Il bocolo più bello che la Reyer poteva regalare a Venezia

boccolo

Avrebbe potuto benissimo vincere di venti punti. Così non si sarebbe preoccupata della partita di ritorno. Ha vinto invece di otto e nella vita non si sa mai: può sempre anche nevicare a Ferragosto. Ho visto una Reyer da cappottarsi e non penso d’esagerare. Più lucida, solida, convincente di quella dell’anno passato. Quando pure ha vinto lo scudetto. Con cento frecce nell’arco e non solo una faccia. Avellino ha fatto quello che poteva e avrebbe probabilmente potuto anche far meglio in difesa o dalla lunetta, ma ieri sera persino la miglior Milano avrebbe rischiato di non capirci un accidente di niente e di rompersi l’osso del collo. Otto punti di differenza al termine del primo tempo quando pure Cirillo Fesenko aveva fatto il massimo: sette su sette e solamente un tiro libero sbagliato. Undici a cinque minuti dalla sirena quando il gigante ucraino sfinito ha mollato una gomitata (involontaria) al volto di Peric per toglierselo di torno e il Pero croato non è certo fastidioso in difesa come Mitchell Watt che di lì a poco avrebbe stoppato lo spaesato Leunen. Venezia padrona del campo anche senza Daye, gravato molto presto da quattro falli, che pure è il suo faro e giocatore da Nba se fosse umile quanto è elegante. E difatti quando è scoppiato anche Dezmine Wells, che nessuno ad Avellino prima di ieri si era mai sognato di pensare che potesse essere tanto in gamba, ed è rientrato il figlio di Darren, che somiglia ogni giorno di più al grande padre, avrei scommesso che Venezia vincesse di venti e si portasse già a casa la Fiba Europe Cup. E invece proprio nelle ultime schermaglie di un duello che, scusate se insisto, si sarebbe meritato la diretta su un canale ammiraglia della Rai, la Reyer si è un po’ distratta e non le faccio una colpa: qualsiasi squadra al suo posto, mirandosi allo specchio e vedendosi così figa, si sarebbe pavoneggiata. Però è pure scontato che di doman non c’è certezza. Lo diceva anche Lorenzo il Magnifico. E specie nel basket può sempre succedere il contrario di tutto. Come sta capitando al Panathinaikos in questi giorni. Nella prima partita dei playoff d’EuroLega gli ateniesi non avevano infatti permesso al Real di passare la metà campo e l’avevano schiantato con un imbarazzante 20-0 iniziale. Luka Doncic tremava come una foglia e Jaycee Carroll si domandava se fosse mai precipitato all’inferno. Mentre domani a Madrid i greci di Nick Calathes rischiano sul serio d’essere estromessi dal paradiso delle final four di metà maggio a Belgrado. Ieri era la festa di San Marco e del bocolo a Venezia. E una rosa rossa più bella e fresca non avrebbero potuto regalare i campioni d’Italia alle loro tifose che accorrono sempre più numerose al Taliercio e cominciano a capirne sempre di più di palla nel canestro. Irresistibile, disarmante, allegra: non mi ricordo una Reyer più squadra di questa. Perché se di Daye si è detto e di Bramos non occorre aggiungere niente, vogliamo parlare degli altri oro-granata più oro che granata? Cominciando da Bruno Cerella, tre bombe terrificanti. E continuando con Dominique Johnson che serenamente ha accettato di giocare (per ora) solo in Coppa o con Mitchell Watt al quale solo l’inviato di Mamma Rosa invidiosa poteva dare un misero 6 in pagella. De Nicolao non ha fatto rimpiangere Filloy che, quando se ne è andato dalla Serenissima Repubblica, sembrava che dovessero crollare i ponti e venisse giù il Palazzo Ducale. Pronti-via e Stefano Tonut a razzo, i soliti alti e bassi di Peric che con quel semigancio fa però male sul serio al mento di qualsiasi avversario, in crescita Jenkins come Biligha che sanno quel che possono dare e lo fanno bene. Solo Haynes un po’ in ombra ma, se è lui il problema, De Raffaele può andare in ferie domattina. Ecco Walter De Raffaele. Non diteglielo, però il mio Ray-Ban è diventato davvero bravo. Non che l’anno scorso non lo sia stato, anzi è stato il migliore di tutti gli allenatori in Italia, ma adesso è salito di un altro gradino perché è diventato sicuro del fatto proprio e dal mazzo pesca sempre un full d’assi e re quando non è un pokerissimo. E soprattutto piagnucola molto meno dei suoi colleghi. Anche se, c’è da scommetterlo, da oggi al ritorno di mercoledì prossimo vi andrà raccontando che della squadra di Sacripanti(bus) non ci si può fidare. E fa bene. Perché Jason Rich, mvp per me del campionato, può anche segnare otto triple di fila in un colpo solo e allora ci sarà poco da scherzare.