Napoleone e la proposta indecente fatta al suo capitano

brugnaro

Ho trovato una foto di Napoleone Bonaparte tra drappi fucsia e l’ho pubblicata. Dite la verità: un po’ a Luigi Brugnaro assomiglia sul serio. Anche se lui si agita molto di più quando è seduto sullo scranno del Taliercio e dirige affannosamente i suoi generali in battaglia. Ma non voglio stavolta buttarla in burla. Né in vacca. Stavolta provo a fare il bravo e vengo subito al dunque: non è stato assolutamente bello il modo con il quale il mio sindaco si è comportato nei confronti del Capitano e se l’è tolto di torno. Il capitano dello scudetto della Reyer. Dopo settantaquattro anni. Il mio capitano. E non ho usato un aggettivo più forte, tipo scandaloso o una roba del genere, perché nessuno possa adesso dire: ecco il solito esagerato. Però nemmeno mi potete girare e rigirare la frittata sotto al naso sperando di convincermi alla fine di mangiarla. Sarebbe solo bastato che Napoleone avesse detto a Tomas Ress: “Grazie di tutto, ma ora le nostre strade si separano”. Una scelta sbagliata, ma corretta. Invece di promettergli in pubblico mari e monti. E poi d’offrirgli sotto voce una pipa di tabacco. Invece di fare la figura di chi ha il braccino corto e i granchi in tasca. Come non lo è mai stato. Anzi, è uomo – si racconta – da fuochi d’artificio e da feste megagalattiche. Invece di nascondersi dietro il blind trust soltanto quando gli fa comodo o per lavarsene le mani come Ponzio Pilato. Per la verità ho anche voluto sperare che Brugnaro non ne sapesse niente della proposta indecente fatta al trentottenne capitano degli ex campioni d’Italia dopo quattro stagioni a Venezia e “gli indelebili ricordi dei bei momenti vissuti insieme” come ha ricordato commosso Federico Casarin giovedì nel comunicato della società lagunare. Nel quale traspare che sia stato Ress a non accettare l’offerta della Reyer. E questo sì che mi fa ancora morir dal ridere. Perché io per primo mi vergogno di rivelarvi la cifra del compenso annuo che gli è stata buttata sul piatto e che anche la colf del sindaco avrebbe sdegnosamente rifiutato senza pensarci sopra mezzo secondo. Che poi Tomas abbia voluto evitare qualsiasi polemica perché è un signore, e come tale si è sempre comportato, non è nemmeno il caso di sottolinearlo. Però se vi dico che aveva accettato con entusiasmo tutti gli incarichi che gli erano stati proposti dal presidente per la sua nuova carriera d’allenatore e dirigente della Reyer, dovete credermi. E quindi, siccome so che mi credete, altrimenti m’incavolo di brutto, questo vi agevola a capire quanto sia stata ridicola e pallida l’elemosina oro-granata che gli è stata fatta. Oggi, di ritorno dal mare di Roseto degli Abruzzi, il mio capitano ha raccolto le ultime cose e ha lasciato la casa di Mestre senza fare rumore. In punta di piedi. Come era arrivato. Con sette scudetti già cuciti sul cuore. E domani firmerà un nuovo contratto con Salvatore Trainotti, che ha l’occhio lungo, e s’occuperà del settore giovanile di Trento per le prossime due stagioni. Al termine delle quali potrà anche allenare in serie A. Ieri il Gazzettino ha dedicato una pagina a Luigi Brugnaro: un’intervista acqua e zucchero nella quale il primo cittadino di Venezia e Mestre parla molto bene di se stesso, si fa le domande e si dà le risposte, e confessa che la Reyer gli costa una dozzina di milioni all’anno. E quest’anno magari anche di più visto che non ha mai pagato un ingaggio così alto ad un americano e ad un tecnico pur se del valore di Austin Daye e di Walter De Raffaele. Quindi a maggior ragione meraviglia che Casarin abbia allargato le braccia e detto a Tomas Ress: “Mi spiace, ma di più non possiamo darti” quando poi sono arrivati due nuovi assistenti allenatori, Giacomo Baioni per l’Umana maschile e Massimo Romano per quella femminile, e non certo per due soldi. I conti insomma non mi tornano ed evidentemente c’è qualcosa che mi sfugge e non capisco. E m’induce a pensar male. Per esempio che il capitano non fosse più nella grazie di Napoleone che difatti non ha speso una sola parola per lui in tutta questa calda estate. Nemmeno un saluto. E questo, come dicevo, non è stato bello. O mi sbaglio? Non credo. Anche se non mi sono mai illuso che la gratitudine sia di questo piccolo mondo.