Domenica delle Palme dell’83: Genoa-Inter 2-3 col trucco

armani

Ricorderemo tutti questa domenica delle Palme del 2020, anno bisesto, anno funesto. E questi giorni di coprifuoco. Come vuole che si dica il professor Francesco Sabatini, il caro presidente onorario dell’Accademia della Crusca, lucidissimo ottantottenne che aborra le parole in inglese come l’abusatissimo “lockdown” dei video-salotti di Lorella Cuccarini che sorride a trentadue denti anche quando presenta un collegamento con i lazzaretti di Bergamo. No, non è possibile. Nel tardo pomeriggio, cercando invano qualche buon film su Sky da programmare per il dopo cena, mi sono imbattuto sul canale 305, Cinema action, che alle 21.30 offriva niente di meglio che Un uomo tranquillo. Ma allora Tranquillo Flavio lo dica che non mi vuol dar tregua e che ce l’ha proprio con me che pure non gli ho mai fatto niente di male. Anzi, cerco d’evitarlo il più possibile, lasciandolo a mollo nel suo brodo di tacchino con la pappagorgia o tenendolo sempre lontano dalla Tigre che, quando lo sente urlare in televisione, lo prenderebbe per il collo e l’appenderebbe all’attaccapanni come fece una volta il grande Mike Sylvester con un piccolo giornalista della Gazzetta nello spogliatoio del palasport di San Siro che è poi crollato alla prima nevicata. Io comunque ci provo: se vuole, basta che Ciccioblack mi dia uno squillo, e gli passo il numero di telefono del celebre filologo e lessicografo di Pescosolido che in una decina di lezioni gli insegnerà non dico a scrivere, che sarebbe solo tempo perso, ma almeno a biascicare un italiano corretto invece d’affogare sempre nell’inglese masticato dei suoi fratelli americani. Dai quali scimmiotta e copia tutto. Persino i racconti di Kobe Bryant che pure parlava la nostra lingua senz’altro meglio di lui. Ovviamente pago io perché altrimenti sto fresco se aspetto che lui metta mano al portafoglio. Come è successo quella volta in cui è andato a pranzo sui Navigli con Danilo Gallinari, del quale ha avuto il coraggio di scrivere anche un libro, e i camerieri avevano già girato le seggiole sui tavoli ben oltre la mezzanotte quando il Gallo ha finalmente deciso di fare alla romana. Adesso che la Tigre non mi sente, o almeno spero, vi racconto come promesso di Monica Guerritore. Noi dello sport del Giorno alla domenica sera, dopo la chiusura della prima edizione del giornale, si andava in sette o otto al Santa Lucia vicino a Piazza San Babila. Carmelo sapeva già quello che avrei ordinato: rigatoni strascicati e orecchia d’elefante con patate saltate. E stavo gustandomi la pasta al pomodoro o la milanese gigante quando non so cosa mi ha preso. Mi sono avvicinato al tavolo dove stavano tranquillamente cenando anche Gabriele Lavia e sua moglie e, scusandomi con lui, mi sono presentato all’affascinante giovane signora: “Volevo solo dirle che ho una grande passione per lei come attrice e come donna”. Del resto avevo appena visto al cinema Scandalosa Gilda, il film drammatico e erotico di cui proprio suo marito era stato il regista, e non mi sembrava neanche vero che Monica Guerritore fosse lì, nello stesso mio ristorante, e di potermi complimentare con lei. Felice come un bimbo che l’aveva magari fatta grossa, ma ne andava comunque fiero. Lo Scacciapensieri della domenica senza gol e canestri è sempre un po’ strano e questo, che è il quarto dopo il coprifuoco ordinato dal Conte Giuseppe, lo è forse più ancora. Forse perché il presente non mi offre spunti per parlare di sport né bene né male, a parte di quei tre o quattro idioti che tra un mese e mezzo sperano ancora di tornare a giocare negli stadi vuoti o addirittura pieni fingendo di non capire che quest’estate non potremo nemmeno andare al mare e affollarci nelle spiagge e nei ristoranti. Uno perché giustamente non ci lasceranno e due perché, parlo almeno per me, io resto a casa o al massimo farò un salto in montagna a cogliere i funghi nel bosco. Stamattina poi la Tigre mi ha portato in camera i giornali ed era raggiante perché assieme a questi un’anima gentile aveva lasciato sull’uscio un ramo d’ulivo benedetto. Ecco, ci vuole poco anche a lei per farla contenta dopo che (per me) lo scorso autunno se l’era vista davvero brutta. La domenica delle Palme invece mi ricorda un Genoa-Inter 2-3 di 37 anni fa. Segnò Salvatore Bagni all’86’ il terzo gol del successo nerazzurro e nessuno stranamente dei compagni lo corse ad abbracciare. Neanche