Apocalypse Daye e la bomba che ricorda lo scudetto 2017

apocalisse

Non è stato un sabato qualunque. E non so nemmeno se sia stato un sabato italiano. In barba a Sergio Caputo che la cantava nell’estate dell’83. Di certo non è stato un sabato di partite di pallone. A parte quelle del Mondiale femminile e la bella della finale-scudetto di calcio a cinque: AcquaeSapone RomaItalservice Pesaro 2-3 dopo i tempi supplementari. O forse vi ha stuzzicato Canada-Nuova Zelanda? Spero di no. Altrimenti siete peggio di Massimo Carboni Pontieri, la voce storica di radio-basket, che non si perde nulla di sport in televisione, ma che pure lui ha visto dopo cena la Traviata di Franco Zeffirelli su Raiuno e ha ringraziato il grande maestro ieri scomparso per l’ultimo regalo che ha fatto agli italiani: niente Albano e Romina in prima serata. L’aria condizionata a bomba. Un ghiacciolo alla menta. La cara Frau (poltrona) nella quale sprofondo per sentirmi un papa. Leggendo l’Indiscreto di Oscar Eleni. “Gara tre l’ha vinta De Raffaele e persa il Poz: lo sa bene pure lui, anche se si finge incompetente”. D’accordissimo con l’Orso. Come una volta. Peccato non la si pensi uguale su MaraMeo Sacchetti. Che vuole insegnare al mondo come ci si comporta nella vita giocando a fare il modesto quando invece è più pieno di sé dello stesso Pozzecco che però è rimasto ragazzo anche se giura d’essere cambiato e di voler diventare un bravo ometto. In più al cittì mi è difficile perdonare il modo con il quale ha preso le distanze da Boscia Tanjevic che non voleva fargli ombra, né suggerirgli niente, né men che meno portargli via la panca sotto al sedere, ma semmai essere soltanto il suo scudo nei momenti difficili e la sua lancia contro quelli che tuttora sostengono, anche tra gli azzurri, che in nazionale non ci s’ammazza certo di fatica come con il prode Messi(n)a o con il cerbero Obradovic. Ancora Eleni e vi prego non sbuffate: oppure dovrei leggere le pagelle di Mario Canfora che a Pozzecco ha dato sei (“Nulla da addebitargli”) e a MarQuez Haynes addirittura sette? Vi prego. “Adesso Austin Daye ricorda bene suo padre Darren nei giorni splendidi e splendenti di Pesaro”. In effetti venerdì a Sassari il Bambi della Reyer ha fatto sobbalzare tutti sulla seggiola e non solo i bravi Andrea Meneghin e Alessandro De Pol, che pure sotto sotto tifano per il Poz, loro compagno di squadra dell’ultimo scudetto di Varese, ma anch’io che con lui non sono mai stato tenero e non so quante volte quest’inverno l’ho mandato in mona. Era in verità irritante, svogliato, moscio. Un talento buttato via. Una spina nel cuore. Un corpo estraneo. Tanto che anche Napoleone Brugnaro non si sarebbe opposto se Federico Casarin l’avesse tagliato a metà stagione. Ma il mio caro Pesciolino rosso, che tra qualche giorno potrei tornare a ridipingere di tre colori, e vi lascio immaginare quali, ha tenuto duro con l’aiuto di Ray-Ban De Raffaele che all’ex Nba (Raptors e Spurs) ha fatto fare un bel bagno d’umiltà escludendolo dal primo quintetto e negandogli sovente la carota. Un Apocalypse Daye (nella foto) è stato invece in questi playoff il figlio incendiario di Darren che l’altro giorno a Sassari mi ha fatto venire la pelle di fegato d’oca, come avrebbe scritto C10H16O in un improvviso slancio poetico, quando con due fantastiche ed elegantissime triple nell’ultimo quarto ha messo in ginocchio il Banco di Sardara. Soprattutto quella del 71-74 a 40 secondi dalla sirena è stata da urlo e potrebbe essere ricordata nella storia della Reyer al pari di quella che infilò nel canestro di Trento due anni fa Michael Bramos al Taliercio in gara 5 di finale che in pratica assegnò lo scudetto a Venezia. Non è stata neanche una domenica speciale in televisione dopo che al secondo giro di pista quel folle di Jorge Lorenzo con una staccata senza senso ha steso la Ducati di Dovizioso che a sua volta è rovinata addosso alla Yamaha di Vinales che non ha potuto evitare l’urto con Valentino Rossi: un autentico strike da bowling che Guido Meda ha definito inverecondo. Per non dir di peggio. E così Marc Marquez ha vinto facile il MotoGp di Catalogna mentre tutti mandavano a remengo il suo compagno di squadra alla Honda e dicevano “ma quanto culo ha ’sto Marquez”. Onda su onda arriverà anche l’ora del quarto salto della palla a due tra Cooley e Watt. Arbitreranno Begnis, Rossi e Biggi che non mi dispiacciono e che non potranno stavolta ignorare questo dato che è abbastanza inquietante: nelle tre finali sinora giocate 81 tiri liberi sono stati assegnati alla Dinamo contro i 59 per la Reyer. Mentre il conto complessivo dei falli fischiati è stato di 62-79. Dal quale si dedurrebbe che i lagunari picchiano come fabbri e molto più dei sardi. E pensare che io invece pensavo il contrario.