa, ma che non l’abbia segnalata nemmeno il figlio di SuperDino. Che anche lo posso capire: è di Varese ed è un allenatore delle giovanili della Openjobmetis, però non al punto d’arrivare a gridare che “Torino ha recuperato un gran pallone” perché a difendere in questo modo sono capaci tutti. Il resto lo sapete. Mamma Rosa aveva annunciato l’arrivo di Pozzecco e alla Fiat infatti è sbarcato Recalcati. Che se li va proprio a cercare tutti i padroni – diciamo così – un po’ sui generis: dopo Brugnaro il sindaco e Gerasimenko il russo, ecco i Do Forni. Che è uno dei migliori ristoranti di pesce di Venezia. A San Marco. Ve lo consiglio. Invitando di nuovo lì a cena Luca. E provando magari anche a riderci sopra insieme.