temessero già allora il contagio da coronavirus. Anzi, addirittura lo insultarono. Poi nello spogliatoio di Marassi volarono parole ancora più grosse. Il direttore  sportivo del Genoa, Giorgio Vitali, diede delle merde ai giocatori dell’Inter urlando che non erano stati ai patti. E Bagni avrebbe voluto risolvere la faccenda a cazzotti con i compagni se Zenga e Collovati non lo avessero trattenuto a stento. Come confessarono a me e a Paolo Ziliani pochi giorni dopo Juary e sua moglie. Insomma, per farla corta, perché sarebbe molto lunga da raccontare, tanto che Paolo ci ha scritto sopra addirittura un bel libro intitolato per l’appunto “Non si fanno queste cose a cinque minuti dalla fine”, la partita sarebbe dovuta finire in parità anche perché molti giocatori, tra i quali più di qualche fresco campione del mondo, su questo risultato (più il gol di Altobelli che infatti segnò la prima rete del match) ci avevano pesantemente scommesso sopra (7 a 1). “L’Inter querela il Giorno, il Giorno querela l’Inter” fu il titolo d’apertura di prima pagina su due colonne del quotidiano del 9 aprile allora diretto da Guglielmo Zucconi di cui centomila copie andarono bruciate nella sola Milano alle 11 del mattino, un record che nessuno al Giorno riuscirà mai più a battere. Prendemmo anche centomila lire di premio a testa che erano bei soldini, credetemi, all’epoca. E la Nord della Beneamata ci dedicò anche uno striscione che occupò tutta la curva: “Pea e Ziliani dall’Inter giù le mani”. Mi minacciarono di morte, l’avvocato Peppino Prisco indagò sulla mia famiglia e su mio padre, telefonarono alla Tigre che le avrebbero bruciato la casa. Quella di Mestre, la stessa nella quale sto attuando il coprifuoco ormai da quasi un mese. La Federcalcio volle insabbiare la faccenda perché l’Inter non le fa certe cose e poi per principio non si tocca. Difatti mise in piedi un processo sportivo che fu una farsa se lo collocarono, per non farci testimoniare, proprio nella settimana a cavallo di maggio e giugno in cui io ero a Limoges e a Nantes con la nazionale di Sandro Gamba campione d’Europa e Paolo era al Giro d’Italia vinto da Giuseppe Saronni. Intervenne pure il ministro Alfredo Biondi per togliere (e ci riuscì) l’indagine di mano al giudice Roberto Fucigna, che indagava sul Totonero, un paio di giorni prima che convocasse sette giocatori dell’Inter in tribunale a Genova e li invitasse a dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità per far evitare a qualcuno di loro anche la galera. Un amico geloso su Facebook, dove infilo i miei articoli dopo averli pubblicati sul blog, s’è lamentato perché ho scritto ieri molte più righe di calcio che di basket nel mio Scacciapensieri quotidiano. Ora, se devo essere sincero, questo nostro piccolo mondo dei canestri mi ha un po’ stufato perché è in mano a troppa gente modesta e incompetente quando non è addirittura incapace. E non parlo della categoria degli allenatori che, tra tutte, è la migliore, anche se ognuno di loro tira acqua al proprio mulino, ma sette otto su dieci sono bravi e non fatemi dire quali sono i due o tre scansafatiche. Ma proprio della classe dei dirigenti. Ad alcuni dei quali, che vengono dal pianeta-calcio, hanno dovuto anche spiegare che nel basket non ci si può passare indietro la palla da una metà campo all’altra e che non esiste la regola che ogni tre corner è rigore. Né che la Virtus di Bologna e di Luca Baraldi può pretendere di vincere lo scudetto senza giocare dodici partite dell’irregular season e tutti i playoff. Se non quello di carta come illustrato nella foto che mi hanno postato alcuni tifosi mattacchioni della Fortitudo e non per carità della Fossa nella quale, per i miei gusti, fanno anche troppo gli spiritosi e i padroni senza averne i requisiti. E comunque il 25 d’aprile questo blog compirà sei anni nel corso dei quali li ho contati: ho scritto 845 pezzi di pallacanestro e solo 185 di calcio. Quindi non serve aggiungere altro. Se non augurarvi la buonanotte. Come fece Monica Guerritore uscendo dal Santa Lucia e dicendomi “grazie”. E regalandomi un sorriso che ancora conservo nel cassetto dei ricordi più cari. Assieme al nastro registrato dell’intervista a Juary su Genoa-Inter del 27 marzo 1983 e su quel che successe dopo nello spogliatoio nerazzurro affinché non mi si dica più che l’Inter non è mai finita in serie B come la Juve e il Milan perché certe cose non le fa e non le ha mai fatte.